
di Paola Dei
SIENA. Arrivato nelle sale cinematografiche italiane dal 6 febbraio 2020, distribuito da BIm, Alice e il sindaco di Nicolas Pariser, con Patrice Luchini, Anaīs Demoustier, Antoine Reinartz, Léonie Simaga, Nora Hamzawi, proiettato in prima visione al Festival di Cannes, nella sezione Quindici giorni (Quinzaine des Realizateurs), dove ha vinto il Premio Europa Cinemas Label Award, come miglior film europeo.
Una bella parodia sull’impossibilita della politica ad agire, scritta in maniera eccellente, senza mai una caduta di stile, dove sembra che non accada nulla mentre sta accadendo di tutto, come é tipico de la comédie francaise.
La storia é quella di un sindaco di Lione, che, dopo 30 anni di politica, non ha più idee e si sente come svuotato. Sta diventando un prodotto che deve assumere le connotazioni e i comportamenti da lui attesi e perde pezzi di se stesso.
Il suo entourage comunale per sostenerlo nella sua candidatura a primo cittadino della nazione, assume una giovane filosofa perché gli proponga nuove idee e lo aiuti a ritrovare la sua capacità di pensare. La ragazza, Alice Heimann, si rivela una collaboratrice insostituibile, che ogni giorno gli fornisce stimoli e sollecitazioni, tanto che il primo cittadino sembra rianimarsi dall’inedia nella quale era caduto.
Alice si accorge subito che il sindaco che sta per candidarsi alla Presidenza della Repubblica, alias Fabrice Luchini, appare alle riunioni stanco, distaccato, freddo, estraneo a quanto sta accadendo intorno. Al di sopra e lontano da tutto e di tutti. Da qui sorge spontanea la domanda su quanto la modestia e l’empatia siano qualità necessarie ad un uomo politico.
Meravigliosa la recitazione di Luchini, un attore che con grande eleganza riesce ad entrare in ogni ruolo e che in questo film connota il personaggio di una svogliatezza tutta naturale. Molto credibile anche Anaìs Demoistier, la trentaduenne attrice che interpreta Alice, già candidata al Premio Cèsar per questo ruolo.
Il film senza entrare nei significati e nei contenuti specifici della politica, mostra soprattutto le dinamiche di potere all’interno di forze che governano la nazione. Nel periodo in cui la Francia é divisa fra il sovranismo neo-fascista e il liberismo delle èlite Pariser il regista sceglie di non entrare nel conflitto ma vuol raccontare lo smarrimento di un uomo che non ha nulla da dire all’elettorato e la relazione filiale che s’instaura con la sua neo-assunta collaboratrice, Alice. Proprio grazie a lei il politico, che appartiene alla schiera degli illuminati, si interrogherà su quanto la pratica e l’arte del governo siano compatibili e si troverà di fronte alla natura etica della ragion di stato e al bene che realmente può fare alla nazione, coerentemente con il sistema di valori.
Ma proprio nel momento in cui il sindaco ritrova la sua vitalità, dall’equipe del politico che l’aveva assunta, Alice viene invitata a non sollecitare più idee al primo cittadino di Lione, che sta andando troppo a piede libero e che sta ritrovando troppo se stesso andando fuori da un programma prestabilito e controllato. Bellissimo il lungo piano sequenza nelle ultime scene, dove Alice e il sindaco scrivono il discorso per la discesa in campo del politico, dove si intrecciano filosofia, musica, retorica, e una grande lezione di regia pacata ma incisiva.
Il finale é inaspettato, commovente, al di fuori delle aspettative dove la parte umana ha la meglio sul potere.
Un film di grandissima raffinatezza, rohmeriano con quell’amore per la libertà e l’austerità ai limiti dell’anaffettività nei confronti dei propri personaggi, con significati tutt’altro che banali, a cui forse manca però un pò di mordente.