di Augusto Codogno
ASCIANO. La località di Asciano, con l’antico nome di Sessiano, compare nei documenti fin dall’anno 714, ai tempi del dominio longobardo. E vi compare per caso, essendo la sua chiesa di riferimento (Sant’Ippolito), finita tra le tante oggetto di disputa tra la diocesi di Arezzo e quella di Siena. Un litigio che durerà per secoli, talmente importante da scomodare le figure più importanti di quei secoli e cioè Papi ed Imperatori. La Pieve di S. Ippolito, nei documenti di quegli anni (714 e 715) viene descritta come “sancta mater ecclesia in sessiano” e “baptisterium Sancti Ipoliti”. Non era che una semplice pieve intendiamoci, ma questa forma di definizione significava che, oltre ad essere dotata di fonte battesimale, aveva sottoposte a sé altre chiese minori.
Inutile ricordare che dal 700 d.c. (fin quasi ai giorni nostri), la chiesa di Asciano rimase, nonostante secoli di diatribe, costantemente dentro la Diocesi di Arezzo.
I Vescovi senesi ne tentarono di tutti i colori, ma quasi la totalità dei papi e degli imperatori si espressero a favore del vescovo aretino.
Questo costituì per secoli una strana anomalia perché Asciano si ritrovò ben presto a far parte dello stato di Siena, ma contemporaneamente ad essere sotto il dominio ecclesiale della diocesi di Arezzo.
Dopo i longobardi, arrivarono i franchi e nell’area di Asciano ebbero terre e possedimenti alcune famiglie discendenti da quella stirpe e chiamate volgarmente “Conti scialenghi”.
Dalle prime notizie del secolo XII, sappiamo che il loro nome si era definitivamente trasformato in “Cacciaconti”.
I “Cacciacomites” dominavano terre, castelli e uomini di un vasto territorio compreso tra la Berardenga, la Val di Chiana e la Val d’Orcia.
I due rami più importanti furono due: quello di Cacciaguerra e quello di Spadalonga.
In particolar modo, Gualfreduccio di Cacciaguerra, con suo figlio Aldibrandino e Spadalonga, con il figlio Ubertino Bizzarra, furono i protagonisti che, a partire dai primi anni del 1100, ebbero un ruolo fondamentale nelle guerre e nelle paci tra Asciano e Siena, fino alla definitiva sottomissione della città delle crete alla città della balzana.
I due rami dei Cacciaconti, come capita anche nelle migliori famiglie, non andarono mai d’amore e d’accordo, tanto che questa netta divisione fu sfruttata di volta in volta ora da Siena e ora da Firenze a loro vantaggio.
Anche Asciano, che in quei tempi era dominato da entrambe le due famiglie (provenienti dallo stesso capostipite), non era un unico borgo, ma formato da due luoghi fortificati, cioè due castelli distinti, tanto che nei documenti quello più in alto veniva nominato come “castrum superioris” e quello più in basso “castellum inferioris”.
Molti sono i documenti relativi a questi due rami dei Cacciaconti (anni 1115, 1120, 1124, 1125, 1154, 1166…), ma il più importante per la storia di Asciano è senza dubbio quello del 1168, fedelmente copiato nel Kaleffo Vecchio del Comune di Siena.
Era il 15 settembre del 1168 quando Aldibrandino di Cacciaguerra donò al Comune di Siena il castello di Asciano.
Alla presenza dei Consoli senesi, tra i quali spiccavano Ormanno Squarcialupi e Mattasala Lambertini, Aldibrandino concesse al popolo senese “totum castellum de Sciano cum eius burgis et plateis” (tutto il castello di Asciano con il suo borgo e le sue piazze). Forse perché i Cacciaguerra erano proprietari soltanto del castello inferiore, nel documento si specifica anche di quale dei due si tratta, descrivendone i confini.
Il castello di Aldebrandino di Cacciaguerra era quello dove da un lato correva la Copra (torrente), da un’altra parte c’era il fossato, di sopra un’altra fossa chiamata la fossa del castello sotto Poggio Arnelfi e da un’altra un luogo detto Campumdollium” (forse Campalboli?).
Tra i testimoni dell’atto, anche suo fratello: Cacciaconte di Cacciaguerra.
I buoni propositi di pace e di amicizia tra Asciano e Siena non durarono a lungo, perché a breve sarebbe scoppiata un’altra guerra che vide i senesi e gli ascianesi combattere su fronti opposti e, nel 1175, un altro atto di riappacificazione.
In questo documento i Conti Scialenghi che vengono nominati sono: Cacciaconte Maior, Cacciaconte Iunior, Bernardino, Aldibrandino, Rinaldo, Cacciaguerra, Tancredi e Ranieri. Essi si impegnarono a stipulare una definitiva pace con i senesi.
Giurarono anche di restituire tutte le cose predate nei combattimenti entro la successiva Pasqua, compresi “omnes elmos, scutos, gambieras et giubettas senensium”.
Nello stesso tempo promisero di abbattere parte della cinta muraria di Asciano e di restituire i prigionieri in loro possesso. Da notare che tra le file senesi era stato catturato anche un nipote di Spadalonga (nepotum Spadalonge), segno che alcuni uomini di Asciano si trovavano a combattere per Siena, come i figli di Barote di San Gimignanello, altri uomini di Montalceto, di Farneta, di Montebello e di Montefranchi.
Naturalmente le dispute tra Siena ed Asciano non finirono qui e qualche anno dopo i Conti Scialenghi furono costretti a sottomettersi di nuovo al Comune di Siena.
Correva l’anno 1197 (18 febbraio) quando venne firmata la resa e sigillato il giuramento definitivo:
“In nome di Dio Amen. Noi Cacciaconte, Cacciaguerra, Guido di Cacciaconte e Rainaldo di Aldibrandini giuriamo sul Santo Vangelo di Dio che da ora in poi in perpetuo saremo cittadini senesi e difenderemo e custodiremo ogni persona della città di Siena, dei suoi borghi e dei suoi suburbi….”.
Promisero inoltre di andare ad abitare entro le mura senesi almeno tre mesi di ogni anno, sia che ci fosse pace, sia che ci fosse guerra.
Subito dopo, sempre nel mese di febbraio, i Cacciaconti fecero giurare in un pubblico e solenne atto anche tutti gli uomini di Asciano e dei borghi circostanti.
Tra questi trecento nomi ne riporterò soltanto alcuni che indicano la provenienza da località vicine ad Asciano e che ancora oggi hanno mantenuto intatto o quasi il loro toponimo:
Paganellus de Montegonteri, Matheus de Rencine, Peruczino de Monte Martini, Tignosus de Ripa, Salvi de Modine, Ugulinus de Sancto Archangelo, Nero de Monte Bernardi, Peronzus de Montealceto, Guarnierus de Terrentino, Calbonus de Sancto Romano, Iovanninus de Rufena, Pero de Montefranchi, Aldobrandino de Rigoli.