Un documentario girato come un film. Che sorprende
di Paola Dei
SIENA. Vincitore del Leone d’Oro alla 70a Edizione d’Arte Cinematografica di Venezia, Sacro Gra di Gianfranco Rosi, rovescia le convenzioni e gli stereotipi e gira un documentario come se fosse un film senza per questo tradire le aspettative. Anzi… la pellicola, gradevole rivisitazione di quel raccordo anulare che delimita la città eterna a cui già Federico Fellini fece omaggio in una sua opera, convince, avvince, appassiona e riesce a rendere straordinaria l’ordinarietà di personaggi sconosciuti ma intrisi di umanità e gesti semplici.
Il regista sostiene di essersi ispirato a Italo Calvino ed ai racconti romanzati su Marco Polo del testo: Le città invisibili. Ecco allora le prostitute transessuali incredule e un pò surreali corposamente Felliniane o il nobile decaduto che vive con la figlia in un appartamento di periferia, o il nobile che vive in un castello affittato come set per fotoromanzi, o il vecchio saggio, un paramedico con una madre affetta da demenza senile, e in mezzo a loro un esperto botanico che combatte per la salvaguardia delle piante e ci delizia con lapidarie frasi sul senso della vita. Un percorso dove si incrociano tante storie che non hanno né iniziò né fine ma che racchiudono il mistero, la magia e l’essenza della vita stessa. Pezzi di commedie che Rosi coglie nei momenti essenziali mostrando oltre ad un occhio allenato a vedere l’invisibile, anche grande capacità tecnica e amore per quella città che gli era indifferente ma dove rimase per amore della sua ex moglie, che pur in mezzo ad un matrimonio finito gli ha mostrato una umanità sotterranea e sconosciuta che ha accompagnato Rosi alla conquista dell’ambito trofeo veneziano.
Non solo gran successo a Venezia fra il compiacimento di alcuni critici e l’incredulità di altri, ma anche boom di incassi al botteghino, evento raro, in mezzo ad un popolo che si riflette nelle storie narrate senza pruderie o sdolcinati sentimentalismi. Grazie a Rosi che ha reso Roma ancora più eterna e magica ed ha portato a casa dopo molti anni, dal 1998 quando fu vincitore Amelio, un Leone d’oro tutto italiano.
SIENA. Vincitore del Leone d’Oro alla 70a Edizione d’Arte Cinematografica di Venezia, Sacro Gra di Gianfranco Rosi, rovescia le convenzioni e gli stereotipi e gira un documentario come se fosse un film senza per questo tradire le aspettative. Anzi… la pellicola, gradevole rivisitazione di quel raccordo anulare che delimita la città eterna a cui già Federico Fellini fece omaggio in una sua opera, convince, avvince, appassiona e riesce a rendere straordinaria l’ordinarietà di personaggi sconosciuti ma intrisi di umanità e gesti semplici.
Il regista sostiene di essersi ispirato a Italo Calvino ed ai racconti romanzati su Marco Polo del testo: Le città invisibili. Ecco allora le prostitute transessuali incredule e un pò surreali corposamente Felliniane o il nobile decaduto che vive con la figlia in un appartamento di periferia, o il nobile che vive in un castello affittato come set per fotoromanzi, o il vecchio saggio, un paramedico con una madre affetta da demenza senile, e in mezzo a loro un esperto botanico che combatte per la salvaguardia delle piante e ci delizia con lapidarie frasi sul senso della vita. Un percorso dove si incrociano tante storie che non hanno né iniziò né fine ma che racchiudono il mistero, la magia e l’essenza della vita stessa. Pezzi di commedie che Rosi coglie nei momenti essenziali mostrando oltre ad un occhio allenato a vedere l’invisibile, anche grande capacità tecnica e amore per quella città che gli era indifferente ma dove rimase per amore della sua ex moglie, che pur in mezzo ad un matrimonio finito gli ha mostrato una umanità sotterranea e sconosciuta che ha accompagnato Rosi alla conquista dell’ambito trofeo veneziano.
Non solo gran successo a Venezia fra il compiacimento di alcuni critici e l’incredulità di altri, ma anche boom di incassi al botteghino, evento raro, in mezzo ad un popolo che si riflette nelle storie narrate senza pruderie o sdolcinati sentimentalismi. Grazie a Rosi che ha reso Roma ancora più eterna e magica ed ha portato a casa dopo molti anni, dal 1998 quando fu vincitore Amelio, un Leone d’oro tutto italiano.