Palazzolo racconta come nacque l'Inno popolare
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SIENA. Conferenza-concerto presso l’Auditorium dell’Istituto “Franci” marted’ (14 gennaio) alle ore 18: Antonello Palazzolo racconterà le vicende che hanno portato alla creazione dell’Inno Popolare e, insieme con Laura Polverelli, aprirà una finestra su pagine poco note del repertorio da camera di Verdi. Le celebrazioni per l’anniversario della nascita sono terminate ma proprio questa occasione è diventata stimolo a continuare il lavoro di ricerca degli aspetti meno conosciuti dell’opera del maestro di Busseto.
L’evento rientra nell’ambito della produzione artistica dell’Istituto Franci ed è curato dai Dipartimenti di Canto e Pianoforte dell’Istituto stesso. Vii parteciperanno sia docenti che studenti. Questi ultimi – tra cui il tenore Marco Miglietta, ex allievo del “Franci” – eseguiranno per la prima volta l’Inno di Verdi così come il maestro lo aveva concepito.
PROGRAMMA
PRIMA PARTE Proiezione del documentario “Viva Verdi musicista popolare”
realizzato nel 2001 da DIDIER BAUSSY OULIANOFF
SECONDA PARTE R. SCHUMANN Marcia di soldati
F. LISZT Consolazione n. 4
G. VERDI Inno Popolare per 4 voci maschili sole
Il poveretto L’esule
Con la partecipazione di LAURA POLVERELLI, mezzosoprano; voce narrante: PAOLO MICCICHÈ, voci cantanti: MARCO MIGILETTA, JACOPO PAGLIAI, ALESSANDRO MARTINIELLO, CHENG JING YU.
«La musica ha sempre mille storie da raccontare. I vecchi spartiti talvolta mescolano queste storie alle vicende di chi li ha posseduti, o meglio, di chi li ha ospitati per qualche tempo in casa sua. Un povero, fragile e solitario spartito, rifugiato non so da quando in casa mia, mi ha bisbigliato un giorno all’orecchio una storia, non so quanto vera, ma che vale la pena di raccontare, non fosse altro per il nome altisonante dei due protagonisti, Mazzini e Verdi, uno padre della nostra libertà, l’altro padrone del nostro cuore.
Tutto, per quanto mi riguarda, cominciò nell’autunno dell’anno 2000, quando un carissimo amico Didier Baussy Oulianoff, grande documentarista francese, avendo sentito un pescivendolo ambulante cantare “la donna è mobile” per le colline senesi, decise di indagare le profonde e, sotto certi aspetti, misteriose ragioni dell’immensa popolarità di Giuseppe Verdi. Mi chiese così di frugare fra i miei vecchi spartiti per vedere se fra quei racconti di carta vi fosse qualcosa che lo aiutasse a svelare il mistero.
Fu così che saltò fuori quel piccolo spartito dimenticato e, suo malgrado, per un effimero momento fu proiettato sulla ribalta internazionale dal bel documentario realizzato nella circostanza da Didier. Questo commovente ed intimo racconto si svolge in buona parte nella nostra Siena, città piccola ma spesso testimone di grandi storie di universale significato, da sempre nel b bene e talvolta nel male ombelico del mondo».