di Augusto Codogno
SIENA. In Archivio di Stato di Siena sono presenti, per nostra fortuna, i documenti delle numerosissime confraternite che, a partire dalla fine del XIII secolo, apparvero nel territorio senese. Un importantissimo lavoro di valorizzazione di questa documentazione, è bene ricordarlo, fu svolto qualche anno addietro da Patrizia Turrini a cui dobbiamo un caloroso ringraziamento.
Tra le più antiche naturalmente sono ricordate quelle di città ma, tra la fine del 500 e l’inizio del seicento, queste cosiddette “compagnie laicali”, si diffusero anche nelle località della campagna e presero campo quasi in ogni “comune” o “comunello” delle masse e del contado senese. Esse nascevano quasi sempre tra i fedeli in concomitanza delle pievi e delle parrocchie e spesso per volontà e stimolo di preti, frati e vescovi. Avevano connotazioni prettamente religiose, ma il loro compiti travalicavano quelli richiesti ai semplici parrocchiani.
I “confratelli” e le “consorelle”, oltre al mantenimento di un altare all’interno della chiesa ed i relativi addobbi, si occupavano anche della cura estetica di esso, delle candele, delle patene, dell’immagine sacra posta sopra di esso. Si riunivano periodicamente in una sede, spesso adiacente alla chiesa ed erano governati da una struttura gerarchica che vedeva in genere il parroco come un membro permanente con funzione di “scribano” e di “validatore” e supervisore di bilanci. In pratica derivò da qui la parola “correttore”. Al vertice di ogni confraternita c’era sempre un “Priore” ed un Camerlengo ed a volte anche altre figure con gli incarichi più svariati.
Le “Compagnie” furono a tutti gli effetti associazioni che anticiparono le nostre più recenti confraternite. Esse svolgevano anche compiti ludici e sociali. Si occupavano infatti dell’organizzazione della festa del Santo Titolare e del conseguente pranzo (o merenda) tra i fedeli. Non è raro ritrovare nell’organico di queste associazioni la figura del “festaiolo” o “addetto alle feste”.
Molto importante era anche “l’officio de’ morti”, cioè occuparsi dei funerali, del trasporto delle salme e della sepoltura. Ad ogni defunto, anche se poverissimo, veniva assicurato un degno seppellimento. C’erano poi gli addetti alle persone malate e bisognose che in genere venivano indicati come “infermieri”, parola che però aveva più a che fare con la “cura degli infermi”. Inoltre, avevano un ruolo previsto in organico anche gli addetti alle elemosine e alla carità.
Tra gli obiettivi delle confraternite infatti, c’era anche quello del “mutuo soccorso” ed era diffusissimo in tutta la nostra area, dalla maremma alla val d’Arbia, dalla val d’Orcia alla Scialenga, eleggere uno o più incaricati alla segnalazione delle situazioni più indigenti.
Dunque queste compagnie laicali furono molto importanti nella organizzazione della società civile e nell’aiuto reciproco tra tutti i membri della comunità, svolgendo un ruolo di catalizzatore e di reciproco soccorso, il tutto naturalmente ruotando intorno al proprio parroco e alla propria chiesa.
Scartabellando i registri di alcune compagnie laicali della zona sud di Siena vengono fuori notizie interessantissime. Tra quelle che ho consultato ne citerò alcune le cui documentazioni risultano più corpose: Compagnia della Buona Morte di Cuna, Compagnia di S. Agata nella Pieve di Corsano, Compagnia del SS.mo Rosario di Corsano, Compagnia del SS.mo Sacramento a Lucignano d’Arbia, Compagnia del Corpus Domini a Lucignano d’Arbia, Compagnia di Maria Santissima della Consolazione a Ponte a Tressa.
Ecco dunque un primo esempio di organigramma tra i più completi (15/settembre 1684), tratto dalla Compagnia della Consolazione di Ponte a Tressa, nella quale ogni sei mesi si provvedeva al rinnovo delle cariche:
“PRIORE Giovanni Brogi alla Casanuova; VICARIO Agnolo Angiolini a Casabassa; CAMERLENGO Giovanni Morelli alli fonti di Lucignano; CONSIGLIERI Francesco Lippi a SanFabbiano e Lorenzo Panciatici alla Piaggia; INFERMIERI Giovanni Panciatici alla Strada e Giuseppe Gigli a Istiola; OFFITIALI DELLA FESTA Mattio neri, Duilio Faleri alle Casenuove, Carlo Torrazzi a Tavena di Sanfabbiano e Francesco Valenti al Colombaio della Tressa; SINDACI Domenico Valenti in Borgho e Pavolo Marchetti a Salteano; SAGRESTANI Giuseppe Brogi pigionale a Tressa e Niccolò Vigni a SanFabbiano;
PRIORA Caterina di Francesco Lippi a Sanfabbiano; CAMERLENGA Orzola di Giovanni Tacciuoli al Poggio; INFERMIERA Margarita Corbelli all’Isola, Caterina di Bartolomeo Valenti in Borgo; CORRETTORE Rev. Bartolomeo Filippi; DEPOSITARIO Michelangiolo Contucci a Grania”.
