SIENA. E’ stato presentato nel complesso museale del Santa Maria della Scala il volume “Ranuccio Bianchi Bandinelli – Cesare Brandi – Lettere 1927-1967”, a cura di Roberto Barzanti, con prefazione di Marcello Barbanera, edito da Gli Ori.
Il curatore del volume ha messo in luce il valore di questo gruppo di lettere, fonti di primaria importanza per ricostruire tempi e sentimenti di una lunga amicizia durata oltre ogni dissenso teorico o politico.
Le lettere si estendono lungo un arco di quarant’anni, dal 1927 al 1967, fino a configurare un vero e proprio carteggio.
Nelle prime corrispondenze, risulta evidente l’atteggiamento critico che i due interlocutori hanno verso una cultura senese troppo ripiegata sull’erudizione, sul localismo e sul culto delle memorie patrie. Gli anni del regime fascista e della guerra consolidano un rapporto che diventerà di profonda solidarietà. Cesare Brandi è uno dei più entusiasti sostenitori del conferimento dell’incarico di direttore generale alle belle arti al Ministero nell’immediato dopoguerra. Bianchi Bandinelli prende con energia l’operato dell’Istituto di Restauro diretto da Brandi. Negli ultimi anni interverrà, invece, una netta rottura fra i due per ragioni ideologiche: Bianchi Bandinelli schierato con il PCI e propugnatore di uno storicismo marxista, Brandi, invece, affascinato dalle teorie di Heidegger e più propenso a sperimentare nuove vie della critica d’arte.
Il curatore del volume ha messo in luce il valore di questo gruppo di lettere, fonti di primaria importanza per ricostruire tempi e sentimenti di una lunga amicizia durata oltre ogni dissenso teorico o politico.
Le lettere si estendono lungo un arco di quarant’anni, dal 1927 al 1967, fino a configurare un vero e proprio carteggio.
Nelle prime corrispondenze, risulta evidente l’atteggiamento critico che i due interlocutori hanno verso una cultura senese troppo ripiegata sull’erudizione, sul localismo e sul culto delle memorie patrie. Gli anni del regime fascista e della guerra consolidano un rapporto che diventerà di profonda solidarietà. Cesare Brandi è uno dei più entusiasti sostenitori del conferimento dell’incarico di direttore generale alle belle arti al Ministero nell’immediato dopoguerra. Bianchi Bandinelli prende con energia l’operato dell’Istituto di Restauro diretto da Brandi. Negli ultimi anni interverrà, invece, una netta rottura fra i due per ragioni ideologiche: Bianchi Bandinelli schierato con il PCI e propugnatore di uno storicismo marxista, Brandi, invece, affascinato dalle teorie di Heidegger e più propenso a sperimentare nuove vie della critica d’arte.