In esposizione dipinti e altre opere dell’artista senese accompagnati dai versi del poeta
PIENZA. Dario Neri (1895-1958), senese, figura poliedrica, manager industriale e editore di successo, incaricato di responsabilità istituzionali di rilievo, impegnato nella vita cittadina, ma soprattutto pittore.
Mario Luzi (1914-2005), fiorentino, letterato, poeta, docente, accademico, ripetutamente candidato al Premio Nobel, insignito della Legion d’Onore della Repubblica francese, Senatore a vita (2004), cittadino onorario di Pienza (1994).
I loro nomi, insieme all’espressione “Il paesaggio stato d’animo”, sono abbinati nel titolo di una mostra, a cura di Leonardo Scelfo, organizzata dal Comune di Pienza con Fondazione Musei Senesi, che si è aperta sabato 6 maggio, a Pienza (SI), nei locali del Conservatorio San Carlo Borromeo.
Per Pienza, gioiello architettonico toscano e senese di assoluta ed inimitabile originalità, modello di qualità della vita e di accoglienza, il cui Centro storico è iscritto dal 1996 nella lista del Patrimonio mondiale UNESCO, si tratta del ritorno ad una grande iniziativa artistica dopo la pandemia.
L’iniziativa è inserita nelle celebrazioni dei venti anni di Fondazione Musei Senesi, che affianca il Comune di Pienza nell’organizzazione.
Ad unire Neri e Luzi è la passione nutrita per la Val d’Orcia, dal 2004 iscritta alla lista del Patrimonio mondiale dell’UNESCO, che non è stata solo fonte di ispirazione delle loro opere ma strumento di interpretazione e proiezione del proprio mondo interiore, un territorio che qui, più che altrove, rappresenta appieno la memoria, l’identità, le emozioni.
Lo stesso soggetto, il paesaggio, è interpretato con due strumenti diversi, la pittura e la poesia, che concorrono a formare il “paesaggio stato d’animo”.
Il percorso espositivo segue la carriera figurativa di Dario Neri, affiancato dalla poesia di Mario Luzi che ha descritto a parole molti dei paesaggi indagati da Neri col pennello.
La rassegna vede esposti, nella prima sezione, circa 25 dipinti ad olio di Neri, realizzati tra il 1920 ed il 1956.
L’elemento di forte originalità è rappresentato dall’abbinamento con i versi di Mario Luzi, di cui è ben nota l’intensa frequentazione di Pienza.
Nelle sale in cui sono esposti i quadri di Neri sono infatti diffusi alcuni componimenti di Luzi che, come una colonna sonora, accompagnano il pubblico nella visita, consentendo un confronto diretto tra immagini e parole, non didascalico ma basato sulle suggestioni personali.
Una seconda sezione è dedicata alla riscoperta dei “primitivi”, attraverso un linguaggio novecentesco di matrice espressionista e l’utilizzo della xilografia che lega Neri al mondo agricolo e alla mezzadria. In quest’area sono proposti anche documenti ed immagini che hanno come protagonisti i due autori.
Come detto, ad accomunare Neri e Luzi è il paesaggio, che acquista nelle loro opere una dimensione psicologica. “Dario Neri e Mario Luzi – scrive il curatore, Leonardo Scelfo – non si conoscono, almeno direttamente, non si sono mai confrontati artisticamente, entrambi hanno frequentato Pienza (…) e, a distanza di anni, hanno fornito della città e del suo territorio una propria visione emotivamente partecipata”.
“Nei dipinti di Dario Neri e nei versi di Mario Luzi – è ancora Scelfo a scrivere – le valli dell’Orcia sono luoghi di una memoria ancestrale”. In molti dei quadri “si possono ritrovare i temi cari a Mario Luzi, per esempio il vuoto, il silenzio, l’assenza, il valore metaforico della luce, l’associazione delle colline ondulate al mare mosso”.
“Con questa mostra – afferma il Sindaco Manolo Garosi –, Pienza conferma da una parte il proprio impegno nell’arte, da un’altra la fedeltà ad una linea culturale che vuole tutte le nostre rassegne legate al territorio. È un approccio che richiede maggior impegno nell’esame e nella selezione delle proposte, che rifugge da nomi altisonanti e magari di maggior richiamo, ma che ci ripaga ampiamente, fornendo ai visitatori spunti, suggestioni, proposte, perfettamente coerenti con quanto offre la visita del nostro territorio”.
