
di Vito Zita
SIENA. Antica città portuale sulle coste del Mar Rosso, Massaua nel 1520 venne occupata dai portoghesi che però la abbandonarono sei anni più tardi. Solo nel 1557 a Massaua fecero il loro ingresso le truppe ottomane che la conquistarono con l’ambizioso intento d’impossessarsi di tutta l’Abissinia. Tuttavia l’impresa non riuscì e presto l’amministrazione di Massaua venne affidata ai Naib, appartenenti alla popolazione dei Belloi. Nel 1872 l’Impero turco cedette il controllo della costa eritrea all’Egitto, che la fece prontamente occupare. Massaua divenne possedimento coloniale italiano il 5 febbraio 1885 quando la occupò in modo incruento con una spedizione militare comandata dal colonnello Tancredi Saletta. Dopo un breve periodo di coabitazione con gli egiziani, gli italiani restarono i soli occupanti.
Massaua, che ha sempre rappresentato il fulcro degli scambi commerciali fra l’entroterra etiope e sudanese con la penisola arabica e l’India, era un centro multietnico popolato da yemeniti, indiani, etiopi, sudanesi, egiziani e arabi. E certo non mancavano mercanti europei come i greci, turchi, italiani, francesi, inglesi e con loro anche missionari come gli svedesi e gli italiani. Si trattava di una cittadina di poche migliaia di abitanti che occupavano in genere abitazioni in legno, mentre gli edifici in pietra presenti erano solo alcuni.
Solo con l’arrivo degli italiani nel 1885 si ebbe un iniziale impulso a costruire nuovi edifici necessari al fabbisogno militare derivante dall’occupazione. Così si cominciò l’edificazione di alcune palazzine sull’isola di Taulud che era collegata alla terraferma tramite una diga foranea. Ovviamente lo stile di costruzione di questi edifici era prevalentemente quello arabo ed una caratteristica che distingueva queste abitazioni erano i portoni di accesso. Generalmente erano in legno multicolore ed avevano fogge differenti e riconducibili sia ad uno stile arabo che europeo.
L’impulso maggiore avvenne con il consolidamento dell’occupazione italiana nei decenni successivi fino ad esplodere letteralmente alla metà degli anni Trenta dato che Massaua era il porto terminale dei trasporti marittimi necessari all’invio in colonia di tutto il materiale necessario per affrontare prima le necessità della colonia e poi affrontare la campagna di guerra contro l’Etiopia. Molti furono gli architetti italiani che costruirono edifici a Massaua, ma a differenza delle costruzioni di Asmara, prevalentemente secondo lo stile razionalista, quelle di Massaua conservarono la loro vocazione arabeggiante, integrandosi al meglio nel contesto urbano che li circondava. Dopo la fine della seconda guerra mondiale l’Italia perse le sue colonie ma furono ancora migliaia gli italiani che vissero e prosperarono in Eritrea, dando luogo ad un boom economico fino alla metà degli anni Settanta quando iniziò la loro diaspora a causa della salita al potere del regime del Derg, che uccise l’imperatore Hailè Selassiè e prese il potere in Etiopia.
La foto mostra alcuni dei portoni delle abitazioni ancora presenti a Massaua, che si sono preservati dai danni del tempo e delle lunga guerra di indipendenza che l’Eritrea ha condotto per circa trenta anni nei confronti dell’Etiopia.
Photo credits: Maurizio Ostini