di Tobia Bondesan
SIENA. Ieri (9 ottobre) alle 21al Teatro dei Rozzi nell'ambito del festival “contemporaneamente barocco”, con la collaborazione della Fondazione Siena Jazz, si è esibito il quartetto formato da Mirko Mariottini al clarinetto, Roberto Nannetti alla chitarra, Franco Fabbrini al contrabbasso e basso elettrico, Ettore Bonafè alla batteria e percussioni.
Il progetto “Continuum- da Handel al Jazz” si è aperto con un programma che è andato progressivamente dalla musica classica (con Bach e Haendel) alle composizioni originali dei componenti del quartetto, passando per il jazz di Lewis, Reinhardt e Mingus, per finire con un bis di “Invenzione n.4 in Re Minore”, che in modo speculare ha chiuso il concerto.
In teatro l’atmosfera è stata surreale: per tutta la durata dei 12 pezzi eseguiti gli ascoltatori si sono lasciati trasportare da un linguaggio che, senza tempo e senza luogo, ha reso benissimo il concetto di musica “che non ha frontiere stilistiche”.
Tutti i brani, contrassegnati da un’inarrestabile climax, hanno sottolineato l’incredibile capacità dei musicisti di adattarsi agli stili attraverso tecnica e sensibilità. Il concerto ha attraversando epoche, linguaggi, paesi diversi,
intervallato da letture che hanno introdotto i brani, fino a giungere ad un applauso finale pieno di sincera comprensione artistica.
Abbiamo incontrato i componenti del quartetto la sera precedente al concerto mentre provavano nei locali del Siena Jazz e ci siamo lasciati introdurre nell’dea del loro progetto.
Ci ha incuriosito la scelta dei brani e degli autori: perché proprio la scelta di questi artisti? Il programma prevede Powell, Reinhardt e Mingus uniti da un "filo musicale" a Haendel ed altri grandi della musica classica come Bach: gli uni conseguenze degli altri? affinità artistica? pura causalità? Cosa risentivano secondo voi questi compositori, così lontani dal XVII secolo, dell'opera barocca?
"Il tema centrale dell’edizione 2009 del festival “contemporaneamente barocco” è l’ascendente che l’Italia, la sua cultura e la sua arte hanno esercitato sugli artisti dell’Europa settentrionale tra Quattrocento e Settecento: musicisti che hanno attraversato le corti e le città italiane, assorbendone lo stile e la cultura, depositadovi in cambio i segni della loro creatività, con particolare riferimento a Händel.
L’osservazione del migrare di G. F. Haendel (sia tra un paese e l’altro, sia attraverso le atmosfere musicali ) e dallo scambio tra musicisti di culture diverse ci ha permesso di stabilire un quadro più ampio e di inserire il nostro lavoro in un contesto dove il tema non è solo il contributo italiano alle altre culture, ma anche il contributo estero all’Italia: ancora più in generale lo scambio tra culture, l’interazione di saperi come “migrazione culturale”.
Per questo abbiamo scelto gli artisti che meglio si potevano integrare in quest’ottica di “migrazione culturale”. Charles Mingus era la prova vivente della coesistenza di diverse etnie: il grande compositore e contrabbassista era di sangue un quarto caucasico, un quarto afroamericano, un quarto indiano (anzi, native-american ora dicono….), ed un quarto scandinavo.
Come è doveroso fare riferimento a questo proposito anche al chitarrista di jazz manouche "Django" Reinhardt , di origine gitana. Il Modern Jazz Quartett invece rispecchia proprio la ricerca della commistione, dell’esperimento , della migrazione verso la musica classica. Anche nei generi abbiamo spaziato: “migrazioni stilistiche” avvengono con il tango, la samba…"
Quindi, riassumendo, un veloce parallelo tra il jazz e questo tipo di musica … come dice il titolo un Continuum? L'esecuzione di brani composti da voi sembra stabilire un legame tra il vostro modo di sentire la musica e quello barocco: quali sono i vostri legami personali con questo mondo?
