di Giulia Tacchetti
SIENA. Per la sezione “Rinnòvati Rinnovati” ieri sera (30 novembre) è andato in scena “Human” di Marco Baliani (regista, attore, drammaturgo) e Lella Costa. La tematica affrontata, quella della emigrazione, è talmente complessa e coinvolgente da suscitare nel pubblico presente, numeroso tra i giovani dell’università di Siena e delle scuole, reazioni diverse. Alcuni si sono palesemente dissociati dal messaggio degli autori in maniera educata, senza applaudire a fine spettacolo, ma ferma.
Queste prime decadi del XXI secolo non poggiano sugli ideali e l’impegno politico-sociale degli anni settanta, che hanno coinvolto i giovani europei e non solo. Siamo in presenza di un tessuto sociale diverso, creato dal forte indice di disoccupazione, soprattutto tra i giovani, senza speranza del futuro. Smarrimento, paura, corruzione, guerra caratterizzano questi anni. Riconosciamo al teatro il potere di affrontare temi scottanti, conflittuali e di suscitare riflessioni con la forza delle storie, delle parole, dei movimenti, dei colori. I costumi rossi di Marras come le scene fanno uso di abiti usati, scartati, sovrapponendo con forza la memoria del passato alla realtà del presente.
Il “teatro di narrazione”, nato sulla scia di Dario Fo con “Mistero buffo” (1961), consente all’attore-autore di presentarsi sulla scena senza lo schermo del personaggio per raccontare, in questo caso senza retorica ed enfasi, storie di popoli in fuga, di violenze inaudite, di bambini che muoiono (Costa ricorda l’indimenticabile foto del bambino trovato annegato sulla spiaggia di un paese straniero), di donne violentate, di madri che perdono i figli… insomma l’abisso del male non conosce fine. Con ironia, ma anche leggerezza, una signora veneta, interpretata con maestria da Lella Costa, afferma sorridendo -“Neri e terroni sono alla stessa latitudine”; “Per i negri è più naturale il lavoro nero”.- Il razzismo non nasce obbligatoriamente dall’ignoranza, ma spesso dalla paura, lo dimostrano i muri che stanno sorgendo in Europa.
Il punto di vista adottato dagli autori è quello dell’accoglienza a tutti gli emigranti, sia da parte di quelli che fuggono dalla guerra che da quelli che sperano in una vita migliore. Baliani e Costa iniziano a raccontare dalla guerra di Troia per introdurre il movimento dei popoli in fuga, per giungere agli emigranti italiani in America, pronti ad affrontare pericoli e violenze nella speranza di una vita migliore, perché l’ America offriva lavoro a tutti quelli sani; gli altri venivano rispediti indietro dopo la famosa “quarantena” per gli accertamenti sanitari.
L’Italia in questo momento non offre lavoro ai giovani italiani, le città sono in balia della violenza tra furti ed omicidi, tanto che il sindaco di Milano recentemente ha invocato l’intervento dell’esercito, la miseria dilaga tra gli anziani e i cinquantenni disoccupati perché licenziati; si aggiungono le calamità dei terremoti, alluvioni che generano migliaia senza-tetto. Questo provoca un altro punto di vista che non va demonizzato con l’aggettivo “razzista”: nasce dalla realtà, non dalla fantasia.