Due diverse entrate con lo stesso nome
di Augusto Codogno
SIENA. Per Porta di San Prospero, si intesero nel tempo due diverse entrate: una più antica che era ubicata nelle vecchie mura vicino al Monastero femminile omonimo ed una più moderna (post 1560), che si apriva nel tratto della cinta muraria più esterna che dalla Basilica di San Domenico, tagliando dalla cosiddetta “valle del rastrello” andava a congiungersi al bastione più a sud della Fortezza Medicea. Quest’ ultima, scomparsa come anche il tratto di mura, era ubicata per intenderci vicino a quella che oggi noi senesi chiamiamo “edicola di S. Prospero”, a poca distanza dalla statua di Santa Caterina, dove è il parcheggio dello stadio. Proprio vicino all’edicola oggi bar infatti, dal profondo della valle, si vedono ancora le mura che provengono da San Domenico e che qui si interrompono improvvisamente. Una volta, esse attraversavano la strada andando ad incontrare la fortezza dall’altra parte. Questo pezzo mancante, era ancora esistente agli inizi del secolo scorso, come testimoniano alcune vecchissime fotografie.
La porta più antica invece, si apriva sul tratto di mura precedente al XIII secolo che, da Porta Pescaia (di Fontegiusta), si dirigeva lungo l’orto dei Belanti (attuale Vicolo del Romitorio) e veniva pressoché rettilineo lungo l’odierna via della Lizza, fino ad incontrare il Castellare dei Malavolti, oggi Piazza della Posta. Per capire la sua precisa ubicazione dobbiamo tener conto degli antiche fonti scritte che ce ne parlano, a partire dal 1200. Sappiamo intanto che la nostra porta era nei pressi del Convento femminile di San Prospero (Ordine Camaldolese) presso la chiesa che portava lo stesso nome.
La chiesa di San Prospero, citata nei regesti fin dal 1093 (ma anche nel 1148 e 1181 vedi V. Passeri), fu in parte antico patronato del nobile Ranieri da Paterno e di donna Adalasia sua consorte e, come citano queste fonti, era ubicata quasi sulle mura della città. Fu distrutta nel 1231 dagli stessi senesi e ricostruita pochi anni dopo a poca distanza dalla prima. Sempre accanto a questa chiesa venne costruito il Monastero femminile di S. Prospero, dove le suore cominciarono a dimorare almeno fin dal 1262. Una importante notizia ci giunge dalla “Cronica Senese” di Andrea Dei all’anno 1253, quando “i senesi furono manganeggiati dai Fiorentini che gettarono in Siena un asino alla Porta San Prospero”.
Nel 1267 il Comune pagò tale Simone di Bulgarino 150 lire per sistemare i muri delle “Castellaccia di Camullia, di S. Prospero e di Ovile”.
Secondo Orlando Malavolti (Historia de’ fatti e guerre de’ Sanesi…), nel 1269, per ragioni difensive, furono fatte murare molte delle 36 porte della città e tra queste anche quella di “Pescaja, San Prospero e Camporegio”. Anche questa collocazione della nostra porta, tra quella di Pescaia a nord e quella di Camporegio (Contrada del Drago) a sud, ci conferma, anche se a grandi linee, la zona d’origine.
Secondo altre notizie (Siena e il suo Territorio di Luigi Lazzeri, ed. 1862, pag. 137), intorno alla fine del 1200, cominciarono ad apparire in Siena artisti valenti: e tra gli architetti che uscirono dalla scuola della famiglia Pisano (Niccolò e Giovanni), fu degno di menzione “un Mino di Simone detto del Volta, che fu capomaestro del Comune, e tra le altre cose, disegnò nel 1298 la porta nuova di San Prospero”.
Secondo le cronache del Tizio, nel 1355 la Porta di San Prospero era custodita dalla Compagnia Militare di S. Vincenzo: “Societatis S. Vincentii ad Portam S. Prosperi, & Portam Piscariae”. Questa Compagnia, che aveva sede nell’antica chiesa e parrocchia di S. Vincenzo e Anastasio, occupava la prima parte della Via di Campansi, poi girava per Piazza Paparoni e rientrava nella Via di Camollia fino alla chiesa di Santo Stefano. Dunque i primi indizi ci porterebbero a collocarla nella zona di Via Gazzani, non lontano da quest’ultima chiesa.
Nel 1368 (Cronache di Agnolo di Tura) si racconta la vicenda di un tumulto contro i “Grandi” di Siena che allora erano al Governo. In quest’ occasione “Malatesta di Rimini Vicario dell’Imperio, volendo entrare in Siena colla sua Gente, e contraddicendoglielo i Grandi, vi fu introdotto dai Salimbeni per un giardino loro da Porta San Prospero…”. Sempre lo stesso episodio è riportato dal Malavolti il quale aggiunge che il Popolo Minuto subito tumultuosamente “pigliò l’arme, e messe dentro (con l’aiuto de’ Salimbeni) per la Porta (che tagliarono) di S. Prospero il Signor Malatesta, con le sue genti Imperiali, e non solamente, poi che hebber combattuto tutto’l giorno de’ 24 di Settembre, con la morte di molti huomini..”
