di Patrizia Fazzi
SIENA. A Compiano, storico borgo della Valle del Taro: E’ un rito che si ripete, ogni volta con diversi protagonisti in gioco, ma con la stessa innegabile sacralità, da ben venti anni: gli scrittori soci del Pen Club Italiano assistono in diretta alla proclamazione del libro da loro stessi ritenuto il migliore tra quelli dell’ultimo anno. Dopo aver votato un’ampia rosa di nomi, si è giunti ai cinque finalisti, presenti in prima fila a ‘contendersi’ il primo piazzamento, anche se, come sottolinea in apertura Lucio Lami, Presidente Onorario del Pen Club italiano e Responsabile del Premio, i ‘finalisti’ essendosi guadagnati questa postazione, sono già tutti vincitori. E proprio per onorare ancor meglio il ventennale, da quest’anno in palio c’è anche l’ambita statuetta “Calliope e l’alloro”, creata dallo scultore Gianfranco Giorni, le cui opere, in mostra fino all’ 8 settembre al castello di Compiano e durante la mattinata, introdotte dall’Arch. Alessandra Giannini di Arezzo, hanno suscitato notevole ammirazione. La statuetta di Giorni, da Lami definita, nel saluto d’inizio, un “capolavoro”, è realizzata in bronzo e oro e raffigura nello stile essenziale e armonico tipico dell’artista anghiarese, una musa che stringe tra le braccia la pianta dei poeti: in attesa della consegna, l’opera d’arte si trova esposta davanti al tavolo della Presidenza, dove siedono, oltre a Lucio Lami, Sebastiano Grasso, Presidente del Pen Club Italiano, Carlo Monteleone, Vicepresidente, Paola Lucarini, membro del Consiglio Direttivo, il notaio FrancoVincenzo, nonchè Laura Bellaspiga, giornalista, da tre anni conduttrice impeccabile della manifestazione e succeduta allo scrittore Luciano Luisi, voce storica per molti anni di questo e altri prestigiosi premi letterari.
Ma quello giunto oggi alla sua ventesima edizione – e ritenuto uno dei quattro riconoscimenti letterari più importanti d’Italia – ha caratteristiche ben precise e uno spirito peculiare, conservati con rigore : “fuori dal mercato, dentro il valore letterario” sintetizza Lami e festeggiarlo è “una vittoria per la cultura” in un’epoca di ‘marketing’ sfrenato, dove conta più la ricaduta commerciale che il valore intrinseco di un’opera e quindi è difficile trovare visibilità, sovvenzioni e risorse. E allora ben vengano i ringraziamenti a chi – ideatori, Comune di Compiano, sponsor, Presidenti e segreteria organizzativa – hanno sostenuto questa impresa che ha visto premiare libri di nomi illustri, dalla quasi esordiente Susanna Tamaro nel 1991 a Antonio Tabucchi, Luciano Erba, Mario Rigoni Stern, Alberto Arbasino, Raffaele La Capria, Claudio Magris e tanti altri ancora, tutti scrittori di grande livello, anche tra i finalisti (Sgorlon, Augias, Hack, Mazzantini, Zavoli…) E una pregevole e raffinata plaquette realizzata per l’occasione ricorda gli esordi, i protagonisti, gli artisti che hanno esposto al castello di Compiano, i concertisti che si sono esibiti nelle varie edizioni: un emozionante album fotografico sullo sfondo delle antiche strade di Compiano, dove il premio è ormai di casa e nel ristorante della piazzetta una parete è arredata di foto storiche e autografi famosi. Sebastiano Grasso, Presidente dal 2007, ricorda ai presenti i quasi novanta anni del Pen International e i vari presidenti che si sono succeduti in quello italiano, nomi eccellenti, da De Bosis a Corrado Govoni, da Ferdinando Camon e Alberto Moravia a Mario Luzi fino a Lucio Lami, che, per diciotto anni anche Vicepresidente, molto ha contribuito alla rinascita del sodalizio in Italia. Da tre anni una curatissima rivista trimestrale raccoglie e diffonde la storia e le tante attività e contatti dell’associazione, apolitica ma in prima linea a difendere la cultura senza frontiere (www.penclub.it).
