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Torrita di Siena nel 1200 e 1300 e le scintille con Montepulciano

di Augusto Codogno

TORRITA DI SIENA. La località di Torrita era già nota agli inizi dell’anno Mille. Compare in un antichissimo documento (placito) del novembre 1037 (carte di S. Salvatore Montamiata) dove si parla della Pieve di San Costanzo e di quella di Montefollonico. In particolare viene esplicitato che questo edificio di culto era poco fuori dal borgo in località “Scanello”, oggi identificato con i poderi “Scianellone e Scianellino”. Sorse con molta probabilità dallo smembramento del territorio appartenente al Battistero di S. Chiesa Madre dell’Amorosa.

Fino ai primi anni del 1200 Torrita fece parte della proprietà feudale di Gualfredo de Valle e nell’agosto del 1210 venne concessa dall’Imperatore Ottone IV ai fratelli Spadacorta, Gualcarino, Gualfredi e Ubertino Cacciaconti insieme ad altri castelli (Ripa, Fratta e Bettolle). Il Comune di Siena nel frattempo andava espandendosi e la sua potenza economica ingrandendosi. Fu così che cominciò un braccio di ferro durato molti secoli per annettersi la val di Chiana ed in particolare Montepulciano, con numerosi episodi bellici e guerre. Montepulciano, lottando sempre per una propria autonomia, non aveva da sola la forza necessaria per combattere la potenza senese e ricorse spesso ad alleanza con altre città che volevano comprimere l’espansione di Siena, sopra tutte Orvieto, Perugia e Firenze.

Torrita, piegata quasi subito dalla forza di Siena (e giurata ad essa la propria fedeltà), si ritrovò volente o nolente in mezzo a tutti questi scontri, subendo gli attacchi poliziani e sopportando le varie e ripetute fortificazioni (e conseguenti presenze militari) dei senesi che consideravano questo castello come un avamposto fortificato di enorme importanza strategica. Fu così anche nel 1232, quando Firenze e Siena si scontrarono nuovamente per Montepulciano. Una grossa parte delle truppe senesi mosse da Torrita e si ricongiunse con un altro contingente proveniente dalla Val d’Orcia. Dopo tre giorni di dura battaglia i fiorentini ed i montepulcianesi furono sconfitti ed il 16 ottobre 1232 la rocca di Montepulciano fu distrutta e le sue mura furono rase al suolo. Nel luglio 1233, Ubertino Cacciaconti, in qualità di “rettore” del castello di Torrita”, giurò insieme ai due consoli di Monticchiello di obbedire agli ordini di Guglielmo Amati, potestà di Siena. Fu un solenne impegno a non aiutare i cavalieri fuoriusciti da Montepulciano e a non dare asilo, accoglienza e assistenza alle loro donne e ai loro bambini. L’atto del giuramento avvenne proprio nella chiesa di S. Flora a Torrita. A metà del XIII secolo la fedeltà di Torrita a Siena era già conclamata, tanto che il governo senese permetteva ai torritesi di tenere un Potestà in modo permanente e con pieni poteri. Qualche anno dopo, un contingente armato di Torrita partecipò con successo alla famosa “battaglia di Monteaperti” a fianco dei vincenti.

Nel 1267 era scoppiata in Siena una rivolta tra i cosiddetti “popolari” e il “magistrato dei sessanta”. Dopo un feroce combattimento, i favorevoli al Magistrato, tra cui molti di Casa Tolomei, Salimbeni, Piccolomini, Accarigi, insieme al Capitano del Popolo M. Inghirano furono costretti a fuggire e vennero dichiarati “ribelli e nemici della Patria”. Questi fuoriusciti, ormai banditi, si unirono ad altri fuoriusciti guelfi, agli Orvietani ed ai Conti Aldobrandeschi e cominciarono a fare scorrerie per il contado senese conquistando Montepulciano, Torrita e Menzano. Ancora una volta Torrita subì molti danneggiamenti e vendette, soprattutto dai vicini montepulcianesi.