Una pergamena del 1397, (15 Febbraio Fascio XXXIV n.39), nella nostra Biblioteca Comunale, relativa ad una vendita di terreno fatta dalle Monache di San Prospero a tal Michele di Cino rigattiere e a sua moglie Maddalena, ci conferma che la nostra porta era vicino al convento “Monastero di S. Prospero presso la porta della città di Siena di questo nome”. Dunque, basterebbe trovare l’esatta ubicazione del monastero, per sapere quella della porta, ma non è cosa semplice.
Ci sono infatti notizie diverse sia sul luogo dove esso sorgeva, sia sull’anno della sua definitiva distruzione ed anche su chi fu a distruggerlo. Secondo alcuni venne distrutto nel 1526, al tempo della Battaglia di Camollia, secondo altri al tempo della guerra di Siena nel 1554-1555. Per altre notizie sul Monastero di San Prospero potete riguardarvi l’articolo della mia rubrica su “Porta delle Sperandie e il suo Convento”, perché queste monache ad esse furono riunite. Per alcuni storici, questo edificio sorgeva nella zona vicina all’attuale Tribunale, per altri, più vicino a Piazza Gramsci e al castellare dei Malavolti, nei pressi del palazzo del Conte Aldobrandino. Secondo me, dopo aver letto almeno quattro versione diverse, quella che si avvicina più alla possibile verità, rimane quella del Pecci, edita nel 1752 e che, parlando dei nuovi bastioni fortificati, fatti nel 1500 a Siena, ricorda: “de’ quali non pochi se ne vedono ancora, e tra gli altri il maggiore si è quello fuora a sinistra della Porta S. Eugenia, altro a destra della Porta S. Marco, poco fa demolito, altro fuora a destra della Porta Laterina (detto il Sasso), uno quasi a terra rasato fuora a sinistra della Porta Camollia, quello di Porta Giustizia, e l’ultimo fuora della Porta detta lo Sportello di San Prospero, dove è in oggi la Lizza che, nel farvi fabbricare da Don Diego la Cittadella, rimase demolito”.
Se dunque non siamo riusciti con esattezza a sapere la precisa ubicazione di questa porta, sappiamo però dove era nel 1500. Se quella presente nel XVI secolo fosse nello stesso punto di quella del 1200 e cioè si fosse in presenza della stessa, potremmo dire che si trovava in corrispondenza del vicolo che da Via F. Tozzi (La Lizza), porta a Piazza del Sale ed ancora oggi chiamato dai senesi con lo stesso nome.
Lo “Sportello” perciò, era un vero e proprio accesso, una porta, che sappiamo essere stata riaperta nel 1550 dagli Spagnoli per motivi militari (Pecci ad annum), quando, per paura dell’ insurrezione, che poi sarebbe avvenuta due anni più tardi, il Governo fece arrivare, “in Siena altri 500 fanti Spagnuoli, acquartierandoli tutti nel Terzo di Camollia, riapersero la Porta, chiamata lo Sportello di S. Prospero, ponendovi la guardia, come nell’altre”. Anche nel 1552, ad insurrezione ormai avvenuta, cacciati gli Spagnoli e distrutta la cittadella, tale Antonio Cerini Commissiario, venne messo a comandare 50 guastatori che stessero ad obbedienza del Capitano Zingaro alla “Porta dello Sportello di S. Prospero” (Pecci).
Ad assedio cominciato il Sozzini, nel suo celebre Diario, ci conferma che “Si facevano nella Città molti corpi di guardie con le lor sentinelle in que’ luoghi più pericolosi e di sospetto; e prima: alla Postierla, alle Due Porti, a S. Agostino, a S. Salvatore, alla Fonte di S. Giusto, alla Colonna del Ponte , alla Fonte ad Olive, alla Dogana, e alle case de’ Gonfalonieri, e allo Sportello; e tutti questi corpi di guardie erano Senesi…”. La vecchia porta che nel 1552 veniva anche detta “Sportello”, quasi di fronte all’attuale Jolly Hotel, doveva essere un po’ più esterna all’attuale vicolo, in quanto le mura arrivavano alcuni metri più in avanti, verso la statua di Giuseppe Garibaldi. Questo lo si deduce da una vecchia pianta del 1763, dove si individuano ancora resti della vecchia muraglia che delimitava la Lizza dalla vecchia Valle del Rastrello, ancora non utilizzata o corrotta da alcuna costruzione.