Direttore responsabile Raffaella Zelia Ruscitto

I legami tra Siena e Santiago de Compostela

Qual è il nesso tra la nostra città e la lontanissima località della Galizia?

di Augusto Codogno
SIENA. Santiago de Compostela (Basilica) Chiesa di S. Spirito a Siena
uale è il nesso che lega la nostra città alla lontanissima località della Galizia? Più che un nesso, ci sono una serie di documenti storici e molti indizi che ci dicono come ci sia sempre stato un legame tra Siena e Santiago de Compostela, perlomeno dai primi secoli del Mille. Partiamo appunto da lontano.
Abbiamo già detto nello scorso articolo di questa rubrica, come fin dalla dominazione dei Longobardi e quella successiva dei Franchi, la strada per eccellenza fosse diventata la Francigena (chiamata prima del 1200 solo “Romea”). Sta di fatto che questa via aveva assunto un ruolo di primaria importanza per tutti i tipi di spostamenti, sia commerciali che di altro tipo e Siena si ritrovò fortunatamente sull’asse di quella che era diventata l’autostrada per eccellenza dell’alto medioevo.
Con l’aumentare dei pellegrinaggi anche a Siena fiorirono decine e decine di Spedali che, solo nella nostra città si aggiravano sulla cinquantina e la Francigena divenne una vera e propria Via del Pellegrinaggio. Da Siena passavano migliaia di fedeli che da nord a sud transitavano per recarsi alle tre mete più agognate: Santiago, Roma e Gerusalemme. Naturalmente il maggior numero di persone si recava verso la capitale della cristianità, ma dopo il 1100 ed anche in conseguenza della prima crociata (1099), anche verso Gerusalemme. La riconquista della Terrasanta (o come si diceva allora d’ Oltremare) aveva stimolato il pellegrinaggio verso quelle terre dove secondo il Vangelo tutto aveva avuto inizio. Quindi, per i viaggiatori della fede che provenivano da nord, da Siena si passava per andare a Roma, ma anche per proseguire verso la Puglia ed imbarcarsi a Bari o a Brindisi verso Gerusalemme. 

Con la riconquista del Medioriente da parte dei musulmani, però ritornò ad aumentare il flusso dei fedeli verso Santiago, soprattutto a partire dal 1150 perché nel 1145 era iniziata la costruzione della grande cattedrale di San Giacomo a Compostela (in italiano Campo Stella). Quindi anche a Siena passavano molti viandanti che si recavano e tornavano dalla Galizia.

A dir la verità, come ci suggerisce anche la lettura di Dante, era uso nei primi anni del 1300 chiamare i viaggiatori di fede in modo diverso a seconda di dove andassero e così quelli che andavano a Roma venivano detti “romei”, quelli che andavano in Terrasanta “palmieri” e quelli che andavano a Santiago “peregrini”.

Il pellegrino che andava a “Santiago de Compostela”, che in italiano si traduce “San Giacomo di Campo Stella” soleva, una volta visitata la basilica di S. Giacomo Maggiore Apostolo e la sua tomba, concludere il suo viaggio e prolungarlo fino all’Oceano Atlantico e precisamente arrivare alla località di Finisterre, punta estrema della Spagna e della Galizia. Qui, in riva al mare raccoglievano la famosa conchiglia “Pecten Maximus”, la nostra “capesanta”, a dimostrazione dell’avvenuto pellegrinaggio e ben presto questo oggetto diventò il simbolo di tutti i pellegrini della fede. In particolare si diffuse nelle chiese, negli Spedali, nell’araldica, nella pittura del tempo e soprattutto lungo il tracciato della francigena. La conchiglia fu da allora sempre associata a San Giacomo Maggiore e non c’era immagine del Santo che non avesse anche la “pecten” da qualche parte: sul vestito, sul cappello, sul drappo, sotto o sopra la sua rappresentazione. Ma in quegli anni era pur nato in Spagna un nuovo Ordine Monastico-Militare, titolato al Santo, con il nome di “Cavalieri di San Giacomo” che aveva come araldo una spada-croce con una conchiglia al centro o a volte quattro conchiglie ai lati.

Da fonti scritte provenienti dall’Archivio di Stato di Siena, sappiamo che alcuni senesi vestirono l’abito di quest’ordine (ad esempio Francesco Petroni e Ruberto Cennini) e che altissima era nella nostra città la considerazione ed il richiamo suscitato da Santiago de Compostela, come ci dimostra una pergamena dell’anno 1240 (ASS SMS Agosto, 3). Si parla nello specifico del testamento di un senese, tale Uberto speziale del fu Viviano, che lascia molti beni a spedali, a monasteri, a chiese senesi, a sua moglie Castellana, al fratello Pietro e “ad un uomo che fosse andato per lui alla casa del Beato Giacomo da Gallizia”. Quindi si tratta di un vero e proprio “pellegrinaggio conto terzi”.

