Storie dalla guerra che pose fine alla libertà senese
SIENA. La storia che vi racconterò oggi è ambientata nell’ultima guerra di Siena (1553-1555). Questa guerra sancì la definitiva sconfitta della nostra Repubblica nei confronti dell’Esercito imperiale di Carlo V e di quello fiorentino di Cosimo dei Medici. In realtà, anche dopo la resa, Siena mantenne il dominio di una parte del suo territorio spostando la sede del suo Governo ed appellandosi “Repubblica di Siena rifugiata in Montalcino”, ma nel 1559 anche le ultime resistenze ebbero fine. Tradita da un falso trattato di pace e senza gli aiuti promessi (ma mai arrivati) da parte del Re di Francia, l’ultima Repubblica italiana perdeva definitivamente la sua autonomia entrando forzatamente a far parte del granducato di Toscana voluto dai Medici.
Le truppe senesi guidate da Piero Strozzi, avevano tenuto in scacco quelle imperiali per molto tempo, ma nell’Agosto del 1554, un fatto importante fece pendere definitivamente le sorti della guerra in favore dei Fiorentini e cominciò di fatto l’assedio sempre più stringente alla città di Siena. Questo accadimento fu la “Battaglia di Marciano”, nella Valdichiana, passata alla storia come “Battaglia di Scannagallo”. Era il 2 Agosto 1554.
L’esercito Imperiale, con forte presenza di soldati spagnoli prestati da Carlo V a Cosimo dei Medici era invece guidato da un altro membro della famiglia Medici e precisamente da Gian Giacomo Medici che fu poi detto Marchese di Marignano. Cominciò in questo periodo a stringersi intorno alla città il cordone imperiale che dapprima cercò di tagliare tutte le vie per le quali giungevano a Siena i rifornimenti alimentari, conquistando tutte le fortificazioni lungo i percorsi principali e soprattutto la Cassia (vedi Cuna, Monteroni, San Fabiano e Lucignano) bloccando di fatto l’asse Siena-Montalcino dal quale arrivavano la maggior parte degli aiuti alimentari ed isolando di fatto lo Strozzi al di sotto di Buonconvento. La parte a nord era già saldamente in mano dei fiorentini che avevano già preso (forse per tradimento), il castello di Monteriggioni ed avevano il loro campo addirittura fuori Porta Camollia, nei pressi di Palazzo Diavoli, così come la parte verso la maremma dove avevano bloccato gli aiuti prendendo come caposaldo il Monastero di Costalpino ed il Castello di Belcaro.
Tuttavia Siena resisteva e nonostante i bombardamenti (soprattutto dal colle di Ravacciano) e vari tentativi di invasione, di cui uno importantissimo tentato “in notturna”, di entrare in città con la forza delle armi non se ne parlava proprio. Dopo questa disfatta il Comando delle truppe senesi di città fu affidato ad un capitano francese ed a lui furono dati speciali poteri: Biagio di Montluc. In quel tempo, gli “Otto di Reggimento sopra la Guerra”, erano una commissione governativa per le faccende militari che rappresentava il massimo potere politico. Essi decisero di creare una nuova magistratura: “I Quattro cittadini per distribuzione di Monte, per cavare dalla Città tutte le bocche disutili”. Secondo consuetudini spietate dell’ “Arte della guerra”, erano considerate tali tutte quelle persone che per la loro condizione (poveri, stranieri, contadini, rifugiati, prostitute ecc….), risultavano superflue, inutili o addirittura dannose, in quanto solo bocche in più da sfamare. E allora diventava inevitabile che nei casi di assedio totale, per proseguire le ostilità che si facesse di tutto per allontanarle dalla città. Anche il maresciallo Piero Strozzi, dopo la sconfitta di Marciano fu sempre un inflessibile sostenitore della necessità di espellere da Siena 7.000 “bocche disutili”, come principale rimedio per salvare la città, dove si stimava vi fossero circa 24.000 persone da sfamare.
Come ci racconta il Sozzini (Diario 4,5 e 6 Agosto 1554): “Subito che fu rotto il campo, il Governo creò un Magistrato nuovo, di 4 Cittadini per distribuzione di Monte, per cavare della Città tutte le bocche disutili, tanto contadini che forestieri, dovessero per tutto il 6 di Agosto avere sgombro la città con loro famiglia…”. Questo primo bando non diede i risultati sperati, quindi si decise di farne un altro molto più severo il 21 Agosto. A questo punto si riesce con tantissima difficoltà a fare una grossolana lista di “bocche disutili” e nell’elenco finiscono anche i poveri accolti dall’Ospedale.
Oltre 2.000 persone vengono prese di forza e rinchiuse nel Duomo, ma molti senesi erano contrari. Così organizzarono una sommossa e “aprirno la chiesa e furno subito liberate 2.000 bocche inutili”. La disobbedienza dei senesi in difesa dei loro poveri, affinché non diventassero “bocche inutili” dovette essere molto estesa, perché i governanti scrissero a Piero Strozzi dicendo di non essersi voluti “prevaler intieramente della loro autorità, né del braccio de’ soldati, dubitando d’alteratione” e decidendo di non punire “li trasgressori per rispetto de’ tempi”.