Chi era Dario Neri? Intellettuale poliedrico, manager, imprenditore, ma soprattutto artista
“Era una giornata d’inverno, grigia, ventosa. Mio padre mi chiese di accompagnarlo in campagna, voleva dipingere un paesaggio, aveva bisogno che gli tenessi fermo il cavalletto su cui poggiava la tela; andai con lui e, abbracciato alle zampe di quel treppiede, finì che mi addormentai”.
Attraverso questo piccolo aneddoto dell’infanzia, Paolo Neri, senese, classe 1937, figlio del pittore Dario Neri, tratteggia la figura del padre.
“Dipingeva dal vero, sul campo, poi rifiniva in studio” racconta Paolo Neri. “E questo approccio era coerente con il suo carattere: aveva una sensibilità particolare per la bellezza, un carattere schietto, spontaneo, si entusiasmava letteralmente, si esaltava, di fronte allo spettacolo della natura, e lo riproduceva con uno slancio quasi insopprimibile”.
Paolo Neri, biochimico, fondatore del Centro Ricerche, unità di assoluta eccellenza della Sclavo, l’industria farmaceutica che portava il nome del nonno Achille, suo creatore, poi docente universitario, tratteggia con profondo affetto, con delicata nostalgia, la figura del padre.
“Ho un ricordo nitido – prosegue – anche di quando, nel 1944 (avevo 7 anni), mio padre e mio nonno Paolo detterò ospitalità, nella nostra tenuta di Campriano, a Murlo, alla famiglia ebrea dei Cabibbe. Per questo gesto ricevettero, alla memoria, nel 2013, la medaglia di “Giusti delle Nazioni”.
“E’ nel 1929, dopo il matrimonio con Matilde Sclavo, che Dario va a vivere a Campriano e lì comincia a dipingere il paesaggio senese, iniziando da Murlo e dalle Crete”.
“Ancora precedente – sottolinea Paolo Neri – è il primo contatto conosciuto con Pienza: nel 1924 l’architetto Gino Chierici, Soprintendente ai Monumenti della Provincia di Siena, incarica il ventinovenne Dario di realizzare le decorazioni interne ed esterne di Villa Benocci, da lui stesso progettata. Il giovane pittore impiega circa nove mesi a portare a termine il lavoro e ha modo di conoscere bene la cittadina e il territorio. Rimane ammirato dalle logge di Palazzo Piccolomini tanto da decidere di riprodurle nella tenuta di Campriano. L’effetto è stupefacente, le logge “portano il paesaggio in casa” (definizione che solo un pittore poteva coniare) perché attraverso di esse si inquadrano il paesaggio ed il Monte Amiata”.
Dario Neri non fu solo eccellente artista (“il maggior pittore senese del nostro secolo” scrisse di lui Enzo Carli, sul finire del ‘900; “il pittore della campagna senese” lo definì Carlo Emilio Gadda, nel ’46) ma anche manager di successo, proprio alla Sclavo, dal ’35 al ’44, e poi con la casa editrice Electa, da lui rilevata nel ’45 e rilanciata nel settore delle pubblicazioni d’arte.
Ebbe ruoli significativi nelle istituzioni e nella vita cittadina: fu autore del manifesto del Palio (1928); commissario prefettizio a Murlo (1938); Direttore dell’Istituto d’Arte di Siena (dal 1939 al 1943); più volte Capitano dell’Onda (di cui dal ’26 aveva disegnato le monture), la prima il 27 giugno del ’37, poi vittorioso nel 1950; componente della Deputazione del Monte dei Paschi (1951); insignito del Mangia d’Oro (1954).
Morì, improvvisamente, nel 1958, a Milano: “aveva trascorso gli ultimi dieci anni della sua vita soprattutto tra Firenze e Milano – è sempre il figlio Paolo a raccontare – fu colto da un infarto il 28 marzo, in treno, proprio mentre andava a Milano, riuscì ad arrivare a casa ma non a salvarsi”.
“Era un uomo innovativo e geniale, di stupefacente versatilità, tanto che il celebre storico dell’arte statunitense Bernard Berenson, di cui, attraverso l’Electa, era editore in Italia, lo definì, affettuosamente, “l’uomo dei cento mestieri”.