L’evento si svolge, come sempre, alla presenza di autorità politiche e civili e molti inviati di stampa e tv, tutti immersi e compresi dall’attesa del risultato. “Cancogni, Cucchi, Murgia, Ridolfi, Vitali”,…la voce di Paola Lucarini scandisce i nomi dei finalisti di quest’anno con i relativi punteggi che si avvicendano, prontamente segnati su grandi tabelloni e sui fogli del notaio, e a questo si intercalano le interviste della conduttrice agli autori in gara : Manlio Cancogni con “La sorpresa” (Elliot), Maurizio Cucchi con “Vite pulviscolari”(Mondadori), Michela Murgia con “Accabadora” (Einaudi), Luca Ridolfi con “Il sacco del Nord (Guerini), Andrea Vitali con “La mamma del sole” (Garzanti). L’incontro con il pubblico è un momento che scioglie un po’ la tensione e in cui si rivelano le tematiche, i messaggi, lo stile delle opere, la personalità degli scrittori, la loro coscienza intellettuale, quasi il peso specifico del loro operare. “Qual è lo stato di salute della poesia italiana contemporanea?” chiede la Bellaspiga a Maurizio Cucchi, scrittore multiforme, ma soprattutto poeta, che tiene una rubrica con i lettori sulla “Stampa”. Ottimo,” risponde Cucchi “anche se non risulta evidente a causa dei mezzi di comunicazione che ignorano la poesia, ma la sua centralità è innegabile, anzi è sorprendente il numero dei giovani che la praticano con convinzione artistica e non per sfogarsi di delusioni amorose. “Quali consigli dare loro?” gli viene chiesto. “Amare la poesia in generale e non solo la propria, e soprattutto leggere, confrontarsi con altre voci poetiche per migliorare la propria”. “La sua è una poesia civile?” chiede ancora la conduttrice. “Sì, il poeta vive all’interno della società e, come tutti, leopardianamente “ridotto in società”: quest’ultima deve riconoscerne la funzione, ma chi scrive poesie non deve assecondare tutti i rituali: a volte occorre porsi fuori, per dare il proprio contributo critico”. E Cucchi lo ha dato fortissimo con questa raccolta finalista, riflessione in versi sull’esistenza, sulle cose “che ancora sanno di noi”, sul rischio di una “identità pulviscolare”.
Dopo la poesia, la lente del pubblico viene posta su un’opera saggistica di grande attualità, scritta con equilibrio e rigore da Luca Ridolfi, docente universitario e sociologo. “Saggio sulla giustizia territoriale” è il sottotitolo del volume che, sottolinea Ricolfi, non è, come qualcuno lo ha tacciato, “criptoleghista”, ma si limita a raccontare i fatti e i ‘conti’ come li ha trovati; certo un libro sul parassitismo di certe regioni, specie meridionali, ma anche un invito alla responsabilità individuale e solidarietà collettiva. Michela Murgia è assente per il contemporaneo svolgimento del Premio “Campiello” (che poi vincerà) e del suo libro “Accabadora” parla la conduttrice: il titolo, di origine sarda come la scrittrice, allude alla figura di una anziana donna che porta la “buona morte” a chi si sta spegnendo nella sofferenza, una specie di ‘moira’, che ha una figlia adottiva, una ‘filleanima’ a cui lei dà l’affetto negato dalla madre vera. Una storia complessa, che affronta il tema, molto attuale, del confine tra vita e morte, sullo sfondo di una Sardegna antica, riuscendo a sottrarsi sia al neoverismo che alla polemica.
I dati dei voti scorrono, ormai si profila chiaro il nome del primo classificato, mentre sul filo del rasoio scorre quello delle successive posizioni. Laura Bellaspiga coinvolge Andrea Vitali, comasco, laurea in medicina, scrittore fertilissimo e ironico anche nella vita, (“ho imparato a sdrammatizzare fin dall’infanzia come un sostegno nelle difficoltà” afferma durante l’intervista). Molti suoi romanzi, compreso “La mamma del sole”, sono ambientati a Bellano, su “quel ramo di Como” dove mette in scena un microcosmo di vite vissute e personaggi verosimili, dosando suspence e humour, storia vera e finzione in un meccanismo narrativo scorrevole, grazie anche alla chiusura di un capitolo che si riallaccia all’inizio del successivo. “Si ritiene un neomanzoniano?” chiede Bellaspiga, riferendosi a certi caratteri dei romanzi di Vitali (sfondo storico, coralità, sottile umorismo..). “Mi riallacciano più frequentemente a Piero Chiara, io non oso paragonarmi a Manzoni, certamente modello archetipico nobile che, come molti ex-studenti, ho riscoperto da grande”, risponde Vitali, “ e forse è la suggestione del luogo che può creare qualche affinità”.