Forse è da questi primi accadimenti che cominciò la rivalità tra questi due castelli che spesso si ritrovarono a combattere in fronti opposti e quindi da nemici. E mentre Montepulciano cercò innumerevoli volte di allontanarsi dal dominio senese, chiedendo ora l’aiuto di Perugia, ora di Orvieto, ora di Firenze, ora trasformandosi in Signoria, Torrita rimase sempre dalla parte di Siena. E i senesi avevano sempre avuto a cuore i torritesi perché costituivano un avamposto sicuro in Val di Chiana, un rifugio fortificato, un castello di frontiera su cui poter contare. Da un documento del 1278 (ASS, Archivio delle Riformagioni, agosto 1278), sappiamo ad esempio che, le varie truppe senesi sparse per il controllo della Val di Chiana, al minimo sospetto, timore, sommossa o ribellione, avevano l’ordine perentorio di ridursi in guarnigione dentro al castello di Torrita. Nel frattempo Montepulciano era addivenuta nelle mani dei senesi, ma nel 1280 si era ribellata alleandosi con il Comune di Perugia. Fu allora che Siena rifornì immediatamente Torrita di uomini e cavalli e i torritesi furono costretti a subire ripetuti attacchi. Agli inizi del XIV secolo Montepulciano era definitivamente sotto il dominio senese, ma il desiderio di autonomia della Signoria poliziana era ancora fortemente radicato.

Nel 1322 a causa di sovvertimenti che sconvolsero Siena, Deo di Messer Guccio Tolomei (guelfo) organizzò delle bande armate che sconvolsero questi territori. Stavolta fu aiutato dai fiorentini che gli prestarono trecento cavalieri ed in breve conquistò Sinalunga, Rigomagno e Torrita: E poi cavalcò in più parti del contado, facendo danno e ardendo, e guastando, e cavalcò Torranieri, e prese prigioni, e prede, e ardè case; e poi cavalcò per Valdorcia, e arse il Borgo a Vignone, e molte altre case per Valdorcia; e tenne Asinalonga e Torrita infino al 16. di Settembre, che seguitò…”.

Quanto Torrita fosse fedele al Tolomei non è dato saperlo, ma fatto sta che fu messa sotto assedio dai senesi per non volersi arrendere e, dopo alcuni mesi, lo fece per mancanza di provviste. Siena allora ne fece abbattere le mura e questo fu uno dei pochissimi episodi che vide Siena e Torrita rivali. Le ritorsioni però non durarono che una ventina d’anni, poi la frattura fu risanata e Siena si convinse a ricostruire la cinta muraria intorno al 1352. La città di Perugia, strizzando l’occhio ai montepulcianesi, andava sempre più esercitando in Val di Chiana una notevole pressione militare e ben presto passò all’azione conquistando Monte San Savino, Lucignano e Foiano. Nel frattempo Montepulciano aveva distrutto alcune rocche senesi ed attaccato anche Torrita. Nonostante Siena e Perugia fossero formalmente entrambe “guelfe” ed ancora ufficialmente alleate, fu subito guerra e nel 1358 esplose nella sua totalità. L’epicentro dei combattimenti più aspri fu guarda caso a Torrita e a Cortona, località che subirono l’assedio.

La “battaglia di Torrita”

Dagli “Annales Senenses ovvero “Cronache di Neri di Donato da Siena dal 1352 al 1381” pubblicate in Rerum Italicarum Scriptores a cura di L. A. Muratori, Tomo XV da pag. 158): Sanesi fero grande esercito di gente a piè e a cavallo e soldaro (assoldarono) per loro Capitano di Guerra Anechino di Bongardo con 800 cavalli e 400 fanti, il quale scrisse sua gente a Staggia, e soldaro molti Ongari (Ungari)…”. I Senesi riconquistarono Cortona, ma i Perugini si spostarono su Torrita e la assediano facendo grossi danni ed infine conquistandola. Poi cominciano a fare scorrerie nel Contado Senese: Sanesi veduto quello, che i Perugini aveano fatto a Torrita e in altri in quel di Siena d’ardare (bruciare), e altri danni grandissimi, fero loro sforzo, e cavalcoro per lo Contado di Perugia infino all’ Olmo presso a Perugia a tre miglia, ardendo e guastando ciò che potero, e presero molte fortezze e villate; e presero la Badia al Petrojo presso a Montepulciano nel Contado di Perugia; e presela Anichino colle sue genti, e ebbe dal Comuno di Siena perciò fiorini 500 d’oro. E poi tutte le genti del Comuno di Siena andaro a campo a Monte San Savino”.