“Siamo contenti del fatto che le terre di Siena, attraverso la bella iniziativa di Pienza, rendano un tributo a Dario Neri” conclude Paolo. “E’ un artista che, non solo a nostro giudizio, merita maggiore conoscenza. E poi questo progetto risponde al bisogno che Siena ha di vivere con il territorio. La bellezza di Siena è figlia delle Crete, dell’Amiata, della Val d’Orcia: terre che guardano a Roma, evidenziando l’attrazione che lega la nostra città alla Capitale”.
Mario Luzi e il suo legame con Pienza e con la Val d’Orcia
Mario Luzi “scopre” Pienza grazie alla garbata insistenza di un suo studente pientino, Nino Petreni, che, nel 1975, frequenta all’Università di Firenze un seminario di letteratura francese da lui tenuto, ma anche in virtù della corrispondenza con un sacerdote, Don Fernaldo Flori, del quale Luzi apprezza la profondità e l’acutezza del pensiero.
Così, grazie anche all’interessamento di amici comuni, primo tra tutti Leone Piccioni, che già nel 1972 aveva acquistato una casa nel centro della cittadina, Luzi, a partire dall’estate del 1979 e fino al 2004, trascorre tutte le estati a Pienza, dalla metà di luglio a tutto settembre, ospite proprio di quella Villa Benocci, decorata oltre 50 anni prima da Dario Neri, diventata nel frattempo Seminario Vescovile.
Conosce quindi l’opera realizzata in quel luogo da Neri della quale, tra l’altro, scrive: “(…) quelle decorazioni producevano un piacevole e talora un pensoso vedere. Specialmente una sala al piano superiore, integralmente dipinta con la teoria delle quattro stagioni (…) si sciolse amabilmente nella quotidiana e assuefatta delibazione di immagini luminose estive e cosmiche”. (Lettera ad Achille Neri, figlio di Dario Neri, dell’11 luglio 1996).
In occasione del suo ottantesimo compleanno (1994), il Comune di Pienza conferì a Luzi la cittadinanza onoraria. In segno di riconoscenza, l’illustre concittadino donò alla comunità parte della sua biblioteca e del suo archivio, un patrimonio eccezionale per la cui valorizzazione e fruizione il Comune realizzò il Centro studi Mario Luzi “La Barca”, inaugurato nel giugno del ’99, che porta il nome della prima raccolta di poesie, pubblicata nel 1935.
Nel 2001 lo stesso Comune, con la collaborazione della Regione Toscana, acquistò sul mercato antiquario la preziosa raccolta (circa 130 pagine), che si credeva perduta, di poesie manoscritte e dattiloscritte inviate da Luzi all’editore Guanda proprio nel ’35, per quella pubblicazione.
Il centro “La Barca” costituisce un punto di riferimento di importanza internazionale per gli studi su Mario Luzi ed è a sua volta propulsore di ricerche ed approfondimenti.
Mario Luzi ha dedicato a Pienza, non solo nei suoi componimenti poetici, parole veramente straordinarie, descrivendo la città ed il territorio con elegante asciuttezza, con una precisione che appare millimetrica, senza alcuna retorica, ma non per questo con meno passione, ammirazione, affetto. Espressioni che rendono ancora più chiaro il legame con i quadri di Dario Neri.
“Pienza, meta da tanti anni dei miei soggiorni estivi. Fra me e questo luogo c’è una simbiosi tutta immaginativa più che esistenziale. Ma questo appuntamento mi sostiene durante gli sconforti dell’anno; penso, quando sono a Firenze o altrove, che c’è questo posto in cui posso riconoscermi e ne ricevo forza”.
“Tutto mi chiama qui perché qui siamo al massimo della solitudine, ma anche dell’opportunità più autentica di colloquio”.
“E ancora … un silenzio “non silenzioso”, in quanto voce e linguaggio della natura, dell’universo. (…) Così, nella mia nicchia di solitudine (…) l’animo elabora anche una nostalgia dei propri simili, del contatto con il mondo degli uomini: perché è nella separatezza che viene rivalutata la totalità”.
“A noi suoi fedeli Pienza rimane nel pensiero, presente anche quando ne siamo lontani (…), il luogo dove non succede niente perché tutto è accaduto ed entrato per sempre in un ordine inalterabile”.