Lo spoglio e i conteggi sono infine conclusi e sale l’emozione al culmine: il premio con alloro va alla raccolta di racconti di un ‘giovane’ scrittore di novantaquattro anni, Manlio Cancogni: mente lucida, pelle rosata, occhi azzurri e sguardo purissimo. Appoggiato al bastone, dichiara di prendere sedici pillole al giorno e di ‘resistere anche a quelle’, eppure sembra un bambino saggio, un ‘estremo principiante’ come si autodefinì nell’ultimo libro Mario Luzi e viene in mente una frase di Picasso: “Ci vogliono tanti anni per diventare giovani”. L’opera premiata, “La sorpresa”, raccoglie pagine scritte molti anni fa accanto ad altre più recenti e prende titolo da uno dei racconti, il cui protagonista ritrova da un rigattiere una vecchia valigia a lui appartenuta, con dentro tutti i suoi ricordi: una vera ‘sorpresa’… Sarà stato così forse anche per Cancogni, che ha raccolto infine da questo scrigno di storie un riconoscimento meritatissimo per la sua lunga e limpida dedizione alla scrittura. “Mi rallegra che sia stato premiato un libro di racconti, genere molto presente nella tradizione letteraria italiana” afferma il premiato (e come dargli torto pensando ai tanti ‘novellieri’ italiani da Boccaccio in giù fino a quel Dino Buzzati che sostenne Cancogni nel premio Bagutta”?). E ancora, alla domanda “Come ha affrontato dolori, difficoltà, dispiaceri”? “Mai con la disperazione: è un peccato imperdonabile. Ho sempre tenuto accesa una luce dentro di me e in fondo vivere mi è molto piaciuto”. Certo, senza nulla togliere alle altre opere e autori, è una prima Calliope che fa onore anche a chi l’ha votata, ovvero gli scrittori del Pen che hanno omaggiato Cancogni con 401 voti. A distanza Ricolfi (290), Cucchi (270 ) Vitali (269), Murgia (255). Il pubblico applaude, assale gli scrittori per le dediche, si scattano ancora foto per questa vincente iniziativa culturale: un ventennale da inserire già nei ricordi più preziosi, in una valigia possibilmente da non perdere.
(Nella foto di Del Grosso, Luca Ridolfi, Andrea Vitali, Maurizio Cucchi, Manlio Cancogni con Lucio Lami).
SIENA. A Compiano, storico borgo della Valle del Taro: E’ un rito che si ripete, ogni volta con diversi protagonisti in gioco, ma con la stessa innegabile sacralità, da ben venti anni: gli scrittori soci del Pen Club Italiano assistono in diretta alla proclamazione del libro da loro stessi ritenuto il migliore tra quelli dell’ultimo anno. Dopo aver votato un’ampia rosa di nomi, si è giunti ai cinque finalisti, presenti in prima fila a ‘contendersi’ il primo piazzamento, anche se, come sottolinea in apertura Lucio Lami, Presidente Onorario del Pen Club italiano e Responsabile del Premio, i ‘finalisti’ essendosi guadagnati questa postazione, sono già tutti vincitori. E proprio per onorare ancor meglio il ventennale, da quest’anno in palio c’è anche l’ambita statuetta “Calliope e l’alloro”, creata dallo scultore Gianfranco Giorni, le cui opere, in mostra fino all’ 8 settembre al castello di Compiano e durante la mattinata, introdotte dall’Arch. Alessandra Giannini di Arezzo, hanno suscitato notevole ammirazione. La statuetta di Giorni, da Lami definita, nel saluto d’inizio, un “capolavoro”, è realizzata in bronzo e oro e raffigura nello stile essenziale e armonico tipico dell’artista anghiarese, una musa che stringe tra le braccia la pianta dei poeti: in attesa della consegna, l’opera d’arte si trova esposta davanti al tavolo della Presidenza, dove siedono, oltre a Lucio Lami, Sebastiano Grasso, Presidente del Pen Club Italiano, Carlo Monteleone, Vicepresidente, Paola Lucarini, membro del Consiglio Direttivo, il notaio FrancoVincenzo, nonchè Laura Bellaspiga, giornalista, da tre anni conduttrice impeccabile della manifestazione e succeduta allo scrittore Luciano Luisi, voce storica per molti anni di questo e altri prestigiosi premi letterari.