Era il 18 marzo 1358 quando il Capitano di Ventura Anichino di Bongardo, per conto di Siena, con il rinforzo di una brigata di ungheresi e unito alle milizie senesi guidate da Nolfo di Urbino, marciò alla volta di Torrita e la espugnò riportandola sotto il dominio di Siena. Il comune di Perugia, a seguito della cocente sconfitta, dopo un estenuante tentativo di mediazione intrapreso invano dalla città di Firenze, preparò la rivincita stipendiando nuovi mercenari e mobilitando tutti i suoi cittadini abili. Le milizie perugine stazionarono nell’accampamento di Gracciano, mentre quelle senesi si accamparono in Torrita. Il 9 aprile i Perugini inviarono nel campo avverso il guanto di sfida che fu accettato dal Bongardo, ma respinto dai comandanti senesi, favorevoli al rinvio della battaglia. Il 10 aprile i Perugini, in numero superiore, circondarono i mercenari e catturarono Anichino, provocando la ritirata delle milizie di Siena che tornarono nel campo torritese. Successivamente, stimando troppo difficile la presa di Torrita, i Perugini inseguirono Senesi in rotta fino alle porte di Siena, dove accadde il famoso episodio delle “catene delle forche di Pecorile”. Nella fuga i Senesi persero 400 prigionieri, 49 stendardi e l’insegna imperiale donata da Carlo V.

Il comune di Perugia volle gratificare tutti i capitani perugini con il titolo di “Cavaliere” ed in particolare quattro alleati Poliziani che si distinsero particolarmente nella battaglia di Torrita: Giovanni e Gherardo del Pecora e i nipoti Bertoldo e Corradino. Ecco che ancora una volta venne alimentato l’odio tra Montepulciano e Torrita.

La battaglia della val di Chiana

Spesso la “battaglia di Torrita” appena descritta, viene confusa con un altrettanto famoso episodio bellico avvenuto sempre nella medesima zona a pochi anni di distanza: la “battaglia della Val di Chiana”. Siamo però nel 1363 e a renderlo famoso contribuì anche un affresco che orna la sala del Mappamondo nel Palazzo Pubblico di Siena, commissionato dai Gonfalonieri della Repubblica a Lippo Vanni per celebrare la vittoria di Siena su una Compagnia di Ventura che tanti danni aveva fatto nel nostro contado: la “Compagnia del Cappello o del Cappelletto”, così chiamata perché durante una battaglia, non essendo stati pagati come da accordi presi da parte del committente, rimasero a guardare lo scontro con il cappello in mano in segno di protesta.

Dalla cronaca del Malavolti sappiamo che il sei ottobre (1363) la Compagnia del Cappello, non essendo riuscita ad estorcere denari alla città di Siena, si era spostata in val di Chiana a far danni in special modo a Torrita. Qui però venne raggiunta dalle truppe Senesi al comando dell’ Orsino e dopo grande battaglia i mercenari ebbero la peggio: “fracassati e vinti a restarne buona parte in preda de’ Sanesi che trovandosi vincitori, per vendicarsi di tanti danni ricevuti, ne fecion grande strage, e gran numero ne fecer prigioni, tra i quali fu il signor Niccolò di Montefeltro Conte d’ Urbino che era generale di quelle genti della Compagnia, con molt’altri Capitani, e con più di trecento huomini d’armi e di mille pedoni che furono menati a Siena, legati, strascinando le lor bandiere…”.

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