Il film di Bellocchio ha fatto, fa e farà discutere
di Paola Dei
SIENA. Esce con il titolo di una favola l’ultima pellicola di Marco Bellocchio nelle sale già dal giorno successivo alla proiezione veneziana. Una favola moderna che ci riporta ad interrogativi che non avranno mai una risposta certa… proprio perché si può amare in molti modi. Sì alla vita anche quando la vita stessa riduce in una condizione di vegetale o no alla vita per una degna sepoltura, come più volte aveva chiesto Beppino Englaro, padre di Eluana? Quanti fiumi di parole sono stati spesi per trovare una risposta definitiva alla questione, quanti se e quanti ma hanno attraversato le pagine di quotidiani e riviste nazionali e internazionali che ci riconducono al febbraio 2009 dove la questione divise in due fazioni la politica e spaccò l’opinione pubblica in maniera ancora più netta, spunti di riflessione che hanno dato vita all’ultima fatica di Marco Bellocchio in concorso a Venezia con un cast di attori che hanno reso l’opera ancora più densa di significato.Da segnalare Falco, la giovane scoperta di cui già abbiamo parlato a proposito del Film di Ciprì.
Accanto a lui un sempre bravissimo Tony Servillo, ed una intensa Alba Rohrwacher con Isabelle Huppert, Maya Sansa, Gianmarco Tognazzi, Brenno Placido. Lucido nella sua descrizione dell’avvenimento, Bellocchio come in molti hanno sostenuto, appare anch’esso diviso in due, magistrale in alcune sequenze, troppo “pieno” di parole in altre dove manca lo spazio per riflettere e riflettersi nella vicenda che fa da sfondo alle storie di altri personaggi. Esilarante la scena nella quale in una sala della sauna avviene un confronto tra lo psichiatra e il senatore, intensa la scena nella quale Servillo si pone interrogativi tanto profondi da turbarne persino il pensiero, ma troppo scontate altre parti dove l’intensità del momento non è pari al significato che dovrebbe assume nelle sequenze della pellicola.
Una bella pagine di cinema italiano, ben fatta, ben recitata ma prevedibile e che non riesce ancora a raggiungere quello squarcio del velo che lascia attoniti e ci mostra una realtà inaspettata facendoci scoprire altre verità, altre possibilità ed altre soluzioni… Resta comunque una pagina di cinematografia italiana da ricordare, non foss’altro per il tema della vita e della morte sul quale nessuno di noi può avere certezze universali e assolute al di là di quelle personali… che toccano da vicino.
SIENA. Esce con il titolo di una favola l’ultima pellicola di Marco Bellocchio nelle sale già dal giorno successivo alla proiezione veneziana. Una favola moderna che ci riporta ad interrogativi che non avranno mai una risposta certa… proprio perché si può amare in molti modi. Sì alla vita anche quando la vita stessa riduce in una condizione di vegetale o no alla vita per una degna sepoltura, come più volte aveva chiesto Beppino Englaro, padre di Eluana? Quanti fiumi di parole sono stati spesi per trovare una risposta definitiva alla questione, quanti se e quanti ma hanno attraversato le pagine di quotidiani e riviste nazionali e internazionali che ci riconducono al febbraio 2009 dove la questione divise in due fazioni la politica e spaccò l’opinione pubblica in maniera ancora più netta, spunti di riflessione che hanno dato vita all’ultima fatica di Marco Bellocchio in concorso a Venezia con un cast di attori che hanno reso l’opera ancora più densa di significato.Da segnalare Falco, la giovane scoperta di cui già abbiamo parlato a proposito del Film di Ciprì.
Accanto a lui un sempre bravissimo Tony Servillo, ed una intensa Alba Rohrwacher con Isabelle Huppert, Maya Sansa, Gianmarco Tognazzi, Brenno Placido. Lucido nella sua descrizione dell’avvenimento, Bellocchio come in molti hanno sostenuto, appare anch’esso diviso in due, magistrale in alcune sequenze, troppo “pieno” di parole in altre dove manca lo spazio per riflettere e riflettersi nella vicenda che fa da sfondo alle storie di altri personaggi. Esilarante la scena nella quale in una sala della sauna avviene un confronto tra lo psichiatra e il senatore, intensa la scena nella quale Servillo si pone interrogativi tanto profondi da turbarne persino il pensiero, ma troppo scontate altre parti dove l’intensità del momento non è pari al significato che dovrebbe assume nelle sequenze della pellicola.
Una bella pagine di cinema italiano, ben fatta, ben recitata ma prevedibile e che non riesce ancora a raggiungere quello squarcio del velo che lascia attoniti e ci mostra una realtà inaspettata facendoci scoprire altre verità, altre possibilità ed altre soluzioni… Resta comunque una pagina di cinematografia italiana da ricordare, non foss’altro per il tema della vita e della morte sul quale nessuno di noi può avere certezze universali e assolute al di là di quelle personali… che toccano da vicino.