di Augusto Mattioli
SIENA. E’stata un successo, dieci minuti di applausi, la lezione- performance che si è tenuta nella tarda serata di ieri nell’aula magna della facoltà di lettere dell’università protagonisti un gruppo di reclusi del carcere di San Gimignano che hanno messo in scena "Haute Surveillance" di Jean Genet.
Uno spettacolo che si è svolto nell’anniversario dell’abolizione della pena di morte in Toscana decisa il 30 novembre del 1786. La lezione performance è stata curata da Altero Borghi, (che meriterebbe, per il lavoro artistico che svolge da anni, una maggiore considerazione da parte della cultura della città) ed organizzata dalla Facoltà di lettere dell’università di Siena,/insegnamento di antropologia visiva, dal corso di laurea magistrale in antropologia, storia e linguaggi dell’immagine, dal laboratorio di antropologia della performance, e dall’associazione culturale Sobborghi che ha prodotto lo spettacolo realizzato con il contributo della Fondazione Montepaschi. Molto bravi gli attori, che partecipano al progetto detenuto/attore all’interno del carcere di Ranza,, nonostante abbiano avuto qualche incertezza dovuta all’indisponibilità di un attore che ha dovuto essere sostituito all’ultimo momento e che tutto sommato se l’è cavata bene.
SIENA. E’stata un successo, dieci minuti di applausi, la lezione- performance che si è tenuta nella tarda serata di ieri nell’aula magna della facoltà di lettere dell’università protagonisti un gruppo di reclusi del carcere di San Gimignano che hanno messo in scena "Haute Surveillance" di Jean Genet.
Uno spettacolo che si è svolto nell’anniversario dell’abolizione della pena di morte in Toscana decisa il 30 novembre del 1786. La lezione performance è stata curata da Altero Borghi, (che meriterebbe, per il lavoro artistico che svolge da anni, una maggiore considerazione da parte della cultura della città) ed organizzata dalla Facoltà di lettere dell’università di Siena,/insegnamento di antropologia visiva, dal corso di laurea magistrale in antropologia, storia e linguaggi dell’immagine, dal laboratorio di antropologia della performance, e dall’associazione culturale Sobborghi che ha prodotto lo spettacolo realizzato con il contributo della Fondazione Montepaschi. Molto bravi gli attori, che partecipano al progetto detenuto/attore all’interno del carcere di Ranza,, nonostante abbiano avuto qualche incertezza dovuta all’indisponibilità di un attore che ha dovuto essere sostituito all’ultimo momento e che tutto sommato se l’è cavata bene.