SIENA. Tutti bravi nello spettacolo-concerto di ieri ultima replica di “Beatles Submarine”, in cartellone al Teatro dei Rinnovati dal 12 al 14 dicembre. Mattatori Neri Marcorè, che narra, canta, suona, balla e la Banda Osiris, composta dai fratelli Gianluigi e Roberto Carlone, Giancarlo Macrì e Sandro Berti, musicisti dall’abilità creativa ed ironica. Lo spettacolo porta in scena in un clima surreale la leggenda dei Beatles tra musica, favole e storia. Il pubblico viene preso da quel sottomarino giallo, che appare sul fondo della scena in un abisso pieno di colori e trasportato nel mare della musica dei Beatles in un gioco fatto di fantasie, emozioni, ricordi: – Era il 1962 quando a Liverpool…- così Neri Marcorè inizia a raccontare l’avventura musicale dei Quattro di Liverpool, destinata a cambiare la storia della musica. E’ un viaggio che raccoglie e reinventa frammenti biografici, canzoni e racconti, anche surreali, dei favolosi Beatles, dimostrando che a 50 anni di distanza il fenomeno non è stata solo una moda, ma una vera e propria cultura di protesta. Lo spettacolo inizia con la creazione del mondo da parte di un signore potente, che sprofonda nell’abisso gli scarafaggi (da qui il nome Beatles) per la loro arroganza. In seguito si pente e decide di insegnare loro a suonare: ecco come è nato il famoso gruppo. Neri Marcorè sperimenta alternando canzoni, è in possesso di un ottimo timbro di voce, a recitazione, in profonda sintonia con la band. Il cambio della giacca degli interpreti allude al mondo dei clown, dei mimi, dei musicisti della strada. Siamo così introdotti nella poetica musicale di Paul Mc Cartney e di John Lennon, innamorato delle pagine di “Alice nel paese delle meraviglie” di Lewis Carroll. Soprattutto in “I am the walrus”, io sono il tricheco, le citazioni sono esplicite. Lo spettacolo utilizza i brani più famosi, che la Banda Osiris reinterpreta liberamente, tanto che “Hey Jude” si trasforma ora in un canto tirolese ora gregoriano di un prete di Poggibonsi (sic!). Forse è uno dei momenti che il pubblico ricorda di più. Vengono suonate in maniera significativa “Yesterday”, “Across the universe”, “Come together”, “Lucy in the sky with diamonds”, “Strowberry fields forever”, per citare le più conosciute. Penetra nello spettacolo il surrealismo dell’avanguardia pop e della letteratura attraverso suggestioni che rimandano a Stefano Benni o a Gianni Rodari con l’uso della favola alla rovescia. Quale migliore narratore dello stralunato Neri Marcorè nella rivisitazione dark di “Cappuccetto nero”, che diventa una ragazzina cocainomane dal linguaggio volgare. Piano piano si percepisce un punto debole nello spettacolo: il testo (autore e regista Giorgio Gallione). E’ poco comprensibile il nesso tra il racconto stralunato della creazione del mondo e la nascita della band di Liverpool, forse l’unico legame è dato dalla traduzione di scarafaggi nel termine inglese “beatles”. Il testo prosegue in modo frantumato e con troppi non-sense, rendendo poco lineare l’evolversi della storia (viene anticipata la morte di Lennon rispetto ad altri fatti della vita del famoso gruppo). Insomma lo “strabismo mentale” tanto auspicato da Neri Marcorè si traduce in momenti di buona recitazione, le dichiarazioni drammatiche di Mark Chapman prima di uccidere Lennon, ma anche in cadute del filo della narrazione. Comunque le canzoni e la loro interpretazione risolvono questi problemi, lo dimostrano i calorosi applausi del numeroso pubblico. Le immagini di Daniela Dal Cin trasformati in video da Francesco Frongia sono divertenti, belle e colorate, forse un po’ ingombranti, ma ben conducono nel mondo caleidoscopico di “Yellow Submarine”.