di Viola Caon
SIENA. Gonna corta, tacchi alti e cappello nero con veletta; una mano sui fianchi e l’altra sul mento a fare da perno per una posizione riflessiva e attenta, quasi maschile, presente e vigile sulla realtà. Appare così Caterina Bueno nella sagoma che la ritrae sul palco dei Rozzi durante la serata “Caterina Raccattacanzoni” organizzata da un gruppo di artisti, tra cantanti, attori e musicisti per tenere viva la memoria della cantante toscana, scomparsa due anni fa.
Padre spagnolo e madre svizzera, Caterina è stata definita “un’apolide” da Carlo Fini, che le ha dedicato una poesia sentita e partecipata. Un’apolide originale, però, che ha saputo appropriarsi delle radici toscane acquisite, interpretandole con rispetto e passione. Facendo della politica il centro costante della propria attività artistica, la Bueno ha iniziato a portare sui palcoscenici nazionali le canzoni popolari e i canti di protesta toscani da giovanissima, fin dai primi anni ’60, unendosi a Il gruppo teatro Nuova resistenza e approdando a Spoleto nel ’64 con lo spettacolo Bella Ciao.
“L’identità, anche di parte, è un contributo essenziale alla formazione e al mantenimento dell’identità nazionale”, ha detto Giorgio Raggi, Presidente del Consiglio di Sorveglianza di Coop Centro Italia, uno degli enti promotori dell’iniziativa insieme con il Comune di Siena, il Dipartimento di Storia delle Arti e dello Spettacolo dell'Università degli Studi di Firenze, l’Associazione Culturale "le radici con le ali" e l'Istituto Ernesto de Martino. “Riteniamo fondamentale recuperare all’attenzione delle nuove generazioni il valore dell’identità popolare del territorio. Ricordare Caterina Bueno e il suo lavoro in questo senso per conservare la sua esperienza e il suo repertorio nel passaggio tra le generazioni, ci sembra un buon modo per farlo.”, ha conclusivo il presidente Raggi, lasciando la scena al gruppo di cantanti e musicisti protagonista dello spettacolo.
Fondo scuro e luci basse, un leggio per le parti parlate e uno schermo per le immagini e le canzoni, la conferenza-spettacolo (più spettacolo che conferenza) si è articolata nell’esecuzioni di diversi cavalli di battaglia della cantante, interviste e immagini di repertorio che la ritraggono giovane e battagliera mentre canta ai concerti, nelle scuole o tra i contadini toscani, oggetto del suo costante studio delle tradizioni popolari.
“La coerenza del suo spirito libertario è servita a dare futuro al passato e spazio alla differenza”, declama da dietro il leggio Alberto Balia, nel ruolo di commosso cantastorie della serata.
Ed in effetti sembra essere proprio questa la linea conduttrice dell’esperienza di Caterina: una propensione innata per la libertà e un amore profondo, onesto e sincero per la vita di tutti i giorni, incarnata dalla semplicità e dalla concretezza del lavoro nei campi.
Sono le voci dei contadini, infatti, ad agire onnipresenti nelle canzoni cantate dalla Bueno. Canzoni come Tutti mi dicon Maremma, Volta la carta, La plebea e Italia bella mostrati gentile raccontano, infatti, la storia di un’esistenza semplice e contadina, che sembra essere scandita dai ritmi naturali del raccolto. È questo mondo che la cantante toscana ha cercato costantemente di testimoniare, riportandolo come asciutta notizia e documentazione più che come mito trasognato.
Il culmine e il senso profondo di questa operazione fu raggiunto nel ’66 con lo spettacolo Ci ragiono e canto di Dario Fo, che ebbe il merito di aiutare Caterina a portare a Milano i canti popolari della Maremma toscana e di sottoporli a un pubblico perplesso che protestava di “non aver pagato il biglietto per ascoltare le canzoni della propria serva”.
Attraverso l’esecuzione di canzoni come Cade l’uliva, Il trenino della Leggera e E cinquecento catenelle d’oro, magistralmente interpretate da Marco Rovelli, lo spettacolo si è concluso in un’atmosfera di sentita partecipazione che non ha mancato di coinvolgere anche il pubblico.
Gli organizzatori dell’evento hanno infine ringraziato il teatro dei Rozzi per aver dato loro la possibilità di inaugurare l’attività di laboratorio e di ricerca sull’esperienza di Caterina per continuare, appunto, a dare futuro al passato e spazio alla differenza.
