In scena alcuni brani tratti dalle opere più espressive
BAGNO VIGNONI. La Fondazione Luciano Bianciardi e la rassegna “Gli Ammazzacaffè” (Cene Spettacolo a Bagno Vignoni) presentano “Luciano Bianciardi”, reading musicale tratto e ispirato dall’opera del ribelle scrittore maremmano che, a quarant’anni dalla sua scomparsa, continua a pungolare vecchi e nuovi lettori. Lo spettacolo, interpretato da Emanuele Bocci e accompagnato dalle musiche originali scritte ed eseguite dal vivo dal musicista Andrea “Atreio” Marcucci, mette in scena alcuni brani tratti dalle opere più espressive di Bianciardi: “la vita agra”, “aprire il fuoco”, “l’integrazione”, “da quarto a torino”, “daghela avanti un passo” e “il convitato di vetro”. L’appuntamento è per giovedì (15 settembre) alle ore 20 al Ristorante la Terrazza.
Nato a Grossseto nel 1922, Luciano Bianciardi è sin da piccolo lettore accanito, studia il violoncello e si dedica all’apprendimento delle lingue straniere. Nel 1940 consegue la maturità classica e inizia a frequentare la Facoltà di Lettere e Filosofia dell’Università di Pisa. Nel 1945 s’iscrive al Partito d’Azione e nel febbraio del 1948 si laurea con una tesi su John Dewey. Smessa l’attività di insegnante e bibliotecario nella sua città, nel 1954 si trasferisce a Milano per diventare redattore della nascitura casa editrice Feltrinelli. Insofferente alla disciplina aziendale viene licenziato nel 1957 quando inizia una vita di stenti, sostenendosi principalmente con il suo lavoro di traduttore dall’inglese.
L’opera di Bianciardi trova la sua espressione più compiuta nella trilogia formata da “Il lavoro culturale” (1957), “L’integrazione” (1960) e “La vita agra” (1962) che secondo Goffredo Fofi costituiscono “le tre parti di un unicum: un romanzo, un’autobiografia, un pamphlet, o le tre cose insieme, sull’Italia del tempo”. “La vita agra”, uno dei libri fondamentali di quegli anni, è portato sul grande schermo nel ‘64 da Carlo Lizzani e descrive il periodo del boom con pungente cattiveria, disegnando il ritratto d’un paese alla trafelata ricerca del benessere e di una città, Milano, fin angosciante “nella sua vocazione all’alienazione produttiva costi quel che costi, a un insensato correre”.Contrario ad accettare compromessi con la cultura del tempo, si chiude in se stesso e imbocca la via dell’alcool che lo condurrà alla morte nel 1971.
Nato a Grossseto nel 1922, Luciano Bianciardi è sin da piccolo lettore accanito, studia il violoncello e si dedica all’apprendimento delle lingue straniere. Nel 1940 consegue la maturità classica e inizia a frequentare la Facoltà di Lettere e Filosofia dell’Università di Pisa. Nel 1945 s’iscrive al Partito d’Azione e nel febbraio del 1948 si laurea con una tesi su John Dewey. Smessa l’attività di insegnante e bibliotecario nella sua città, nel 1954 si trasferisce a Milano per diventare redattore della nascitura casa editrice Feltrinelli. Insofferente alla disciplina aziendale viene licenziato nel 1957 quando inizia una vita di stenti, sostenendosi principalmente con il suo lavoro di traduttore dall’inglese.
L’opera di Bianciardi trova la sua espressione più compiuta nella trilogia formata da “Il lavoro culturale” (1957), “L’integrazione” (1960) e “La vita agra” (1962) che secondo Goffredo Fofi costituiscono “le tre parti di un unicum: un romanzo, un’autobiografia, un pamphlet, o le tre cose insieme, sull’Italia del tempo”. “La vita agra”, uno dei libri fondamentali di quegli anni, è portato sul grande schermo nel ‘64 da Carlo Lizzani e descrive il periodo del boom con pungente cattiveria, disegnando il ritratto d’un paese alla trafelata ricerca del benessere e di una città, Milano, fin angosciante “nella sua vocazione all’alienazione produttiva costi quel che costi, a un insensato correre”.Contrario ad accettare compromessi con la cultura del tempo, si chiude in se stesso e imbocca la via dell’alcool che lo condurrà alla morte nel 1971.