“In realtà Pienza è il più bel paradigma per capire quante cose accadono là dove si dice che non accade nulla. E’ infatti nuda, scandita nei sui tempi e nelle sue necessarie vicende, è di scena la vita tale e quale; e anzi non è per nulla di scena, non ha bisogno di palco né di ribalta, opera senza clamore in profondità, impone le sue leggi e vi obbedisce lei stessa. Pienza insomma quale frutto squisito della cultura, è una continua lezione di naturalezza e di verità. Mi mancherebbe fieramente se mi fosse impedito di venirci di tanto in tanto”.
Estratti dall’opera di Mario Luzi
DALLA TORRE
Questa terra grigia lisciata dal vento nei suoi dossi
nella sua cavalcata verso il mare,
nella sua ressa d’armento sotto i gioghi
e i contrafforti dell’interno, vista
nel capogiro degli spalti, fila
luce, fila anni luce misteriosi,
fila un solo destino in molte guise,
dice: ”guardami sono la tua stella”
e in quell’attimo punge più profonda
il cuore la spina della vita.
Questa terra toscana brulla e tersa
ove corre il pensiero di chi resta
o cresciuto da lei se ne allontana.
Da Dal fondo delle campagne, 1965
Frammento NEL MUSEO
Prima una terra terrosa
poi un’altra, no, la stessa
improvvisamente ultraterrena.
Sono io in lei e la guardo
nella sua gibbosità, la guardo
perdutamente a Montepulciano e a Pienza
o è lei in me
ferma, tutt’uno col ricordo
e ben oltre di esso, tutt’uno con chi sa
che indefettibile sostanza?
E poi
quel suo profilo
senza limite o riposo
brucia, sì, ma cosa –
la sua planetaria solitudine
o la mia consumata reminiscenza?
o niente, annullati l’uno e l’altra;
lei e io, equiparati a zero
da una celestiale algebra…
Da Per il battesimo dei nostri frammenti, 1978-1984
Nota biografica di Dario Neri
Dario Neri nasce il 22 maggio del 1895 a Vescovado di Murlo da Paolo Neri e da Gioconda Bandini.
Nel 1913 si iscrive all’Istituto Tecnico per diventare ingegnere ma poi inizia a frequentare la Scuola Fiorentina di Pittura di Giuseppe Rossi.
L’anno successivo ottiene l’abilitazione all’insegnamento del disegno e si arruola volontario nel III Reggimento del Genio Telegrafisti.
A Bologna nel 1918 espone per la prima volta le sue opere nella Mostra a Beneficio degli Artisti Profughi e Soldati del Fronte. Congedato con il grado di tenente, nel capoluogo emiliano inizia a frequentare Adolfo De Carolis e, sotto la sua guida, riprende a dipingere e sperimenta l’incisione e la decorazione murale.
Nel 1920 tiene la sua prima personale al Circolo Artistico di Siena e partecipa alla Mostra degli Amatori e Cultori d’Arte a Roma.
Tra il 1921 e il 1924 è presente con le sue opere alle principali esposizioni del centro Italia.
Alla Mostra Arti Decorative a Monza, di cui è segretario organizzatore per la sezione senese, espone dei mobili in acero bianco.
Nel 1926 si occupa della grafica della rivista “La Diana”, realizzando copertine e illustrazioni. Nello stesso anno disegna le monture della Contrada dell’Onda e partecipa alla Mostra degli artisti senesi a Napoli.
L’anno successivo è presente alla XCIII Esposizione degli Amatori e Cultori d’Arte e alla Mostra della xilografia toscana che si tengono a Roma e alla II Mostra Internazionale della Incisione Moderna a Firenze.
Nel 1928 partecipa alla I Mostra d’Arte Toscana a Firenze e viene invitato alla III Esposizione Internazionale di incisione sul legno a Parigi.
L’anno successivo sposa Matilde Sclavo.
Nel 1932, in qualità di Fiduciario Fascista Artisti Toscani della sezione di Siena, organizza la II Mostra senese. Lo stesso anno è invitato come incisore alla XVIII Biennale di Venezia, a cui parteciperà anche nella successiva edizione.
Fino al 1934 è presente a varie esposizioni, tra cui la Mostra Grafica Italiana a Praga e Bruxelles e a varie Sindacali.