Ma quello giunto oggi alla sua ventesima edizione – e ritenuto uno dei quattro riconoscimenti letterari più importanti d’Italia – ha caratteristiche ben precise e uno spirito peculiare, conservati con rigore : “fuori dal mercato, dentro il valore letterario” sintetizza Lami e festeggiarlo è “una vittoria per la cultura” in un’epoca di ‘marketing’ sfrenato, dove conta più la ricaduta commerciale che il valore intrinseco di un’opera e quindi è difficile trovare visibilità, sovvenzioni e risorse. E allora ben vengano i ringraziamenti a chi – ideatori, Comune di Compiano, sponsor, Presidenti e segreteria organizzativa – hanno sostenuto questa impresa che ha visto premiare libri di nomi illustri, dalla quasi esordiente Susanna Tamaro nel 1991 a Antonio Tabucchi, Luciano Erba, Mario Rigoni Stern, Alberto Arbasino, Raffaele La Capria, Claudio Magris e tanti altri ancora, tutti scrittori di grande livello, anche tra i finalisti (Sgorlon, Augias, Hack, Mazzantini, Zavoli…) E una pregevole e raffinata plaquette realizzata per l’occasione ricorda gli esordi, i protagonisti, gli artisti che hanno esposto al castello di Compiano, i concertisti che si sono esibiti nelle varie edizioni: un emozionante album fotografico sullo sfondo delle antiche strade di Compiano, dove il premio è ormai di casa e nel ristorante della piazzetta una parete è arredata di foto storiche e autografi famosi. Sebastiano Grasso, Presidente dal 2007, ricorda ai presenti i quasi novanta anni del Pen International e i vari presidenti che si sono succeduti in quello italiano, nomi eccellenti, da De Bosis a Corrado Govoni, da Ferdinando Camon e Alberto Moravia a Mario Luzi fino a Lucio Lami, che, per diciotto anni anche Vicepresidente, molto ha contribuito alla rinascita del sodalizio in Italia. Da tre anni una curatissima rivista trimestrale raccoglie e diffonde la storia e le tante attività e contatti dell’associazione, apolitica ma in prima linea a difendere la cultura senza frontiere (www.penclub.it).
L’evento si svolge, come sempre, alla presenza di autorità politiche e civili e molti inviati di stampa e tv, tutti immersi e compresi dall’attesa del risultato. “Cancogni, Cucchi, Murgia, Ridolfi, Vitali”,…la voce di Paola Lucarini scandisce i nomi dei finalisti di quest’anno con i relativi punteggi che si avvicendano, prontamente segnati su grandi tabelloni e sui fogli del notaio, e a questo si intercalano le interviste della conduttrice agli autori in gara : Manlio Cancogni con “La sorpresa” (Elliot), Maurizio Cucchi con “Vite pulviscolari”(Mondadori), Michela Murgia con “Accabadora” (Einaudi), Luca Ridolfi con “Il sacco del Nord (Guerini), Andrea Vitali con “La mamma del sole” (Garzanti). L’incontro con il pubblico è un momento che scioglie un po’ la tensione e in cui si rivelano le tematiche, i messaggi, lo stile delle opere, la personalità degli scrittori, la loro coscienza intellettuale, quasi il peso specifico del loro operare. “Qual è lo stato di salute della poesia italiana contemporanea?” chiede la Bellaspiga a Maurizio Cucchi, scrittore multiforme, ma soprattutto poeta, che tiene una rubrica con i lettori sulla “Stampa”. Ottimo,” risponde Cucchi “anche se non risulta evidente a causa dei mezzi di comunicazione che ignorano la poesia, ma la sua centralità è innegabile, anzi è sorprendente il numero dei giovani che la praticano con convinzione artistica e non per sfogarsi di delusioni amorose. “Quali consigli dare loro?” gli viene chiesto. “Amare la poesia in generale e non solo la propria, e soprattutto leggere, confrontarsi con altre voci poetiche per migliorare la propria”. “La sua è una poesia civile?” chiede ancora la conduttrice. “Sì, il poeta vive all’interno della società e, come tutti, leopardianamente “ridotto in società”: quest’ultima deve riconoscerne la funzione, ma chi scrive poesie non deve assecondare tutti i rituali: a volte occorre porsi fuori, per dare il proprio contributo critico”. E Cucchi lo ha dato fortissimo con questa raccolta finalista, riflessione in versi sull’esistenza, sulle cose “che ancora sanno di noi”, sul rischio di una “identità pulviscolare”.
