di Tobia Bondesan
SIENA. E’ un’aula magna gremita di studenti (ma non solo) che attende il 18 gennaio lo scrittore Erri De Luca al liceo scientifico Galileo Galilei di Siena.
Il preside Vannini introduce l’evento, presentando un cortometraggio girato dai ragazzi della II D (anno scolastico 2008-2009) intitolato “Il muro”.
Terminata la proiezione l’incontro procede con le domande all’autore da parte dei ragazzi: curiosità, spiegazioni e commenti sono sottolineati da brani tratti sopratutto dall’ultimo libro di de Luca, “Il peso della farfalla”.
Erri parla di se, del suo modo di scrivere: “non una professione, ma un piacere che si è sempre riservato alla fine del lavoro vero, quello fisico di muratore”. “Per questo – dice – questa capacità di guardare il mondo dal basso, di vedere le cose come se gravassero sulla superficie terrestre.”
L'autore ne approfitta anche per proporre una piccola digressione sull’importanza della forza lavoro e sul rapporto di quest’ultima con gli imprenditori. Mentre sempre a proposito del suo rapporto con i libri parla di “prodotti non finiti”: “i libri sono delle opere che deve completare il lettore – afferma – devono raccontargli qualcosa di lui che già sa, ma che affiora all’improvviso… un incontro, un’intimità tra il lettore e lo scrittore. Il fine ultimo del libro dunque? Tenere compagnia.”
Ma non raccomanda libri da leggere: dice che è “come raccomandare un incontro, non ha senso… e poi il libro è come un ospite, deve andarsene lasciando nel lettore la sensazione di volerne ancora e non di sollievo per averlo finito: bisogna sceglierselo" lui stesso "ne ha abbandonai molti”.
“Lo scrittore – continua – ha anche una responsabilità civile: ogni parola scritta è un atto contro la repressione. Lo scrittore ha la responsabilità di parlare per tutti coloro che non possono farlo.”
Poi racconta il suo passato: quello politico, il rapporto con la prigionia e con la condizione del carcere, gli anni dell’infanzia vissuta conoscendo gli adulti attraverso i libri di suo padre, figura molto importante per lui; quelli dell’esperienza nella guerra di Bosnia.
De luca risponde alle domande più disparate, con salti mentali, citazioni colte e allo stesso tempo grande semplicità: le risposte spaziano dalla conoscenza della lingua al suo rapporto con le farfalle, a temi profondi, come quello del rapporto con la morte e con la fede.
L’autore napoletano termina l’incontro rispondendo al pubblico più adulto della sala, mantenendo tuttavia l’atteggiamento di una persona semplice e con i piedi per terra.
SIENA. E’ un’aula magna gremita di studenti (ma non solo) che attende il 18 gennaio lo scrittore Erri De Luca al liceo scientifico Galileo Galilei di Siena.
Il preside Vannini introduce l’evento, presentando un cortometraggio girato dai ragazzi della II D (anno scolastico 2008-2009) intitolato “Il muro”.
Terminata la proiezione l’incontro procede con le domande all’autore da parte dei ragazzi: curiosità, spiegazioni e commenti sono sottolineati da brani tratti sopratutto dall’ultimo libro di de Luca, “Il peso della farfalla”.
Erri parla di se, del suo modo di scrivere: “non una professione, ma un piacere che si è sempre riservato alla fine del lavoro vero, quello fisico di muratore”. “Per questo – dice – questa capacità di guardare il mondo dal basso, di vedere le cose come se gravassero sulla superficie terrestre.”
L'autore ne approfitta anche per proporre una piccola digressione sull’importanza della forza lavoro e sul rapporto di quest’ultima con gli imprenditori. Mentre sempre a proposito del suo rapporto con i libri parla di “prodotti non finiti”: “i libri sono delle opere che deve completare il lettore – afferma – devono raccontargli qualcosa di lui che già sa, ma che affiora all’improvviso… un incontro, un’intimità tra il lettore e lo scrittore. Il fine ultimo del libro dunque? Tenere compagnia.”
Ma non raccomanda libri da leggere: dice che è “come raccomandare un incontro, non ha senso… e poi il libro è come un ospite, deve andarsene lasciando nel lettore la sensazione di volerne ancora e non di sollievo per averlo finito: bisogna sceglierselo" lui stesso "ne ha abbandonai molti”.
“Lo scrittore – continua – ha anche una responsabilità civile: ogni parola scritta è un atto contro la repressione. Lo scrittore ha la responsabilità di parlare per tutti coloro che non possono farlo.”
Poi racconta il suo passato: quello politico, il rapporto con la prigionia e con la condizione del carcere, gli anni dell’infanzia vissuta conoscendo gli adulti attraverso i libri di suo padre, figura molto importante per lui; quelli dell’esperienza nella guerra di Bosnia.
De luca risponde alle domande più disparate, con salti mentali, citazioni colte e allo stesso tempo grande semplicità: le risposte spaziano dalla conoscenza della lingua al suo rapporto con le farfalle, a temi profondi, come quello del rapporto con la morte e con la fede.
L’autore napoletano termina l’incontro rispondendo al pubblico più adulto della sala, mantenendo tuttavia l’atteggiamento di una persona semplice e con i piedi per terra.