Un male poco seducente nell'interpretazione di Lo Cascio e Rubini
di Giulia Tacchetti
SIENA. Dal 22 al 24 marzo il Teatro dei Rinnovati ha tenuto in scena “Dracula” di Luigi Lo Cascio e Sergio Rubini, con l’adattamento teatrale di Sergio Rubini (anche regista) e Carla Cavalluzzi. Il team torna a lavorare insieme dopo il successo di “Delitto e Castigo”, affrontando un altro testo classico: “Dracula” di Bram Stoker (1897). I
l romanzo, nel corso del tempo fonte di ispirazione per le numerose storie di vampiri e zombi, che si sono avvicendate soprattutto nel cinema, ma anche nella letteratura, continua ad affascinare ancora oggi un numeroso pubblico. Queste vicende hanno sempre fatto leva sul mistero e inquietudine che avvolge la figura del principe della Transilvania, realmente esistito, Vlad II, detto Dracul (il diavolo) e di suo figlio Vlad III, (l’impalatore), Dracula-Nosferatu (colui che non muore, il morto vivente). Dracula, personaggio inquietante, rappresenta l’eterna lotta tra il Bene ed il Male, come già “ll Dottor Jekyll e Mr. Hyde” di Louis Stevenson del 1886 e “Dorian Gray” di Oscar Wilde del 1890, che partono dal tema del doppio per mettere in luce le nostre repellenti dissolutezze, provenienti dal male dentro di noi, che siamo luce e ombra.
Nell’adattamento teatrale Sergio Rubini sceglie la stessa chiave interpretativa del male che seduce e che si nasconde nel nostro inconscio, per emergere nel momento più opportuno, stravolgendo la nostra vita; quindi vuole mettere in luce soprattutto la dimensione psicologica del testo. Secondo noi, invece, la pièce teatrale si è sviluppata (ci si riferisce alla replica del 24 marzo) per un’ora e cinquanta minuti stancamente, in mezzo a rumori, a momenti assordanti di uccelli notturni, cavalli al galoppo, lupi, tuoni , che accompagnano il viaggio verso l’ignoto e la sciagura prima di Jonathan Harker (Luigi Lo Cascio), incaricato di vendere un appartamento a Londra al conte Dracula, e poi del dottore (Sergio Rubini) insieme ad Harker e sua moglie, per liberarla dalla dannazione con l’uccisione di Dracula.
In mezzo a scene oscure, a specchi non riflettenti, spesso coperti da teli, a nebbie improvvise, a suoni martellanti, gli attori a momenti si agitano ed urlano, anche per colpa dei microfoni che impediscono di modulare la voce, senza dare una connotazione di tipo introspettivo alla propria recitazione. Indubbiamente le scene creano un forte impatto ed insieme alle musiche (G.U.P. Alcaro) riproducono il mistero e l’inquietudine, ma non riusciamo a cogliere nel dipanarsi della vicenda la tensione, la suggestione, l’ossessività che il Male produce quando prende possesso della nostra personalità.
Forse ci saremmo aspettati di più da attori, come Sergio Rubini, così carismatici sul grande schermo.