Una delle più belle ed ornate porte di Siena
di Augusto Codogno
SIENA. Alla fine del XIV secolo, anche l’ultimo pezzo del circuito delle mura di Siena, fu concluso. Con il pezzo che da Porta Ovile andava verso Porta Pispini si inglobò finalmente, come era intenzione degli ideatori, anche la Basilica di San Francesco. Da allora fino ad oggi il perimetro è rimasto invariato e lo si può ammirare, nei suoi quasi sette chilometri, senza interruzione. Le Porte che si aprivano sulle questo ultimo circuito erano 15 e questo è l’elenco esatto andando in senso orario: PORTA ROMANA; PORTA GIUSTIZIA; PORTA TUFI; PORTA DELLE SPERANDIE; PORTA SAN MARCO; PORTA LATERINA; PORTA FONTEBRANDA; PORTA S. PROSPERO ESTERNA; PORTA PESCAIA, PORTA BARTOLOMEO GUERRA; PORTA CAMOLLIA; PORTA MONTE GUATIANO (o GUATIANI); PORTA CAMPANSI; PORTA SAN LORENZO; PORTA OVILE.
Alcune di queste però, furono con il tempo murate, come Porta Monte Guatiani, Porta di Campansi, Porta Giustizia, Porta delle Sperandie e Porta Bartolomeo Guerra, ma ancora oggi sono ben visibili e facilmente rintracciabili. Due di queste però, ed esattamente Porta S. Lorenzo e Porta S. Prospero esterna, non esistono purtroppo più. La prima era localizzata nel pezzo di muraglia conosciuta come “Barriera di S. Lorenzo” o più comunemente “Le Lupe” ed è anche immortalata in qualche vecchio dipinto ed in alcune piantine di fine 1500. L’altra scomparve quando venne eliminato il pezzo di muraglia che chiudeva le mura provenienti da san Domenico con la Fortezza medicea, all’altezza di quella che i senesi chiamano “edicola di San Prospero. Quest’ultimo accesso non va confuso con il più antico passaggio denominato “Sportello di San Prospero”, di cui tratteremo prossimamente. Tutte le altre sono rimaste in piedi, senza subire consistenti mutamenti, fino ad oggi. In seguito ci occuperemo anche delle porte più antiche che, con il perfezionamento dell’ultima cinta, rimasero all’interno, perdendo spesso importanza e finendo a volte per diventare semplici archi e a volte scomparendo nelle mura di qualche palazzo. Per ora andiamo sul “più facile”, cioè su quello che anche al giorno d’oggi è di facile testimonianza.
La Porta Romana fu incominciata nell’Agosto del 1327, su un progetto definito una decina d’anni prima. Il Comune di Siena infatti, già nel 1310, aveva provveduto a modificare la strada romana (o Francigena), nel tratto che usciva da Porta S. Maurizio (attuale Arco omonimo) e tramite il tratto denominato Borgo della Maddalena, arrivava fino al Convento detto delle monache di Santa Maria degli Angeli detto “il Santuccio”.
Nel 1313, sempre il Comune di Siena, aveva acquisito dal Convento di San Barnaba detto “delle Fratelle”o anche delle “Bacucche” (noto fin dal 1208), per la somma di 225 lire, il terreno su cui sarebbe stata edificata la nuova porta chiamata al tempo di “San Martino”. Il disegno fu commissionato agli architetti Giovanni d’Agostino e Agnolo di Ventura. I lavori terminarono nel Maggio 1329. Nonostante i lavori di quella che poi verrà definitivamente chiamata “Porta Romana”, fossero finiti, le mura che la collegavano, da un lato a Porta Giustizia e di conseguenza a Porta Tufi e dall’ altro a Porta S. Eugenia o Porta San Viene (Porta Pispini), durarono ancora diversi anni e almeno fino al 1346.
Quella che fu definita dai cronisti del tempo “grande e bella, di gran difitio più che porta che sia in Italia“ (Cronache di Sigismondo Tizio), diverrà poi negli anni successivi ancora più bella ed ornata.
Tra il 1346 e il 1363, sul terreno ancora spettante alle Monache di Santa Barnaba, Francesco di Niccolaccio Petroni edificherà un monastero dedicato a S. Niccolò, ancora presente nell’interno dei possedimenti attualmente spettanti all’Ospedale Psichiatrico.
La grandiosa pittura, rappresentante “Nostra Donna” fu commessa nel 1416 al celebre pittore senese Taddeo di Bartolo, ma egli, appena incominciato il lavoro, fu colto da morte. Nel 1447 fu commessa ad altro celebre pittore, cioè Maestro Stefano di Giovanni di Consolo detto “il Sassetta”, ma anche lui morì tempo due mesi per polmonite.
Poiché nel 1450 ricorreva il Giubileo e la Via veniva percorsa dai pellegrini che si recavano a Roma, i governatori assegnarono l’ultimazione dell’opera pittorica, in tutta fretta, al senese Sano o Ansano di Pietro che riuscì a terminarla a fine 1449, giusto in tempo per l’anno santo. Quest’opera ebbe un tale ed unanime consenso tra i senesi che Sano di Pietro fu da allora appellato anche “Ansano dalla Porta Nuova”. Sotto di essa, Nicolò Borghesi, celebre letterato e suocero di Pandolfo Petrucci (poi dallo stesso Pandolfo fatto uccidere), vi fece iscrivere, nel 1500, la celebre dedica “O REGINA PATRIS SUMMI DIGNATA CORONA PERPETUO SENAM RESPICE VIRGO TUAM”.
Nel 1467/1468 fu fatta petizione al Concistoro perché fossero poste ai lati di detta porta due lupe in marmo e furono fatte dallo scultore Giovanni di Stefano che secondo alcuni non era altro che il figlio del Sassetta pittore.
Nel 1552, il giorno 27 Luglio, la Porta Romana fu incendiata dai senesi per far entrare i congiurati in aiuto della sommossa antispagnola che si compì poi con l’effettiva cacciata degli stranieri. Tre anni dopo, con la caduta della Repubblica, Cosimo de’ Medici, vincitore, fece apporre sotto il dipinto, lo stemma della sua famiglia (quello con le famose palle) e la scritta “COSIMUS MEDICES FLORENTIAE ET SENARUM DUX II”. Durante la dominazione granducale, furono demoliti sia il camminamento di ronda, originariamente presente, le cosiddette merlature ed altre opere belliche che nel corso del periodo dell’assedio di Siena (fino al 1555) vi erano state costruite a scopo difensivo.
Nel 1932 un grandioso restauro e lo spostamento dello stemma mediceo, che ora è posto lateralmente, permise di ripristinare la grandezza originale della struttura architettonica.