SIENA. Gonna corta, tacchi alti e cappello nero con veletta; una mano sui fianchi e l’altra sul mento a fare da perno per una posizione riflessiva e attenta, quasi maschile, presente e vigile sulla realtà. Appare così Caterina Bueno nella sagoma che la ritrae sul palco dei Rozzi durante la serata “Caterina Raccattacanzoni” organizzata da un gruppo di artisti, tra cantanti, attori e musicisti per tenere viva la memoria della cantante toscana, scomparsa due anni fa.
Padre spagnolo e madre svizzera, Caterina è stata definita “un’apolide” da Carlo Fini, che le ha dedicato una poesia sentita e partecipata. Un’apolide originale, però, che ha saputo appropriarsi delle radici toscane acquisite, interpretandole con rispetto e passione. Facendo della politica il centro costante della propria attività artistica, la Bueno ha iniziato a portare sui palcoscenici nazionali le canzoni popolari e i canti di protesta toscani da giovanissima, fin dai primi anni ’60, unendosi a Il gruppo teatro Nuova resistenza e approdando a Spoleto nel ’64 con lo spettacolo Bella Ciao.
“L’identità, anche di parte, è un contributo essenziale alla formazione e al mantenimento dell’identità nazionale”, ha detto Giorgio Raggi, Presidente del Consiglio di Sorveglianza di Coop Centro Italia, uno degli enti promotori dell’iniziativa insieme con il Comune di Siena, il Dipartimento di Storia delle Arti e dello Spettacolo dell'Università degli Studi di Firenze, l’Associazione Culturale "le radici con le ali" e l'Istituto Ernesto de Martino. “Riteniamo fondamentale recuperare all’attenzione delle nuove generazioni il valore dell’identità popolare del territorio. Ricordare Caterina Bueno e il suo lavoro in questo senso per conservare la sua esperienza e il suo repertorio nel passaggio tra le generazioni, ci sembra un buon modo per farlo.”, ha conclusivo il presidente Raggi, lasciando la scena al gruppo di cantanti e musicisti protagonista dello spettacolo.
Fondo scuro e luci basse, un leggio per le parti parlate e uno schermo per le immagini e le canzoni, la conferenza-spettacolo (più spettacolo che conferenza) si è articolata nell’esecuzioni di diversi cavalli di battaglia della cantante, interviste e immagini di repertorio che la ritraggono giovane e battagliera mentre canta ai concerti, nelle scuole o tra i contadini toscani, oggetto del suo costante studio delle tradizioni popolari.
“La coerenza del suo spirito libertario è servita a dare futuro al passato e spazio alla differenza”, declama da dietro il leggio Alberto Balia, nel ruolo di commosso cantastorie della serata.
Ed in effetti sembra essere proprio questa la linea conduttrice dell’esperienza di Caterina: una propensione innata per la libertà e un amore profondo, onesto e sincero per la vita di tutti i giorni, incarnata dalla semplicità e dalla concretezza del lavoro nei campi.
Sono le voci dei contadini, infatti, ad agire onnipresenti nelle canzoni cantate dalla Bueno. Canzoni come Tutti mi dicon Maremma, Volta la carta, La plebea e Italia bella mostrati gentile raccontano, infatti, la storia di un’esistenza semplice e contadina, che sembra essere scandita dai ritmi naturali del raccolto. È questo mondo che la cantante toscana ha cercato costantemente di testimoniare, riportandolo come asciutta notizia e documentazione più che come mito trasognato.
Il culmine e il senso profondo di questa operazione fu raggiunto nel ’66 con lo spettacolo Ci ragiono e canto di Dario Fo, che ebbe il merito di aiutare Caterina a portare a Milano i canti popolari della Maremma toscana e di sottoporli a un pubblico perplesso che protestava di “non aver pagato il biglietto per ascoltare le canzoni della propria serva”.
Attraverso l’esecuzione di canzoni come Cade l’uliva, Il trenino della Leggera e E cinquecento catenelle d’oro, magistralmente interpretate da Marco Rovelli, lo spettacolo si è concluso in un’atmosfera di sentita partecipazione che non ha mancato di coinvolgere anche il pubblico.
Gli organizzatori dell’evento hanno infine ringraziato il teatro dei Rozzi per aver dato loro la possibilità di inaugurare l’attività di laboratorio e di ricerca sull’esperienza di Caterina per continuare, appunto, a dare futuro al passato e spazio alla differenza.