Alluvione Agosto 2015: crollo del “muro del fiuto”
di Augusto Codogno
MONTERONI D’ARBIA. Stavolta siamo a raccontarvi di una storia cominciata male ma finita bene. Il recente alluvione di Agosto, che tanti danni ha provocato in Val d’Arbia, ha anche, tra le altre cose, fatto crollare una parte del muro laterale (a sinistra della foto) del Mulino di Monteroni. La bella notizia è che il tutto è stato ripristinato in un tempo velocissimo (un mese e mezzo), che, con i tempi che corrono e la burocrazia endemica delle pubbliche amministrazioni, costituisce in Italia quasi un record. Di per sé la notizia non ha destato tanto clamore, in quanto trattasi di quattro o cinque metri di manufatto in laterizio con mattoni a filaretto e qualcuno sarà stupito che il mio articolo sia inserito nella rubrica “Cronache dal Medioevo” anziché in una qualsiasi altra parte del giornale, ma una coincidenza storica ci impone un simpatico approfondimento.
Il mulino di Monteroni, che – ricordiamo – fu costruito tra il 1323 e il 1325 con un accordo commerciale tra il Santa Maria della Scala e la casata dei Mignanelli, era stato deciso in realtà, con tanto di delibera, un anno prima e cioè nel 1322. In due documenti conservati nel nostro Archivio di Stato di Siena (1 Aprile e 18 Aprile 1323), si sancisce l’accordo definitivo tra l’Ospedale di Siena ed i figli di Bando Mignanelli e viene stabilito che tutte le spese di ulteriore acquisto di terreno, di materiale e di riparazione saranno ripartiti a metà tra i due contraenti così come i proventi della molitura. Le due parti si impegnano ad anticipare la medesima somma di denaro (65 Lire ciascuno) e a provvedere per metà ai materiali da costruzione: 100 moggia di calcina, 50 mila mattoni, così come a metà del legname, ferramenta e manodopera. I Mignanelli inoltre si impegnano anche a non costruire (per un periodo di venti anni), altri mulini tra l’Isola d’Arbia e Cuna e ad abbattere, si precisa, sia il mulino in luogo “Padule” che la sua steccata per non essere d’intralcio alla nuova struttura, non appena questa comincerà a funzionare.
Alla fine del 1324, a lavori ultimati e poche settimane prima che il Mulino entri in funzione, l’Ospedale acquista tutti i diritti vantati dai Mignanelli per 1300 Fiorini d’oro. Nello stesso momento I Mignanelli sottoscrivono l’impegno ad abbattere entro dieci giorni, il loro Mulino che distava un centinaio di metri dal nuovo ed era anch’esso in località “Padule”. Tra questi 50.000 mattoni c’erano anche quelli dei muretti che dal Mulino andavano linearmente fino al ponte sulla francigena e che avevano lo scopo di contenere ed incanalare l’acqua del fiuto nel fosso che proseguiva fino alla vicina Arbia. I grandiosi lavori furono affidati al Grande Maestro (“maxime magistri”) Tura Ridolfi, coadiuvato da alcuni capo-cantiere (“magistri”) del calibro di Cola Ugolini, Cione Lamberti e Guidone Paci.
Tra il 1345 e il 1347, tra le “uscite” dei libri contabili, troviamo che vi furono ingentissime spese per il rifacimento della gora del Mulino di Monteroni e che nel 1375 il nostro mulino, come quello di Buonconvento, era stato danneggiato dalle Compagnie di Ventura.
Nel 1379 il Mulino di Monteroni, sebbene sotto il controllo di Cuna, risulta essere gestito con una certa autonomia, tanto che è amministrato da un Granciere appositamente nominato, tale frate Salvestro Cionini. Sempre del 1379, il capitolo del Santa Maria della Scala di Siena, con a capo il Rettore del tempo Bartolomeo Tucci, deliberò di fortificare il Mulino e le strutture adiacenti ad esso (ASS 1379, giugno 8, c. 34r). Nella delibera, titolata “El mulino da Monterone” si stabiliva che “si muri ad archo la casa da Monterone, mettendo lo spedale e’ maestri e lo pane e lo vino che bisogna per fare pe’ lavorìo. E che si facci el palcho e lo tetto e merli come è di bisogno e che si facci con quelli di Monterone che nel detto lavorio faccino quello più aiuto che avere si può”. Sempre nello stesso giorno dello stesso anno però, una seconda delibera (ASS 1379, giugno 8, c. 34r) si occupa ancora del Mulino di Monteroni. Intitolata “El ponte da Monterone”, stabilisce che “acciò che lo ponte della strada da Monterone non venga meno [e] che vi si ripari con e’ stecchoni e co’llo muro come è bisogno, cioè el muro vechio che è dal palacço al ponte della strada e di sopra dove cade l’aqqua nel carceraio si come è di bisogno alo riparo del detto ponte e del muro vechio che è dal palaço del molino al ponte, si che si mantenga”.
Proprio da questa antica carta, si evince che si tratta proprio del muro a mattoni crollato con il recente alluvione. In pratica, sono passati 636 anni, ma si parla dello stesso manufatto.
Ovviamente in questi secoli sarà stato rifatto numerose volte, ma è curioso che quanto descritto corrisponda esattamente alla situazione di oggi. Infatti il muro vecchio che va “dal palazzo del mulino al ponte della strada” ed è “sopra a dove cade l’acqua nel carceraio” non lascia adito ad equivoci. Anche oggi come allora il ponte è sempre nello stesso posto ed il muro, in parte, lo sostiene poggiandovi da una parte.
Infine anche il cosiddetto “carceraio” ci aiuta a collocare precisamente il nostro muro. Si chiamava infatti “carceraio”, l’ambiente seminterrato dei mulini ad acqua, quello in corrispondenza delle ruote idrauliche dette anche “ritrecini” e delle bocche di uscita dell’acqua dal Mulino. Infatti è proprio da lì che parte il nostro manufatto.
Passano i secoli ma il muro rimane lo stesso.