SIENA. Con un titolo denso di suggestioni letterarie, La belle au bois, si inaugura, venerdì (4 settembre) alle ore 17,30, nei prestigiosi spazi dei Magazzini del Sale a Siena (Museo Civico, Palazzo Pubblico, il Campo 1), la nuova personale di Claudio Carli, artista umbro, riconosciuto interprete di paesaggi e vedute urbane, ma anche di “invenzioni” concettuali.La mostra, allestimento a cura dall’artista stesso, rimarrà aperta fino al 27 settembre e consta di circa 20 opere realizzate con tecniche miste (olio e inchiostro su tela e carta) e due istallazioni. Un percorso che si snoda tra l’incanto dei boschi, la geometria di città impossibili e l’imponenza delle montagne.E così, sensibile agli accadimenti, ai pregi e alle distorsioni del vivere contemporaneo, Claudio Carli cala nel suo percorso espositivo due lavori per così dire “politici”. Not in my back yard, letteralmente “Non nel mio giardino”. Una istallazione che vuole essere un’allusione all’indifferenza, all’esasperata difesa della propria sfera privata, tipica del mondo occidentale. Le vedute di un bosco, di gradazioni forti di grigio, fanno da sfondo a un prato verde su cui è posta una macchina taglia-erba a motore. L’ambientazione musicale è una registrazione originale, effettuata da un ornitologo durante la seconda guerra mondiale, in cui si ode il canto degli uccelli sovrapposto dal rombo di bombardieri in avvicinamento.La seconda istallazione presenta una donna che allatta la sua bambina. E’ la reazione dell’artista a un recente fatto di cronaca accaduto in un hotel di Madonna di Campiglio, dove una giovane mamma è stata allontanata dalla sala ristorante mentre allattava il suo piccolo perché alcuni commensali avevano protestato, disturbati dalla sua presenza. L’atto più bello tra quelli che legano gli esseri umani è bandito perché contravviene al senso del decoro, al benessere confortevole degli altri.Se queste due opere rappresentano fulcro dell’intera mostra, altre vanno a stabilire una relazione di rimandi, sia formali che di contenuti, come i labirinti, le montagne e i trapos, sfoglie di tele dipinte sovrapposte. «Nella lingua spagnola la parola, derivata dal latino drappus, prende la connotazione di straccio, di cencio, piuttosto che quella italiana di drappo, stoffa pregevole (curiosamente a Siena sia “cencio” che “drappellone” sono sinonimi di “palio”) – spiega Ezio Genovesi -.