L'1 febbraio 2012 l'addio alla Premio Nobel
di Paola Dei
SIENA. Ironica, precisa, capace di cogliere le incongruenze e le meraviglie del mondo e restituircele con grazia ed eleganza, la poetessa polacca Wislawa Szymborska, Premio Nobel per la Letteratura nel 1996, lasciava questa terra il 1° febbraio 2012, all’età di 89 anni, ancora con lo sguardo limpido dell’infanzia.
Questo è stato il suo segreto, che segreto in realtà non era, in quanto, di fatto ella stessa lo rivelava in ogni sua poesia e con l’esempio della sua vita. Jas’ Gawronski, dopo averla intervistata, sostenne che Wislawa “é una delle più grandi poetesse del nostro tempo, ma sembra che non voglia farlo sapere”. In questo assomiglia molto a Milan Kundera, il magico scrittore cecoslovacco naturalizzato francese, che conquista il lettore fin dalle prime righe di ogni suo libro,
Kundera e Szymborska sono l’esatto contrario di chi vuol far sapere di essere un grande scrittore o una grande scrittrice in ogni momento. Il loro approccio con le arti è quello di chi vuol far sapere quanta gioia possono dare questi doni o questi mezzi, che dir si voglia, non quello di chi vuol mostrare la propria superiorità. La gente spesso confonde le due cose e, a fronte di pagine scritte bene, viene trasmessa anche una grande presunzione. Lo sapeva bene Gigi Proietti che interpretando il personaggio di Narciso Vanesi, ci regalava una parodia esilarante del poeta pieno di sè che, anziché leggere con l’anima, declama i versi.
Oscar Wilde sosteneva che Nulla è più profondo di ciò che appare superficiale e la frase sembra calzare a pennello su questa donna, che ha dedicato una delle sue più struggenti poesie ad una maestra polacca che si è sacrificata per salvare quattro bambini da un incendio, morendo alcuni giorni dopo per le ustioni riportate. Niente epitaffi, niente sbavature, niente commemorazioni, solo un racconto tenero e appassionato nel quale Wislawa nella conclusione fa riflettere, dicendoci che possiamo immaginare i nostri comportamenti e le nostre reazioni di fronte agli eventi inaspettati e ai colpi della sorte, ma conosciamo davvero fino in fondo noi stessi soltanto fino a dove siamo stati testati.
Conociamo noi stessi solo fin dove/ siamo stati messi alla prova./ Ve lo dico/ dal mio cuore sconosciuto.
Quando ricevette il Premio Nobel per la letteratura scelse di non rispondere ai tanti messaggi di congratulazioni, certa che ogni giorno bisognerebbe congratularsi con chi si stupisce ancora davanti ad un fiore o usa parole gentili con la semplicità di un animale, che ha la capacità di vivere pienamente.
Il suo segretario, lo studioso di letteratura Michael Rusinek, conoscendola staccò i fili del telefono conquistandola definitivamente.”Lei è un genio…- disse la poetessa polacca – Non so perché mi intervistano, se la risposta che do spesso è “non so”.
La Szymborska nel 2007 venne in visita a Siena e fu accolta in una Biblioteca degli Intronati gremita di pubblico. Minuta, apparentemente fragile ma con la granitica certezza che la vita vada vissuta con grazia, conquistò tutti, lesse personalmente alcune sue poesie, connotandole dei sentimenti che l’avevano ispirata, poi fece un giro per la città catturando ogni emozione con il suo sguardo vivace e curioso.
Non potrò mai dimenticare quella figura così grande nella sua semplicità, che ci permise di immedesimarci nelle parole delle sue poesie con garbo, come una scienziata che spezzando il capello in quattro trova parole balsamiche per curare l’anima di tutti.
Le parole hanno gli effetti d’un farmaco, ecco perché le poesie aiutano il benessere della mente. Tanto più sono ironiche, aggraziate, concrete, tanto più favoriscono l’introspezione e la capacità di immedesimarsi.
Gli effetti benefici della poesia si rilevano in tutto il corpo, esse generano sensazioni positive che si riflettono su ogni organo.
“Ne uccide più la bocca della spada”, diceva un antico proverbio e Wislawa sapeva naturalmente che nessuna creatura di Dio merita umiliazioni, sminuimenti, offese, soprattutto a lungo. Soffrire per una parola, non significa essere fragili, significa semplicemente aver sopportato troppo a lungo male parole. Lei lo sapeva bene e si limitava ad accarezzare gli animi con gentilezza. Ecco il segreto del Nobel.