In scena secondo Il Mulino di Amleto e L
SIENA. La rassegna di tendenza Nuovamente a Teatro ha proposto il 15 febbraio e per il secondo anno consecutivo un’opera di William Shakespeare. ”Doppio inganno”, la cui paternità è ancora oggetto di contesa, è la famosa Storia di Cardenio scritta da W. Shakespeare, rappresentata nel 1613 al Globe Theatre e poi creduta distrutta in un incendio, che si ispira ad un episodio del Don Chisciotte. La prima messinscena ufficiale del dramma della Royal Shakespeare Company nel 2011 segue la definitiva attribuzione della commedia a W. Shakespeare. A noi , in questo contesto, poco importa se il vero autore è William o, come altri critici preferiscono, Fletcher e ci sembra che anche la regia di Marco Lorenzi non sia particolarmente interessata ai problemi filologici, quanto, da una intervista rilasciata dal regista: “…guardare alla drammaturgia per il recupero della lezione dei classici ….per scontrarci-confrontarci con il canone e trovare il nostro linguaggio”. Il vero problema del regista è rendere l’intento shakespeariano, cioè che il teatro è lo specchio del mondo, dove si riflettono vizi e virtù dell’umanità: l’amore ed i suoi dolori, il tradimento dell’amicizia, il rapporto padri e figli, la violenza dell’uomo sulla donna. L’operazione è stata bene realizzata dal gruppo di giovani attori, molto affiatati tra loro, provenienti dalla scuola del Teatro Stabile di Torino, i quali nel 2009 hanno costituito la compagnia de Il Mulino di Amleto. Le invenzioni registiche piacciono al pubblico presente costituito soprattutto da giovani, come quello di trasportare la vicenda in un tempo non ben definito, rendendo la scena un cantiere in costante trasformazione attraverso l’uso di assi, impalcature, secchi spostati da una parte all’altra, che si protendono fuori del palcoscenico: ora siamo in un cimitero ora in un bosco, ora ritorna il balcone di “Giulietta e Romeo”, da cui si affaccia Violante, che subirà con l’inganno la violenza di Henriquez (“Non c’è nemmeno una ragazza che con il suo occhio puro non scavi nella mia colpa”). Per noi le scene come i costumi costituiscono forse il punto più debole dello spettacolo, comunque brillante e dal ritmo incalzante. I sentimenti rappresentati sono forti ed i padri di Leonora ed Julio sono veramente bravi. Suggestiva la lotta tra i due accompagnata dai suoni forti di una chitarra elettronica. Le scelte musicali sono in accordo con il respiro vitale che muove ed agita i corpi degli attori, con gli stivali di gomma di una adolescente, con la pelliccia e gli occhiali da sole inddossati dal padre di Leonora. Tutto in questo spettacolo è fatto di fisicità e concretezza, come la brutale violenza subita da Violante, il movimento eccessivo sulla scena, come a volte i rumori. Tuttavia le parole del testo sono poetiche (Henriquez- “Solo chi è nato privo di passione e non ha mai affrontato la feroce battaglia tra onestà e desiderio può condannarmi”) e risuonano con tutta la passione che questo giovane gruppo di attori sa trasmettere.