E alle 21,15 il primo concerto della serie Mix
SIENA. Il primo appuntamento del Chigiana International Festival 2018, Sounding Times, di mercoledì 12 luglio si svolge alle 18.30 in Sala del Pellegrinaio, nel complesso museale di Santa Maria della Scala, dove il compositore Salvatore Sciarrino continua a investigare con il pubblico i rapporti possibili fra il suono e il tempo, con riferimenti alla propria opera ma anche alle diverse epoche della storia della musica, durante il secondo dei “Chigiana Lounge” della serie Keynote a lui dedicata. Il terzo e ultimo appuntamento della serie si terrà il 19 luglio.
I Chigiana Lounge, la serie di incontri tematici tra artisti, musicisti e studiosi con il pubblico, curata da Stefano Jacoviello, a ingresso gratuito e libero fino a esaurimento posti, è trasmessa in differita su Chigiana RadioArte,
Alle 21.15, il Festival battezza il primo concerto della serie Chigiana MIX, il cui programma accosta il Quatuor pour la fin du Temps (1940) di Olivier Messiaen alla composizione di Nicola Sani, A time for the evening (1997), nell’interpretazione del quartetto con pianoforte formato da Alessandro Mingrone, violino, Yoshua Fortunato, clarinetto, Alain Meunier, violoncello, Anne Le Bozec, pianoforte e, in Messiaen, con la voce di Sandro Cappelletto, critico musicale e autore-attore di una nuova drammaturgia dell’opera, presentata a Siena in prima esecuzione assoluta.
“In nome dell’Apocalisse, scriveva Messiaen, si è rimproverato alla mia opera la sua calma e il suo carattere spoglio. I miei detrattori dimenticano che l’Apocalisse non contiene soltanto mostri e cataclismi: vi si trovano anche silenzi di adorazione e meravigliose visioni di pace. Inoltre, io non ho mai avuto intenzione di fare un’Apocalisse: sono partito da una figura amata (quella dell’“Angelo che annuncia la fine del tempo”, dal decimo capitolo dell’Apocalisse di Giovanni, ndr.), e ho scritto un Quartetto per gli strumenti (e i musicisti) che avevo sottomano, e cioè: un violino, un clarinetto, un violoncello, un pianoforte”, scrive Olivier Messiaen che, rinchiuso nel lager nazista Stalag di Görlitz in Slesia, durante l’inverno 1940-1941, compone una delle pagine più toccanti dell’intera sua opera.
Con lui, rievoca Sandro Cappelletto, i tre compagni di quella esperienza che, insieme, non riusciranno più a rivivere: Henry Akoka, di religione ebraica, suonava il clarinetto, il già celebre violoncellista Etienne Pasquier, agnostico, il giovane violinista Jean Le Boulaire, ateo. Messiaen, “battezzato, cristiano e credente” suonava il pianoforte. “Il 15 gennaio 1941, nella baracca 27 b di quel Lager, i quattro musicisti suonarono il Quartetto davanti a un pubblico di cinquemila prigionieri. Alla fine del concerto, un prigioniero si avvicinò a Messiaen e disse: “Questa musica ci riscatta tutti. Non ci riporta dove siamo, ma a quello che siamo”.
Il capolavoro cameristico di Messiaen si articola in 8 movimenti, intitolati Liturgie de cristal, Vocalise, pour l’Ange qui annonce la fin du Temps, Abîmes des oiseaux, Intermède, Louange à l’éternité de Jésus, Danse de la fureur pour les sept trompettes, Fouillis d’arcs-en-ciel, pour l’Ange qui annonce la fin du Temps e infine Louange à l’immortalité de Jésus.
A introduzione di concerto, il quartetto strumentale interpreterà il brano A time for the evening di Nicola Sani, il cui titolo si richiama al secondo dei Quattro Quartetti di T.S. Eliot, East Cocker, basato su temi e versi dell’Antico Testamento: “There is a time for building/ and a time for living and for generation/…there is a time for the evening under starlight,/ a time for the evening under lamplight. (C’è un tempo per costruire/ e un tempo per vivere e per generare/…c’è un tempo per la sera a ciel sereno/ un tempo per la sera al paralume)”.
“A time for the evening è una meditazione sul tempo, spiega Sani, una fotografia in movimento che fissa gli istanti in cui il colore del giorno si muta in quello della sera, silenziosa, discreta, impetuosa, improvvisa, irruente. Nel clima pensieroso e notturno che attraversa questa composizione, che evoca l’affannarsi e il migrare dei pensieri verso quell’immagine del “nulla eterno”, gli strumenti si compenetrano l’uno dentro l’altro a cominciare dalle note iniziali del clarinetto, che risuonano dentro al corpo del pianoforte. Successivamente sono sempre le multifonie del clarinetto a svolgere quasi una funzione “concertante”, emergendo dall’insieme timbrico delle quattro voci, mentre il pianoforte raccoglie le strutture sonore attorno a cui si sviluppa tutta la composizione. In questo dialogo tra forze in opposizione, il violino e il violoncello diventano elementi di raccordo e coesione tra una funzione espansiva e una intrusiva, voci intermedie fra strutture timbriche che si aprono verso orizzonti aperti e forme meditative che tendono a rinchiudersi in se stesse. Le loro traiettorie, i glissandi, le trasparenze degli armonici, creano quella sottile filigrana che costituisce il tessuto connettivo di tutto il lavoro”.