Nei suoi commentari racconta la sua vita di soldato e...
di Augusto Codogno
SIENA. Siamo nel 1554 e Siena è sotto l’assedio delle milizie fiorentine guidate dal Marignano assieme ai suoi alleati spagnoli e austriaci. I Senesi, assieme ai francesi, non vogliono capitolare e affidano la guida militare a Biagio di Monluc. Quest’uomo giura fedeltà e combatte fino a quando, sotto la morsa della fame, è costretto ad arrendersi. Siamo nel 1555 e la resa viene concordata con molto onore per il Monluc e i cittadini senesi ai quali gli stessi nemici riconoscono l’altissimo valore profuso nel difendere la patria.
Biagio di Monluc, maresciallo francese, qualche anno più tardi torna in Francia e scrive i suoi “Commentari”, una sorta di diario in cui racconta la sua vita di soldato, le sue vicissitudini d’arme e non lesina di dispensare consigli per chiunque voglia intraprendere la “carriera militare”.
La cosa che mi ha interessato maggiormente, oltre alle vicende dettagliate dell’assedio di Siena, la vita dentro la città, le battaglie per la sua difesa dentro e fuori le mura, è il rapporto del Monluc con le donne che è poi un rapporto di odio-amore. Sebbene le consideri “pettegole” e pericolose per gli uomini – in quanto gli fanno perdere la ragione (ricordiamoci che era un generale) – lo stesso scriverà anche alcune delle pagine più belle esaltando le “donne di Siena”
Perché le donne sono pericolose per gli uomini?
Nell’ elencare i vizi che possono danneggiare il buon soldato ed il buon capitano, oltre al bere, al gioco, alla disubbidienza, c’ l’amore per le donne che secondo lui è “la rovina del soldato”
Scrive infatti: “Un altro vizio dal quale guardarsi è l’amore delle donne. Non v’intrigate in quelle, perché sono il contrario di buono. Lasciate l’amore loro attaccato a un chiodo. Io posso vantarmi di non essermi mai affezionato alle donne e ne questa ne altra pazzia mi disturbò da eseguire tutto quello che mi era stato comandato. A questi uomini conviene piuttosto la “canocchia” che la spada e, oltre la perdita di tempo e sviamento, queste portano anche un infinità di litigi e duelli e alle volte con i vostri più cari amici. Io ho visto più uomini combattere per occasioni simili che per onore. Che gran disonore perdere la vita per una donna!”
E non si riguarda nemmeno a mettere in evidenza la pericolosità della loro lingua ed i loro pettegolezzi:
“Avviso del Sig. di Monluc contro le donne
Io non voglio parlare di quella donna che per le sue maldicenze fece allontanare dalla Corte il Signor Conestabile, ma il Re doveva chiudere la bocca alle Dame che spettegolano nella sua Corte. Di là vengono tutti i riportamenti, tutte le calunnie. Fu una ciarlatana a causare la morte del Sig. della Castegnera: se egli avesse voluto credere a me ed ad altri cinque o sei de’ suoi amici, avrebbe risolto la controversia contro il Sig. di Arnae in altra maniera; invece egli combattè contro di lui e perse l’ onore e la vita. Il Re doveva imporre alle donne che spettegolassero nelle loro stanze. La loro lingua è costata molto e poi è tardi per il pentimento”
Ma le donne di Siena lasciano in lui un ricordo indelebile per il loro coraggio e la loro perspicacia, tanto da prenderle ripetutamente ad esempio. Nella difesa di Roma, a lui affidata pochi anni dopo la capitolazione di Siena, il Monluc cerca di spronare le truppe ed i cittadini romani in questo modo: “che se voi non farete altrimenti, piuttosto ritornerei a difendere Siena con le sole donne senesi, che difender Roma coi romani……..”
Ma la pagina più bella scritta da questo uomo d’arme rimane quella sotto il titolo di “Lode delle donne Senesi” che vi traduco in italiano moderno (nella forma), in modo che sia più scorrevole la lettura, senza tuttavia alterare in alcun modo l’originale: “…e mi fu mostrato da alcuni Gentiluomini senesi una quantità di Gentildonne che portavano i cesti in testa pieni di terra. Io immortalerò il vostro nome, Dame Senesi, fin tanto che il mio libro vivrà, perché voi siete degne di lodi immortali, come mai donne ne furono. Al principio della bella decisione che Siena fece di difendere la sua libertà ad ogni costo, tutte le Dame della città di Siena si divisero in tre parti: la prima era condotta dalla signora Forteguerri (Laudomia), ch’ era vestita di colore violato e così tutte le donne della sua Compagnia. Queste che la seguivano avevano gli abiti a forma di Ninfe, corti fin tanto che mostravano mezza gamba. La seconda era la signora Piccolomini (Fausta), vestita di raso incarnatino e la sua Compagnia nella stessa maniera. La terza, la signora Livia Fausti, era vestita tutta di bianco, così come erano quelle che la seguivano con la loro insegna bianca. E si evidenziarono in così tante imprese che pagherei per ricordarle tutte. Questi tre squadroni erano composti di tremila Dame , in parte Gentildonne e in parte Cittadine. Le loro armi erano picconi, pale, fassine e gierli. E in questo modo fecero la loro figura e se ne andavano ogni mattina ai forti. Il Signor Di Termes, mi ha spesso raccontato di non aver mai visto in vita sua una cosa così bella come quella. Io fui testimone che, quando andavano alle loro fortificazioni, avevano inventato una canzone in onore della Francia e la cantavano andando alle trincee. Vorrei aver donato il mio miglior cavallo per ricordarmene il testo e metterlo in questo libro. E poiché sto parlando dell’ onore di queste donne, io voglio che quelli che verranno dopo di noi ammirino il coraggio e la virtù di una giovane Senese, che anche se nata di basso ceto, merita esser posta nel numero delle più onorevoli. Io avevo fatto un ordine al tempo che fui fatto dittatore di Siena, che nessuno, sotto pena di esser punito, potesse rifiutarsi di fare la guardia quando gli toccava. Questa giovane, vedendo un suo fratello a cui toccava far la guardia, ammalato, prese il suo morione e se lo pose in testa, si mise le sue calze e il colletto di bufalo e con la sua alabarda in spalla se n’ andò al Corpo di guardia. In questa maniera, passando senza dir parola quando si leggeva la lista, fece la sentinella al posto del fratello e non fu riconosciuta fino alla mattina, nel far del giorno. Nonostante avesse violato le regole, fu condotta a casa sua con onore e dopo pranzo il Signor Cornelio mi fece il piacere di farmela conoscere”.