Storia di un falegname che si scopre gioielliere e scultore
di Elena Trissino dal Vello d’Oro
SIENA. Una delle arti più antiche che si conoscano è quella di creare gioielli. Non esiste civiltà che non ne abbia prodotti usando metalli o fusioni a disposizione come oro, argento, platino, rame, ottone, bronzo o addirittura ferro e non dimentichiamo le pietre semipreziose o preziose. Quest’arte è continuata fino ai giorni nostri esprimendosi in vari e svariati modi a seconda dell’artista che li crea. Oggi, anche nella pittura e scultura vengono utilizzati moltissimi materiali che un tempo era impossibile anche solo pensarlo, ma la gioielleria, se raffinata e di qualità resta legata ai materiali classici.
Per anni ho visto crescere un artista, tanto da considerarlo uno dei migliori che io abbia incontrato ed è per questo che ne parlo volentieri. Il suo nome è Enrico Mazzon.
Prima di dedicarsi all’arte ha fatto di tutto un po’, fino a diventare falegname. Questo lavoro gli riusciva bene, ma il suo desiderio di nuove esperienze e di conoscere altre tecniche e materiali oltre al legno, lo hanno portato a rivoluzionare la sua vita non solo cambiando città di residenza ma anche di lavoro. Nel ’95 parte va a New York, gira per gli USA e dopo un anno torna con la mente più aperta e decide di recarsi a Firenze dove impara ed apprezza la tecnica del cesello e dell’incisione, rendendosi conto di esserci portato.
Un anno dopo ha la fortuna di conoscere un grande maestro e si trasferisce a Siena a lavorare da lui come incisore. Vicino a Valerio Passerini impara l’arte orafa e da subito si crea una cerchia di clienti tanto da poter aprire un suo laboratorio dopo solo un anno, pur rimanendo amico e continuando la collaborazione con Passerini. Siena rappresenta un momento molto importante per la sua crescita sia per contatti e collaborazioni con altri artisti sia per lo sviluppo delle tecniche imparate. Comincia una collaborazione con Fusi&Fusi che gli commissiona l’incisione del piatto che verra’ utilizzato nel famoso Palio di Siena e una maschera d’oro per il “Premio Scanno” oltre ad altri lavori di cesello.
Il suo desiderio di conoscere non si esaurisce e comincia una serie di viaggi in Giappone. Lì gli viene un’inspiarzione e crea una nuova linea di gioielli chiamata Nagoya in onore del paese che lo ospita. Nel 2013 la DAIKIN gli commissiona cinque ciondoli in oro e diamanti da consegnare ai vincitori del premio che svolgono ogni anno. Inoltre crea e vende gioielli per privati sia in Italia che in Giappone. La buona riuscita lo spinge a sperimentare di nuovo e crea dei gioielli scultura e poi delle sculture vere e proprie. Le espone nella galleria di Siena Inner Room ed alcune vengono anche selezionate e presentate da Arte&Arte, che annualmente organizza mostre internazionali a Villa Olmo sul lago di Como.
Imparando e conoscendo tecniche di altri tempi, come la lavorazione della foglia di vite, Enrico non ha cercato di modernizzarle o sveltirle, anzi, si è concentrato e immedisamato nell’antico artigiano, cercando di cogliere al massimo l’essenza stessa del lavoro e ci è riuscito perfettamente. Ogni cosa ha un suo tempo, se si vuole che abbia l’effetto desiderato.
Parlando con lui mi è rimasto impresso un discorso che riassumo: “Quando mi siedo al banco per lavorare, tutto diventa limpido, chiaro, lento e veloce, mi sento in sintonia con il tutto; le paure ed i dubbi svaniscono e mi si apre davanti qualcosa che è il senso di ciò che faccio e del perché lo faccio e ogni cosa ha una sua ragione d’essere, ha un presente ed un futuro”.
Ora Enrico si sta preparando per tornare a NewYork dove intende stabilirsi dopo un viaggio d’ispezione durato qualche mese. Non ho dubbi che avrà successo e soprattutto troverà altre inspirazioni per creare nuovi e preziosi gioielli.