di Augusto Codogno
SIENA. E’ bene ricordare a tutti gli adolescenti in preda alle pulsioni per il noto videogioco “Assassin’s Creed” – fortunata realizzazione ludica di successo planetario che, pur con le dovute distanze dalla storia, tolte le false ambientazioni, gli improbabili contesti e le inesistenti finalità didattiche – gli “assassini” sono esistiti davvero e furono anche a Siena. Conosciuti dal IX al XIV secolo come “Setta degli Assassini” o semplicemente “Assassini”, vissero in Persia e Siria a partire dal XI secolo e rappresentarono una corrente dell’Islam sciita minoritaria e perseguitata (ismaeliti).
La caratteristica più nota di questo gruppo etnico-religioso era la completa sottomissione al loro capo carismatico che era nello stesso tempo il loro maestro e il discendente di Dio. Non avevano paura della morte e divennero famosi per alcuni omicidi eccellenti commissionati su ordine del loro capo contro i nemici della setta, senza distinzione fossero essi musulmani o cristiani. Anzi, le loro missioni venivano portate a compimento in modo eclatante, anche davanti a folle di nemici, in quanto non temevano la morte e vi andavano incontro consapevoli del loro martirio. Così uccisero dentro alle moschee e dentro alle chiese i personaggi più importanti che via via li ostacolarono ed anche in europa, ben presto, il loro nome divenne sinonimo, impropriamente, della parola e del significato moderno di “assassino”, cioè omicida. In realtà e contrariamente a quello che si era creduto fino ad alcuni decenni fa, il termine “assassini”, non deriverebbe dal sostantivo plurale arabo “al-Hashishyyun”, cioè coloro che sono dediti all’hashish (che pur conoscevano), ma al fatto che fossero seguaci di “Hasan” oppure in ultima ipotesi da “asan” che significa “guardia”. Questi furono in sostanza degli adepti dell’ismailismo sciita in un territorio che ai tempi era a maggioranza sunnita (selgiuchidi). Il loro capo carismatico fu Hasan-i Sabbah, colui che conquistò la loro fortezza più importante (Alamut), estendendo la loro influenza su Iran e Siria e proprio da Hasan presero il loro nome.
Hasan-i Sabbah era anche detto “il vecchio della montagna” e così appare in varie cronache, compreso nel Milione di Marco polo, ma un più attento studio del significato arabo ci rivela che la parola “shaykn” significa contemporaneamente “vecchio” e “capo”, quindi sarebbe più corretto identificarlo come il “capo della montagna”. Forte Alamut infatti, inespugnabile roccaforte (vedi figura) nelle montagne tra Teheran e il mar Caspio, fu il suo quartier generale ed anche quello dei suoi successori. Questo castello apparentemente inattaccabile venne chiamato anche il “nido delle aquile”.
Dopo la prima crociata e la riconquista di Gerusalemme (1099), nacque anche l’Ordine dei Templari che in breve tempo si munì di avamposti fortificati (rocche, castelli, torri), per prevenire eventuali attacchi da parte dei nemici, soprattutto dei “selgiuchidi” che non tardarono ad impegnarli in numerose battaglie e scontri. Dunque ci fu un periodo nel quale gli “assassini” ed i “templari” combatterono un comune nemico ed ormai è appurato che ebbero numerosi contatti, scambi ed alleanze militari. Anzi, se vogliamo dirla tutta, la cosa fu mal digerita in Occidente e molti malumori, anche nella chiesa di Roma, si sollevarono nei confronti della pur cristianissima milizia del Tempio.
Ne fu un fulgido esempio anche la nostra Siena che vide operare all’interno delle mura, non si sa bene se con compiti commerciali o militari gli “assassinorum”. Sicuramente introdotti dai templari, presenti nella nostra città almeno dal 1148 (inizialmente fuori Porta Camollia, poi intra), gli assassini vengono già citati fin dal 1243 quando sembra avessero la proprietà di alcune torri, nel tratto che va da San Vigilio fino alla vecchia porta di Follonica, sia sulla francigena (via Pantaneto), sia lungo la sua parallela Via della Staffa, quindi nel terzo di San Martino.
Portiamo ad esempio il caso di donna Beldie, vedova di Palmiero di Lisandrino, che in quell’anno lascia alcuni beni a Mezzolombardo di Squarcia e, tra le carte compare una “turris Assassinorum”. Ma anche nel 1259, nel registro della Biccherna, compare una “turris de Assassetta”, mentre nel giugno precedente si parla di un tal “Boccuccio custodi turris Assassinorum” ed anche di un altro custode, tale Laurentio, sempre relativamente alla “turris assassinorum”.
Ma il caso più interessante è quello che riporta il Constituto di Siena del 1262: “De contractu facto occasione Societatis Templariorum et Assaxinorum observando”, dove, per mano del Notaio Orlando del fu Actaviani il comune di Siena si impegna ad osservare un contratto stipulato con questa società.
Dunque il Costituto parla chiaro: Templari ed Assassini erano ufficialmente in società e svolgevano un’attività di interesse per il nostro comune. Forse si trattava solo di commercio? Forse si occupavano della detenzione dei prigionieri? Forse forniture di armi? Forse addestramento militare? Non è stato ancora chiarito, ma è acclarato che la collaborazione tra la Milizia del Tempio e questa setta sciita era in quegli anni alla luce del sole.