Divenuto procuratore dell’Istituto Sieroterapico e Vaccinogeno Sclavo di Siena, per circa dieci anni si occupa principalmente dell’amministrazione e della crescita commerciale dell’azienda che, con grande acume manageriale, riesce a portare ai vertici del settore.
Tale impegno lo allontana dall’attività artistica e lo costringe ad abbandonare l’incisione. Nei pochi momenti liberi si dedica principalmente alla pittura di paesaggio, tuttavia continua a inviare le sue opere alle principali esposizioni nazionali e internazionali: II Quadriennale d’Arte Nazionale di Roma (1935), Mostra dell’Incisione Italiana a Riga (1935), XX Biennale di Venezia (1936), Mostra d’Arte Italiana a Berlino (1937), Mostra del Bianco e Nero a Bucarest, Sfia, Ankara, Instanbul, Atene (1937), all’Exposition de Graveurs Italiens Contemporains a Ginevra (1937), Mostra del Paesaggio Italiano che si tiene nel 1938 in Polonia e nei Paesi Baltici, XXI Biennale di Venezia (1938).
Nel 1938 ottiene l’incarico di commissario prefettizio del Comune di Murlo e l’anno successivo quello di Direttore dell’Istituto d’Arte di Siena. Nello stesso periodo entra a far parte della Consulta Municipale per le Belle Arti, della Commissione Edilizia e Presiede la Commissione Provinciale per la Tutela del Paesaggio.
Tra il 1944 e il 1945 lascia l’incarico di amministratore dell’Istituto Achille Sclavo e torna a dedicarsi a quello che ritiene “il valore più alto più fra tutti”: l’arte.
Lo stesso anno rileva il nome della Casa Editrice Electa di Firenze, specializzata in testi giuridici, e la finalizza all’edizione di libri d’arte.
Nel 1951 entra a far parte della Deputazione Amministratrice del Monte dei Paschi di Siena e viene nominato Accademico Residente dell’Accademia delle Arti del Disegno di Firenze.
Dal 1937 al 1952 ricopre la carica di Capitano della Contrada dell’Onda per la quale ottiene la vittoria del Palio del 2 luglio del 1950 e cura la realizzazione delle monture. Nel 1954 ottiene il “Mangia d’Oro”.
Muore improvvisamente a Milano nel 1958.
Nota biografica di Mario Luzi
Mario Luzi (Castello, Firenze 1914 – 2005). Dopo gli studi ginnasiali al Tolomei di Siena, rientra a Firenze al liceo Galileo, dove si dedica a letture formative e studia la filosofia, in particolare Sant’Agostino. Scrive i primi versi pubblicati su una rivista studentesca, “Il feroce”. Nel novembre del 1932 si iscrive a Giurisprudenza per poi passare a Lettere.
Frequenta gli amici Romano Bilenchi, Alessandro Parronchi, Carlo Betocchi e Ottone Rosai. Collabora a varie riviste fiorentine: “Il Frontespizio” e “Letteratura”. Nell’autunno del 1935 esce per Guanda la sua prima raccolta di poesie, La barca. Nel 1936, dopo la laurea, intraprende la carriera di insegnante. A Firenze frequenta il caffè delle Giubbe Rosse dove incontra Montale, Palazzeschi, Gatto, Landolfi, Bonsanti e Vittorini. Nel 1940 pubblica per Vallecchi, Avvento notturno. Dopo la guerra, insegna al Liceo scientifico Leonardo Da Vinci, per poi passare, nel 1955, alla Facoltà di Scienze Politiche dove insegna lingua e letteratura francese.
Ottiene importanti riconoscimenti (Premi “Marzotto”e “Carducci”). Viene chiamato da Carlo Bo, a tenere un corso di letteratura comparata all’Università di Urbino. Contemporaneamente comincia l’attività di drammaturgo in versi: Ipazia, Rosales, Il fiore del dolore, Felicità turbate e lavora come traduttore. Dal 1972 vive nell’attico di via Bellariva, e intanto trascorre le estati a Pienza, nel Seminario Vescovile, ospite di don Fernaldo Flori, con il quale stringe un’amicizia di straordinaria intensità culturale e spirituale. Con il passare degli anni escono versi sorprendenti per l’alto valore creativo, Al fuoco della controversia (1978), Per il battesimo dei nostri frammenti (1985), Frasi e incisi di un canto salutare (1990).