"Quando si sono aperte le prime scuole di jazz a metà degli anni ’50 con Lennie Tristano a lezione si insegnavano il jazz (standard eccetera…) e Bach: questo ti fa capire quanto siano in realtà vicini i due mondi. Facendo per esempio un parallelo con il Be-Bop: l’uso di “abbellimenti”, cromatismi … è lo stesso gusto, lo stesso modo di sentire la musica. La musica barocca ha avuto dei principi che, per molti versi, hanno anticipato o ricordano il jazz: gli accordi ed i bassi non erano sempre scritti e dovevano essere “improvvisati”.".
Qual è l'impressione da musicista jazz di trovarsi in un festival dove si suona in prevalenza musica classica?
"Beh, in effetti è molto buona. Speriamo che sia una collaborazione di buon auspicio: la musica è una sola e speriamo che non abbia più barriere ideologico-stilistiche. Nel nostro intento è molto importante anche la tematica della commistione in questo momento storico, in cui si tende a creare barriere culturali. Non per niente abbiamo inserito nel programma il pezzo di Mingus “Fable of Faubus” che deride il governatore dell’Arkansas, Orval Faubus, promotore di atteggiamenti razzisti e discriminatori".
Questa è la prima volta che aderite a questo progetto?
"No, abbiamo già partecipato l’anno scorso con il progetto “Ostinato”.
Quindi non è la prima volta che lavorate insieme…
"No… a parte la collaborazione dell’anno passato, abbiamo suonato insieme diverse volte. Tre di noi collaborano insieme anche nel progetto Theta, un trio etno-acustico".
Tre motivi per venire a sentirvi…
"Diremo che ne basta uno: spessissimo la popolazione non sa che la città offre delle risorse inaspettate. Per capire che dei musicisti di ottimo livello si trovano anche sul territorio basterebbe seguire alcune rassegne come questa".
SIENA. Ieri (9 ottobre) alle 21al Teatro dei Rozzi nell'ambito del festival “contemporaneamente barocco”, con la collaborazione della Fondazione Siena Jazz, si è esibito il quartetto formato da Mirko Mariottini al clarinetto, Roberto Nannetti alla chitarra, Franco Fabbrini al contrabbasso e basso elettrico, Ettore Bonafè alla batteria e percussioni.
Il progetto “Continuum- da Handel al Jazz” si è aperto con un programma che è andato progressivamente dalla musica classica (con Bach e Haendel) alle composizioni originali dei componenti del quartetto, passando per il jazz di Lewis, Reinhardt e Mingus, per finire con un bis di “Invenzione n.4 in Re Minore”, che in modo speculare ha chiuso il concerto.
In teatro l’atmosfera è stata surreale: per tutta la durata dei 12 pezzi eseguiti gli ascoltatori si sono lasciati trasportare da un linguaggio che, senza tempo e senza luogo, ha reso benissimo il concetto di musica “che non ha frontiere stilistiche”.
Tutti i brani, contrassegnati da un’inarrestabile climax, hanno sottolineato l’incredibile capacità dei musicisti di adattarsi agli stili attraverso tecnica e sensibilità. Il concerto ha attraversando epoche, linguaggi, paesi diversi,
intervallato da letture che hanno introdotto i brani, fino a giungere ad un applauso finale pieno di sincera comprensione artistica.
Abbiamo incontrato i componenti del quartetto la sera precedente al concerto mentre provavano nei locali del Siena Jazz e ci siamo lasciati introdurre nell’dea del loro progetto.
Ci ha incuriosito la scelta dei brani e degli autori: perché proprio la scelta di questi artisti? Il programma prevede Powell, Reinhardt e Mingus uniti da un "filo musicale" a Haendel ed altri grandi della musica classica come Bach: gli uni conseguenze degli altri? affinità artistica? pura causalità? Cosa risentivano secondo voi questi compositori, così lontani dal XVII secolo, dell'opera barocca?