Dopo la poesia, la lente del pubblico viene posta su un’opera saggistica di grande attualità, scritta con equilibrio e rigore da Luca Ridolfi, docente universitario e sociologo. “Saggio sulla giustizia territoriale” è il sottotitolo del volume che, sottolinea Ricolfi, non è, come qualcuno lo ha tacciato, “criptoleghista”, ma si limita a raccontare i fatti e i ‘conti’ come li ha trovati; certo un libro sul parassitismo di certe regioni, specie meridionali, ma anche un invito alla responsabilità individuale e solidarietà collettiva. Michela Murgia è assente per il contemporaneo svolgimento del Premio “Campiello” (che poi vincerà) e del suo libro “Accabadora” parla la conduttrice: il titolo, di origine sarda come la scrittrice, allude alla figura di una anziana donna che porta la “buona morte” a chi si sta spegnendo nella sofferenza, una specie di ‘moira’, che ha una figlia adottiva, una ‘filleanima’ a cui lei dà l’affetto negato dalla madre vera. Una storia complessa, che affronta il tema, molto attuale, del confine tra vita e morte, sullo sfondo di una Sardegna antica, riuscendo a sottrarsi sia al neoverismo che alla polemica.
I dati dei voti scorrono, ormai si profila chiaro il nome del primo classificato, mentre sul filo del rasoio scorre quello delle successive posizioni. Laura Bellaspiga coinvolge Andrea Vitali, comasco, laurea in medicina, scrittore fertilissimo e ironico anche nella vita, (“ho imparato a sdrammatizzare fin dall’infanzia come un sostegno nelle difficoltà” afferma durante l’intervista). Molti suoi romanzi, compreso “La mamma del sole”, sono ambientati a Bellano, su “quel ramo di Como” dove mette in scena un microcosmo di vite vissute e personaggi verosimili, dosando suspence e humour, storia vera e finzione in un meccanismo narrativo scorrevole, grazie anche alla chiusura di un capitolo che si riallaccia all’inizio del successivo. “Si ritiene un neomanzoniano?” chiede Bellaspiga, riferendosi a certi caratteri dei romanzi di Vitali (sfondo storico, coralità, sottile umorismo..). “Mi riallacciano più frequentemente a Piero Chiara, io non oso paragonarmi a Manzoni, certamente modello archetipico nobile che, come molti ex-studenti, ho riscoperto da grande”, risponde Vitali, “ e forse è la suggestione del luogo che può creare qualche affinità”.
Lo spoglio e i conteggi sono infine conclusi e sale l’emozione al culmine: il premio con alloro va alla raccolta di racconti di un ‘giovane’ scrittore di novantaquattro anni, Manlio Cancogni: mente lucida, pelle rosata, occhi azzurri e sguardo purissimo. Appoggiato al bastone, dichiara di prendere sedici pillole al giorno e di ‘resistere anche a quelle’, eppure sembra un bambino saggio, un ‘estremo principiante’ come si autodefinì nell’ultimo libro Mario Luzi e viene in mente una frase di Picasso: “Ci vogliono tanti anni per diventare giovani”. L’opera premiata, “La sorpresa”, raccoglie pagine scritte molti anni fa accanto ad altre più recenti e prende titolo da uno dei racconti, il cui protagonista ritrova da un rigattiere una vecchia valigia a lui appartenuta, con dentro tutti i suoi ricordi: una vera ‘sorpresa’… Sarà stato così forse anche per Cancogni, che ha raccolto infine da questo scrigno di storie un riconoscimento meritatissimo per la sua lunga e limpida dedizione alla scrittura. “Mi rallegra che sia stato premiato un libro di racconti, genere molto presente nella tradizione letteraria italiana” afferma il premiato (e come dargli torto pensando ai tanti ‘novellieri’ italiani da Boccaccio in giù fino a quel Dino Buzzati che sostenne Cancogni nel premio Bagutta”?). E ancora, alla domanda “Come ha affrontato dolori, difficoltà, dispiaceri”? “Mai con la disperazione: è un peccato imperdonabile. Ho sempre tenuto accesa una luce dentro di me e in fondo vivere mi è molto piaciuto”. Certo, senza nulla togliere alle altre opere e autori, è una prima Calliope che fa onore anche a chi l’ha votata, ovvero gli scrittori del Pen che hanno omaggiato Cancogni con 401 voti. A distanza Ricolfi (290), Cucchi (270 ) Vitali (269), Murgia (255). Il pubblico applaude, assale gli scrittori per le dediche, si scattano ancora foto per questa vincente iniziativa culturale: un ventennale da inserire già nei ricordi più preziosi, in una valigia possibilmente da non perdere.
(Nella foto di Del Grosso, Luca Ridolfi, Andrea Vitali, Maurizio Cucchi, Manlio Cancogni con Lucio Lami).
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