Candidato ripetutamente al Premio Nobel, è insignito dal Presidente della Repubblica francese Jacques Chirac, della Legion d’Onore. Nel 1994, in occasione del suo ottantesimo compleanno riceve la cittadinanza onoraria di Pienza. Su invito di Papa Giovanni Paolo II per la Pasqua del 1999, scrive il testo poetico La Passione per la Via Crucis al Colosseo.
Nel 1999 pubblica Sotto specie umana e nel 2004 Dottrina dell’estremo principiante.
Nel luglio del 1999 si inaugura a Pienza il Centro studi “La Barca” per la conservazione della biblioteca di Mario Luzi. Il 14 ottobre del 2004 il Presidente della Repubblica, Azeglio Ciampi lo nomina Senatore a Vita.
La mattina del 28 febbraio 2005 si spegne serenamente nella sua cameretta francescana di via Bellariva. Alla sua morte lascia un patrimonio immenso di poesie, testi teatrali, saggi letterari, traduzioni, pubblicazioni di critica d’arte e saggi di alto valore umano e civile.
Dati essenziali sulla mostra
“Dario Neri – Mario Luzi. Il paesaggio stato d’animo”
Pienza, Conservatorio San Carlo Borromeo
Via San Carlo, 6
6 maggio – 5 novembre 2023
Ingresso libero, ad offerta; apertura dal venerdì al lunedì, ore 10.00 – 13.00, 15.00 – 18.00.
Una mostra a cura di
Leonardo Scelfo
realizzata da
Comune di Pienza
con
Fondazione Musei Senesi
in collaborazione con
Centro Studi Mario Luzi “La Barca”
Fondazione Conservatorio San Carlo Borromeo
con il patrocinio di
Regione Toscana
Provincia di Siena
Comune di Siena
Dipartimento di Scienze Storiche e dei Beni Culturali dell’Università di Siena
Sponsor tecnico
Big Ciaccio Arte Assicurazioni
La manifestazione è inserita nell’ambito della
Candidatura di Val di Chiana Capitale della Cultura Italiana 2026
e fa parte delle celebrazioni dei vent’anni di Fondazione Musei Senesi
Segreteria organizzativa
Mattia Barana ed Elisa Bruttini, Fondazione Musei Senesi
Progetto grafico della mostra
Serena Fineschi, Idem Adv
Ufficio stampa
Diego Mancuso
Voce narrante
Lorenzo Bastida
Allestimento
Fausto Formichi
Assicurazioni
Lloyd’s
Trasporti
Arternativa
Comune di Pienza
Progetto didattico
Marina Giordano e Marta Gorini, Elicona Servizi Culturali
Catalogo
Nuova Immagine Editrice
a cura di
Leonardo Scelfo
Copertina
Serena Fineschi, Idem Adv
Progetto grafico catalogo
Nuova Immagine Editrice; Alessandro Bellucci
Testi
Paolo Neri, Alfiero Petreni, Luca Quattrocchi, Leonardo Scelfo
Prestiti
Banca Monte dei Paschi di Siena
Biblioteca Comunale degli Intronati di Siena
Comune di Montepulciano – Museo Civico Pinacoteca Crociani
Contrada Capitana dell’Onda
Ispettorato Territoriale del Lavoro di Siena
Paolo Neri
Eugenio, Laura e Ranuccio Neri
Tutti i collezionisti privati: Sandro Bagnoli, Maria Cristina Bardelli, Marcello Bianchi, Emilio Giannelli, Fiamma Cardini, Ettore Pellegrini, Antonella Tognazzi
Il restauro del dipinto “L’artigianato campestre del territorio senese” è stato condotto da
Luca Antonelli
sotto la supervisione di
Letizia Nesi – Soprintendenza Archeologia, Belle Arti e Paesaggio per le province di Siena, Arezzo e Grosseto
Schede conservative
Mary Lippi
Documentazione video
In Toscana. Un viaggio in versi con Mario Luzi di Marco Marchi, regia Antonio Bartoli e Silvia Folchi, courtesy Silvia Folchi
La trebbiatura, regia di Dario Neri, courtesy Comune di Buonconvento, Museo della Mezzadria