Strepitoso Di Caprio nei panni di Jordan Belfort
SIENA. Da giovedì nelle sale l’ultima fatica di Martin Scorsese con Leonardo DiCaprio, Jonah Hill, Margot Robbie, girato in USA nel 2013 e già candidato agli Oscar con i suoi 180 minuti di adrenalinicheInquadrature. Uno strepitoso Leonardo DiCaprio nei panni del broker Jordan Belfort si presenta in una delle sequenze del film, con questa frase “Mi chiamo Jordan Belfort. L’anno in cui ho compiuto 26 anni ho guadagnato 49 milioni di dollari, il che mi ha fatto molto incazzare perchè con altri 3 arrivavo a un milione a settimana”. E già da qui ci apre alla scoperta antropologica dell’avidità attraverso il mondo della finanza che nella pellicola appare come una specie a se stante dove scrupoli, valori, semplicità divengono parole stantie e desuete in una società fondata su ricchezza e successo.
La L.F. Rothschild il 19 ottobre del 1987 assume Jordan Belfort, che viene introdotto nel mondo della finanza da Mark Hanna, yuppie di successo con il vizio della cocaina e della masturbazione, ma lo stesso giorno – in seguito al collasso del marcato di Wall Street – viene subito licenziato. Con il sogno americano nella mente e le caratteristiche del vincente nell’animo, fonda una agenzia di brokeraggio: la Stratton Oakmont, che molto velocemente gli assicura fortuna, denaro, donne, cocaina, pseudo-amici. Sposato in prime nozze con una moglie semplice e meno propensa agli eccessi, si sposa in seconde nozze con l’affascinante Naomi che gli darà molto presto due figli. Grande ascesa del personaggio che non dubita mai di se stesso e non mostra in nessuna sequenza del film attimi di smarrimento o ripensamenti, fin quando un agente dell’FBI gli si mette alle costole e lo trascina in carcere. Jordan perde amici, denaro, moglie e figli ma il suo spirito da vincente mai redento torna a riemergere sullo schermo con tanta convinzione da farci riflettere e ripensare agli sconfinati territori della natura umana.
Si parla di film biografico laddove il regista riflette in una immagine fatta di eccessi, mancanza di limiti, ricerca sfrenata di edonismo fino all’autodustruttività, una vita segnata da paradossi che nella pellicola stessa si alternano in una escalation di sensazioni ed emozioni che nulla lasciano al caso.
Scorsese non fa lezioni morali e neppure sconti mostrandoci Jordan Belfort, in cima al suo yacht o sul metaforico palcoscenico del suo ufficio. È un ruggente e gaudente ‘re del mondo’, in mezzo ad una schiera di animali selvaggi e predatori che appaiono come simboli dentro l’agenzia nella quale lavora e non solo. Lupo, leone (il logo della sua azienda e della sua immagine pubblica), toro (l’emblema di Wall Street), scimmie in stato di eccitazione permanente…
Sembra tra l’altro che le scimmie che sono state ingaggiate per la pellicola dopo aver girato non siano mai più tornate ad essere quelle di prima…
La L.F. Rothschild il 19 ottobre del 1987 assume Jordan Belfort, che viene introdotto nel mondo della finanza da Mark Hanna, yuppie di successo con il vizio della cocaina e della masturbazione, ma lo stesso giorno – in seguito al collasso del marcato di Wall Street – viene subito licenziato. Con il sogno americano nella mente e le caratteristiche del vincente nell’animo, fonda una agenzia di brokeraggio: la Stratton Oakmont, che molto velocemente gli assicura fortuna, denaro, donne, cocaina, pseudo-amici. Sposato in prime nozze con una moglie semplice e meno propensa agli eccessi, si sposa in seconde nozze con l’affascinante Naomi che gli darà molto presto due figli. Grande ascesa del personaggio che non dubita mai di se stesso e non mostra in nessuna sequenza del film attimi di smarrimento o ripensamenti, fin quando un agente dell’FBI gli si mette alle costole e lo trascina in carcere. Jordan perde amici, denaro, moglie e figli ma il suo spirito da vincente mai redento torna a riemergere sullo schermo con tanta convinzione da farci riflettere e ripensare agli sconfinati territori della natura umana.
Si parla di film biografico laddove il regista riflette in una immagine fatta di eccessi, mancanza di limiti, ricerca sfrenata di edonismo fino all’autodustruttività, una vita segnata da paradossi che nella pellicola stessa si alternano in una escalation di sensazioni ed emozioni che nulla lasciano al caso.
Scorsese non fa lezioni morali e neppure sconti mostrandoci Jordan Belfort, in cima al suo yacht o sul metaforico palcoscenico del suo ufficio. È un ruggente e gaudente ‘re del mondo’, in mezzo ad una schiera di animali selvaggi e predatori che appaiono come simboli dentro l’agenzia nella quale lavora e non solo. Lupo, leone (il logo della sua azienda e della sua immagine pubblica), toro (l’emblema di Wall Street), scimmie in stato di eccitazione permanente…
Sembra tra l’altro che le scimmie che sono state ingaggiate per la pellicola dopo aver girato non siano mai più tornate ad essere quelle di prima…