“I Quattro di Reggimento deputati sopra il purgare la Città dele bocche inutili” dovettero emanare il 30 agosto un ulteriore e più repressivo bando. Il 21 Settembre “Entrorno nel Governo li Quattro sopra le bocche disutili, ed esposero qualmente a far tal opera voleva esser un solo, perocchè essi rifiutavano l’offizio, rispetto all’interesse; dove che il Governo, avanti che uscisse di Palazzo, instituì sopra questo carico messer Mario Donati, cavaliere di Rodi, quale con molta diligenza, ed in persona, fece la ricerca per tutte le parrocchie della Città”.
Scrive Biagio di Montluc: “diedi il Rollo a un Cavaliero di Malta, accompagnato da vinticinque o trenta soldati, per metterli fuori; il che fu fatto dentro tre giorni dopo ch’io ebbi dato il Rollo….Io vi dico che il Rollo delle bocche inutili faceva la somma di quattro mila quattrocento o più”. Mario Donati era al tempo il Commendatore della Magione di S. Pietro in Camollia. Il 22 Settembre “uscirno della Città, sonata la prima ora di notte, infra uomini e donne, circa mille bocche disutili, con bonissima scorta di fantaria”.
Questa uscita però finì male perché, arrivati “vicino all’Arbia, caddero alcune bestie dinanzi in certi fossi per disgrazia e fecero strepitio: quelli che erano alla retroguardia dubitorno di qualche imboscata delli nemici, e volsero fuggire”.
Il 24 Settembre ì detto, circa le tre ore di notte, uscirno a Porta San Marco circa 200 bocche disutili, con la scorta di 100 soldati: si derno in un grosso corpo di guardia, e non poterno passare; e la mattina erano tutti intorno a detta Porta, e non furno lassati entrare se non i soldati”.
Il 4 Ottobre “ fu deliberato per il Governo, a richiesta del signor Piero, che il Rettore dello Spedale della Scala mandasse fuora della Città 700 bocche, per valersi di 500 moggia di gran…e che nel detto Spedale rimanesse solo gl’infermi, e gli famigli che li servivono , e le balie con li putti; e tutto il resto si mandasse fuore, con promissione di darli bonissima guardia per lor sicurezza fino fuor del pericolo”.
Era in quel tempo Rettore dell’Ospedale Santa Maria della Scala Scipione di Mariano Venturi che fu costretto a scrivere una lettera al Marchese di Marignano per poter cavare sicuramente dalla città, come bocche disutili, i fanciulli dell’Ospedale.
Il 5 OTTOBRE 1554 avvenne uno dei fatti più drammatici perché “ uscirno a Porta Fontebranda circa 250 putti dello Spedale grande dalli sei fino alli dieci anni, tutti in barcelle e cestarelle, con la scorta di quattro compagnie…. Si accompagnorno con detti putti molti uomini e donne della Città, che avevano avuto precetto di partire; e avevano carico, infra muli, asini e cavalli, intorno alle 100 bestie. Salite che furno alla Piazza a Casciano, un miglio lontano da Siena, si derno in una imboscata… la mattina erano tutti fuora Porta di Fontebranda (a dove si fa l’anno il mercato de’ porci), tutti a diacere per terra, con grandissime strida e lamenti. Era la più grande compassione a veder quei putti svaligiati, feriti e percossi in terra a diacere, che averiano fatto piangere un Nerone: ed io averei pagati 25 scudi a non gli aver visti; che per tre giorni non possevo mangiare né bere che pro’ mi facesse….Fu giudicato che lo Spedale avesse perso in questa rotta, infra bestie da some e robe particolari ancora più di 2.000 scudi d’oro. Per la qual cosa messer Scipione Venturi, a quel tempo Rettore dello Spedale, andò a dolersi con il signor Piero: e gli disse a buona cera, ma con le lacrime agli occhi, che se sua Signoria non apriva una porta sicura, che non ne voleva più cavar nessuno, e gli voleva governar qua dentro, mentre aveva del pane: e che di questo sua Signoria se ne risolvesse in ogni modo: e senza aspettar risposta se ne partì”.
Il 31 Ottobre altri bambini dell’Ospedale furono cacciati da Porta S. Viene come bocche disutili (dai 10 ai 15 anni di età), “ con lor sajoni, calze e scarpe, con una canna in mano per uno…, e gli indirizzavano alla Grancia delle Serre a Rapolano, quali uscirono tutti piangendo. Il dì detto, circa a mezzogiorno, tornorno tutti li sopraddetti putti, ed entrorno alla detta Porta, tutti scalzi e in camicia, con la lor canna in mano; e dissero che erano stati svaligiati da Santa Reina, né gli volsero lassar passare più avanti”.
Il 24 Febbraio 1555 vennero cacciate altre 400 bocche inutili da Porta Camollia, ma stavolta gli Spagnoli ne ebbero compassione.
Fu l’ultima uscita perché il 21 Aprile 1555 Siena firmò la capitolazione.