Se vogliamo indagare più a fondo sui legami intercorsi tra Santiago e Siena, dobbiamo per forza andare nel territorio della contrada del Nicchio. Cominciamo esaminando la sua stessa bandiera e vediamo che ha come simbolo, non una nicchia qualsiasi, ma proprio la nostra “pecten maximus”. Dunque la “nicchia” di Santiago, ma anche le stelle! Infatti “Compostela” in italiano si traduce “Campo Stella” ed’ è il nome che gli spagnoli diedero al luogo dove venne ritrovata la tomba dell’apostolo. La leggenda narra infatti che fu la strana luce di alcune stelle a guidare un eremita fino al corpo di Jago (Giacomo).

Il territorio della contrada del Nicchio era chiamato anche “della Badia Nuova” per la presenza di una grande Abbazia Vallombrosana che poi divenne più recentemente detta di “Santa Chiara”. Ma questo Monastero, noto fin dai primi secoli del mille, ben che fosse titolato ai Santi Giacomo e Filippo, era comunemente chiamato solo “di San Giacomo”, dimenticando l’altro santo, Filippo. Dal 1200, anche gli abitanti di questo rione, venivano appellati “popolo di San Giacomo”, come testimoniano una ventina di pergamene di quel secolo. Inoltre vicino alla Badia di San Giacomo, era presente uno Spedale chiamato anch’esso “Spedale di San Giacomo” e gestito dai frati medesimi. Dove fosse ubicato di preciso questo ospedale non lo sappiamo, ma io ritengo che ci siano buone probabilità che fosse stato nella sede attuale della Società della Pania e cioè nella Chiesa di Santo Stefano.

Chiesa di S. Stefano

Sappiamo infatti da alcuni documenti che, o nella chiesa, o attiguo ad essa, vi fu effettivamente uno “spedaletto”, anche se non viene mai alla luce a quale santo fosse titolato.Potrebbe dunque trattarsi dello “spedale di San Giacomo” come compare in alcuni atti, dove si specifica anche che era vicino all’Abbazia di San Giacomo e che apparteneva alla stessa. Ad avvalorare questa ipotesi c’è il fatto che nel 1572 fu proprio l’Abate di San Giacomo, in qualità di proprietario dell’immobile, a concederlo in enfiteusi alla Compagnia laicale di Santo Stefano che poi provvide alla sua ristrutturazione e successivamente anche alla costruzione di un nuovo altare (1607).

Riassumiamo e facciamo il punto di quanto precedentemente detto.

Nella Contrada del Nicchio esisteva sia una Abbazia di San Giacomo, sia un Ospedale di San Giacomo, ma non è tutto! Altri importanti indizi ci portano alla chiesa di S. Spirito, a pochi passi dalla zona precedentemente menzionata e sempre nella medesima contrada. Qui esisteva ed è tutt’oggi in piedi una Cappella dedicata a “San Giacomo Maggiore” e fu sempre chiamata “la cappella degli spagnoli”. Questa fu affrescata nel 1530 e vi è rappresentato un San Giacomo in battaglia che stermina i Mori (Musulmani), come nella più ferrea tradizione iberica. San Giacomo (SantJago) era infatti detto dagli spagnoli “Matamori”, cioè “ammazza mori” per il suo ruolo leggendario di protettore dei cristiani quando combattevano contro i saraceni. Nella “cappella degli spagnoli” è dipinta un’insolita bandiera con quattro grandi conchiglie (sempre del tipo pecten) e vi è anche una statua lignea di San Giacomo tutto contornato di “pecten” (due sul manto e una sul cappello come in figura).

Statua lignea di Santiago in S. Spirito

Ci son altri riferimenti di Santiago nel Nicchio? Certamente! Abbiamo già detto come i pellegrini, una volta giunti a Santiago, si spingessero fino alla punta estrema della Galizia per prendere la “conchiglia”, ed il luogo prediletto era chiamato appunto “Finisterre”, cioè “fine della terra” o anche “fine del mondo” o “Finimondo”. E cosa c’è accanto alla chiesa di Santo Spirito nel Nicchio? Il Vicolo di Finimondo!

Questo vicolo un tempo non era senza sfondo, ma proseguiva verso la Porta di Busseto (ora tamponata) e poi in quella che ancora oggi si chiama “strada di Busseto”, fino a due poderi che nel 1800 ancora si chiamavano “Poderi di Finimondo”

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