Recensioni di alcuni film presentati
di Paola Dei
SIENA. Registro di classe
Preziosi materiali d’archivio raccolti con estrema precisione per raccontarci la classe come scuola e la classe come status sociale. Un viaggio nelle speranze degli italiani attraverso un affresco dove i volti, i luoghi, i dialetti delle varie regioni tessono le maglie di infinite esistenze negli anni compresi dal 1900 fino al 1960 e dove traspare sincera preoccupazione per la scuola di oggi e di domani. Scritto e diretto da Gianni Amelio e Cecilia Pagliarani prodotto dall’Istituto Luce-Cinecittà con Rai Cinema e Rai Con, il docu-film sembra spingerci dentro alle immagini per una lettura ampia del fenomeno sociale che ci permette di cogliere la narrazione, il linguaggio dei simboli, la denuncia, la pietà, l’ammirazione, la filosofia. La maestria del regista incontra gesti e passioni di un intero periodo storico definito primo libro a cui farà seguire il secondo libro, con una visione intensa di immagini ricche di significato in ogni singolo frammento. Le voci personalissime e inconfondibili di Pasolini e Gaber evocano nostalgiche emozioni.
Pan
Un film live-action diretto da Joe Wright per rivisitare una storia nota ma con aspetti innovativi che ci mostrano il protagonista interpretato da Levi Miller intento a salvare Neverland dalle grinfie di Hugh Jackman nelle vesti di Barbanera.
Peter Pan ovvero la fusione di due figure che il nome stesso aiuta a individuare: Pan la divinità, Peter il simbolo di alcuni bambini significativi, metafora di un mondo dove il protagonista é un piccolo eroe dei sogni che non ama crescere ma che non si tira indietro per lottare contro chi vuol portagli via la meravigliosa Isola che non c’è mentre in realtà cerca soltanto una madre. Neverland é il prodotto della fantasia di ogni bambino, una mappa dei sogni ricca di colori e strani personaggi che ci fanno comprendere quanto sia importante avere delle figure di riferimento che sostengono il percorso della crescita e quanto a sua volta sia ineluttabile la crescita ma anche quanto lo sia il mantenere una piccola parte infantile dentro di sé perché, come ebbe a dire Teresa d’Avila: ” Quando cadremo se siamo piccoli, ci faremo meno male”.
Room
Diretta da Lenny Abrahamson e presentata al Toronto International Film Festival 2015 dove ha vinto il People’s Choice Award come miglior film, l’opera é una tenera e drammatica storia che racconta l’amore fra una madre e un figlio costruito su un episodio di violenza, attraverso un clima di scambievolezza reciproca. Tratto dal romanzo omonimo di Emma Donoghue e ispiratosi sicuramente a storie di sequestri di ragazze minorenni accadute anche recentemente, il film durante tutta la prima parte riesce a stupire e sorprendere mentre trasforma spazi angusti in libertà espressiva grazie ad una operazione creativa che coinvolge il piccolo attore protagonista, capace di immaginare il mondo e renderlo infinito grazie all’animismo tipico dei bambini. Il regista ci coinvolge con la capacità di far immaginare anche a noi spazi ampi che si riveleranno poi limitati e claustrofobici e ci fa vivere il contatto con gli oggetti e le loro estensioni attraverso riprese che ricordano le narrazioni visive del fotografo Jean Beaudrillard e frasi che ci avvicinano al pensiero del filosofo Blaise Pascal quando sosteneva che il mondo é una sfera infinita il cui centro è dappertutto e la circonferenza da nessuna parte. L’infinito ci appare attraverso un piccolo lucernario, unico contatto con l’esterno mentre mille emozioni palpitano e lasciano intuire, immaginare, fino al disvelamento della storia che nella seconda parte assume connotazioni più scontate e tradizionali.
Land of mine
Presentata al Toronto Film Festival l’opera del regista danese Martin Zandvliet ambientata nel 1945, narra una pagina di storia dalle tinte scure e dai registri drammatici con un ritmo incalzante e una sceneggiatura sorprendente dove i silenzi hanno un peso specifico e i dettagli assumono importanza fondamentale. Il lembo di sabbia ed i colori del mare ispirano momenti meditativi in mezzo alla bellezza incantata della natura e fanno da contrasto con le emozioni e le pulsioni che attraversano gli sguardi dei 14 ragazzi costretti quotidianamente a una prova di coraggio con il compito di disinnescare sei mine all’ora disseminate dall’esercito nazista sulla costa Ovest del paese. Un programma di vendetta che sposta l’asse del potere e non risparmia nessuno.
Di grande valore sociale il film rivendica il valore dell’umanità prima di quello della razza senza dare lezioni in una logica degli opposti che vede i persecutori perseguitati mentre parole, sguardi, sottintesi mettono in guardia da ogni tentativo di banalizzazione.
I momenti in cui il sergente danese Leopold implacabile e spietato si intenerisce davanti alla crudeltà efferata alla quale devono soccombere i ragazzi poco più che adolescenti, scaturiscono in mezzo all’incedere incessante del vento e al fragore assordante degli scoppi delle mine e lasciano trasparire un filo di speranza che fa presagire un possibile diverso finale mentre i campi lunghissimi riprendono i ragazzi stesi a terra e i primi piani mostrano i loro occhi invasi dal terrore.