Un gioco di anime sospese

SIENA. Un improbabile Otto Gross, psichiatra e predicatore della più assoluta amoralità, azzeccatissimo con la faccia dell’attore Vincent Cassel, sembra far scomparire le ultime reticenze di Jung a passare il Rubicone e a lasciarsi andare alla passione con la sua paziente e collega Sabine Spielrein, una ragazza ebrea ricca di talento e con una vita emozionale intensa e travagliata a causa di una cattiva relazione con il padre.
La pellicola con un cast di nomi che vanno da Michael Fassbender – vincitore della Coppa Volpi alla 68a Mostra d’Arte Cinematografica di Venezia con il Film Shame di Steve Mac Quinn – a Keira Knightley, fino a Viggo Mortensen e Vincent Cassel, nonostante fosse una fra le preferite prima delle proiezioni veneziane non ha avuto l’accoglienza che ci si aspettava. Questo probabilmente anche i ricordo del Film di Roberto Faenza dal titolo Prendimi l’anima, che narra la stessa vicenda dei due amanti della psicoanalisi.
Troppi temi toccati e poi lasciati in sospeso, troppe fantasie incastonate ad episodi reali e troppo in sottofondo la morte di Sabine della quale non sapremo probabilmente nulla se Aldo Carotenuto, uno dei più grandi psicoanalisti del nostro secolo non avesse ritrovato i diari e pubblicati nel volume: Storia di una segreta simmetria.
Sabine rappresentava l’anima di Jung e Jung rappresentava l’animus di Sabine, una simmetria che non è dato facilmente trovare nella vita ma che nella quotidianità si rivela impossibile da vivere.
Cronenberg fa riferimento nella pellicola alle sensazioni che Jung riusciva a percepire e ce lo mostra in discussione con Freud, all’inizio suo Maestro e successivamente suo rivale, mentre predice uno scricchiolio di una libreria dovuto a suo dire alle tensioni che animavano la discussione. Il tema non è stato poi approfondito ed ha invece rappresentato un punto di grande interesse nella teoria Junghiana, così come lo era la simmetria con Sabine tanto che lo psicoanalista svizzero quando ella muore pur essendo a una distanza improbabile, riesce a comprenderlo, episodio totalmente trascurato da Cronenberg che mette grande cura nelle scene, nei costumi ma che ha il limite di azzurrare troppo la vicenda amorosa con uno Jung che persevera il disturbo di Sabine e la frusta per farle provare piacere e con un Freud che appare troppo impeccabile per poter poi elaborare le teorie sulla Libido di cui è stato padre assoluto ed indiscusso.
Un trio da vedere comunque se non altro per sapere che molte delle idee di cui Freud e Jung si sono serviti nella loro ricerca erano di Sabine, una grande mente investita da emozioni irruente e più grandi di lei.