Come si può vedere erano organizzazioni ben radicate nel territorio e molto attive. Dai documenti inoltre, emergono anche le località, i poderi ed i toponimi compresi nel raggio d’azione di ogni confraternita.
Le elezioni avvenivano con una assemblea (“capitolo”) dove tutti i fratelli e le sorelle potevano partecipare ed avevano diritto di voto. Le votazioni erano segrete ed in genere con i nominativi “imbossolati”, cioè messi dentro una sacca di pelle, mentre le “deliberazioni” avvenivano con un si o un no espresso, sempre in incognito, contando i lupini neri ed i lupini bianchi inseriti nella medesima sacca.
Per quanto riguarda un esempio di fondazione prendiamo quella della Compagnia del santissimo Rosario di Corsano (Monteroni) che prese inizio nel 1615 dal fervore di un predicatore domenicano, tale Simone Cannicciari:
“A nome di Dio Amen. L’anno del Signore 1615 adì 20 d’Aprile alla Pieve di Corzano. Il molto reverendo priore m° Simone Cannicciari senese dell’ordine dei padri predicatori di S. Domenico di Siena et di guesto presente anno stato predicatore nella Pieve, Populo, et comune di Corzano, et luoghi convicini; mosso da zelo di Religione, et salute del’Anime, volendo sodisfare alle Pie Prece del molto reverendo et eccel° ms Marcello Marzocchi al presente Pievano di detta Pieve di corzano, domandante istituirsi et fondarsi in detta sua chiesa la Pia Confraternita del S.mo Rosario et il prefato m° Simone predicatore sopraddetto….” Etc Etc….
Ogni Compagnia aveva naturalmente uno statuto scritto ed alcuni registri come quello delle Entrate ed Uscite e delle Deliberazioni. Il primo libro delle “deliberationi” della Compagnia di S. Agata a Corsano (anno 1604), comincia così: “A nome di Dio benedetto e di S. Agata Vergine e Maria nostra patrona, adì 6 di giugno 1604. In questo libro saranno scritte le Deliberationi fatte dalla Compagnia di S. Agata fondata ed esistente nella Pieve di Corsano e in esso registrate fedelmente e con ogni sincerità e pertanto da osservarsi senza comprobazione di altra costituzione, così affirmato e stabilito dal capitolo di detta Compagnia in n° di trentasei fratelli questo dì detto a Gloria di Dio benedetto e di S. Agata Amen.”
Tra le cose più curiose che ho potuto osservare in questo mio studio c’è senz’altro la vocazione di queste confraternite ad aiutare le fanciulle meno abbienti, soprattutto per quanto riguarda il corredo nuziale. A Tressa era eletta una apposita commissione per dare le “gonnelle”. Due o quattro incaricati proponevano da due o quattro giovani ragazze in età da marito e una votazione stabiliva chi avesse in quel momento più bisogno. Oltre alle gonnelle (vestiario da corredo), spesso si dava anche qualche piccola somma di denaro.
La Compagnia di S. Agata di Corsano aveva deliberato in proposito, sempre nel 1604 …“del dare la elemosina dotale ogni anno in perpetuo”, ma aveva anche stabilito alcuni precetti: “Del modo di mettere insieme la detta clemenza dotale a chi si deve dare et in che ordine la detta elemosina dotale – Si dia la detta clemenza Dotale solo a Citole quali non habbino havuto altro marito cioè che non habbino havuto l’anello et svolta la messa sposalitia, che siano di buona fama, vita et costumi, che sappino la dottrina Christiana o almeno le cose più necessarie in essa cioè il Credo, il Pater Nostro, l’Ave Maria et i Dieci Precetti, che siano povere, timorose di Dio, che questo lo dimesticheranno con la frequentia dei SS.mi Sacramenti e così non si mandino a partito quelle, le suppliche delle quali non siano sottoscritte dalli loro Padrini Curati, in fede che meno habbino in se tutte le predette qualità”.
Un’ultima curiosità linguistica. La parola “citole” dovrebbe essere l’antenata della nostra senesissima “citte”. Un’altra parola compare spesso in questi documenti di inizio seicento, in particolar modo nella zona di Cuna, Tressa, Ville di Corsano: la “gamurra”. Consultandomi anche con Simonetta Losi, studiosa ed appassionata della terminologia dialettale, sembra che sia stata una specie di veste per le nozze.