"Il tema centrale dell’edizione 2009 del festival “contemporaneamente barocco” è l’ascendente che l’Italia, la sua cultura e la sua arte hanno esercitato sugli artisti dell’Europa settentrionale tra Quattrocento e Settecento: musicisti che hanno attraversato le corti e le città italiane, assorbendone lo stile e la cultura, depositadovi in cambio i segni della loro creatività, con particolare riferimento a Händel.
L’osservazione del migrare di G. F. Haendel (sia tra un paese e l’altro, sia attraverso le atmosfere musicali ) e dallo scambio tra musicisti di culture diverse ci ha permesso di stabilire un quadro più ampio e di inserire il nostro lavoro in un contesto dove il tema non è solo il contributo italiano alle altre culture, ma anche il contributo estero all’Italia: ancora più in generale lo scambio tra culture, l’interazione di saperi come “migrazione culturale”.
Per questo abbiamo scelto gli artisti che meglio si potevano integrare in quest’ottica di “migrazione culturale”. Charles Mingus era la prova vivente della coesistenza di diverse etnie: il grande compositore e contrabbassista era di sangue un quarto caucasico, un quarto afroamericano, un quarto indiano (anzi, native-american ora dicono….), ed un quarto scandinavo.
Come è doveroso fare riferimento a questo proposito anche al chitarrista di jazz manouche "Django" Reinhardt , di origine gitana. Il Modern Jazz Quartett invece rispecchia proprio la ricerca della commistione, dell’esperimento , della migrazione verso la musica classica. Anche nei generi abbiamo spaziato: “migrazioni stilistiche” avvengono con il tango, la samba…"
Quindi, riassumendo, un veloce parallelo tra il jazz e questo tipo di musica … come dice il titolo un Continuum? L'esecuzione di brani composti da voi sembra stabilire un legame tra il vostro modo di sentire la musica e quello barocco: quali sono i vostri legami personali con questo mondo?
"Quando si sono aperte le prime scuole di jazz a metà degli anni ’50 con Lennie Tristano a lezione si insegnavano il jazz (standard eccetera…) e Bach: questo ti fa capire quanto siano in realtà vicini i due mondi. Facendo per esempio un parallelo con il Be-Bop: l’uso di “abbellimenti”, cromatismi … è lo stesso gusto, lo stesso modo di sentire la musica. La musica barocca ha avuto dei principi che, per molti versi, hanno anticipato o ricordano il jazz: gli accordi ed i bassi non erano sempre scritti e dovevano essere “improvvisati”.".
Qual è l'impressione da musicista jazz di trovarsi in un festival dove si suona in prevalenza musica classica?
"Beh, in effetti è molto buona. Speriamo che sia una collaborazione di buon auspicio: la musica è una sola e speriamo che non abbia più barriere ideologico-stilistiche. Nel nostro intento è molto importante anche la tematica della commistione in questo momento storico, in cui si tende a creare barriere culturali. Non per niente abbiamo inserito nel programma il pezzo di Mingus “Fable of Faubus” che deride il governatore dell’Arkansas, Orval Faubus, promotore di atteggiamenti razzisti e discriminatori".
Questa è la prima volta che aderite a questo progetto?
"No, abbiamo già partecipato l’anno scorso con il progetto “Ostinato”.
Quindi non è la prima volta che lavorate insieme…
"No… a parte la collaborazione dell’anno passato, abbiamo suonato insieme diverse volte. Tre di noi collaborano insieme anche nel progetto Theta, un trio etno-acustico".
Tre motivi per venire a sentirvi…
"Diremo che ne basta uno: spessissimo la popolazione non sa che la città offre delle risorse inaspettate. Per capire che dei musicisti di ottimo livello si trovano anche sul territorio basterebbe seguire alcune rassegne come questa".