SIENA. Chi non conosce la storia della Pia de’ Tolomei, uno dei più amati personaggi della Divina Commedia di Dante Alighieri? Ebbene, tra i suoi tanti possedimenti c’erano anche una casa e molti terreni a Monteroni d’Arbia. Premesso che il personaggio dantesco, di cui il poeta non dice mai il cognome, ha sempre fatto litigare gli studiosi di questa grandissima opera, le maggiori convergenze su chi sia stata effettivamente questa donna, vanno verso una Pia che visse a Siena proprio nel periodo in cui anche Dante vi abitò. Si trattava di Madonna Pia Tolomei, che in realtà era la signora Pia Guastelloni vedova di Baldo Tolomei. La storia la conoscete tutti: Pia andò in sposa al nobile Nello Pannocchieschi che, invaghitosi di un’altra donna, la fece rinchiudere nella torre di Castel di Pietra e la lasciò morire di fame (secondo alcuni) o la fece uccidere (secondo altri). Insomma la tolse di mezzo.
Tra storia e leggenda a volte c’è di mezzo il mare, ma, nel caso di Dante, sappiamo che ogni persona citata nella Divina Commedia è realmente esistita. Così, mentre si sono trovati molti documenti su Nello Pannocchieschi signore maremmano, comprese le carte originali del suo testamento, poco o nulla si è trovato su questa donna semplicemente chiamata Pia. L’unica Pia, senese, vissuta in quel periodo, sembra davvero essere una donna della nobile casata dei Guastelloni (un suo stretto familiare fu Podestà in Lucignano d’Arbia). Sposò in prime nozze Baldo Tolomei e ne rimase vedova abbastanza giovane. Prima della scomparsa prematura del marito aveva avuto due figli: Balduccia e Andrea che, secondo le regole vigenti in quel tempo, avrebbero ereditato l’enorme fortuna del padre solo in maggiore età. Così nel 1290, madonna Pia fu costretta a rivolgersi al tribunale “dei Pupilli” per chiedere l’affidamento dei due figli ed è proprio da questi carteggi ritrovati che emergono le notizie monteronesi.
Veniamo al carteggio:
Anno 1290, 20 Settembre. Madonna Pia, vedova di Baldo (“Baldi de Ildibrandini de Talomeis”), domanda al Giudice della Corte del Placido di essere tutrice dei suoi figlioli Andrea e Balduccia.
Anno 1290, 11 Ottobre. Pia de’ Tolomei deve produrre per il tribunale un inventario dei beni dei figli minorenni (“pupilli”) “Hoc est inventarium quod fecit scribere dicta tutrix et eius tenor talis est. In nomine Domini Amen. Anno ejusdem Domini MCCLXXXX, indictione quarta, die XI mensis Octobris. Ego Pia, filia domini Buonincontri de Guastellonis, relicta domini Baldi olim Ildibrandini de Tolomeis, tutrix Andree et Balduccie……”. Segue un elenco dei beni nella città di Siena tra cui una parte del Palazzo Tolomei in Piazza San Cristoforo (attuale piazza Tolomei), case in Campo Regio, una parte del Palazzo Guarneri, una parte del Palazzo Alessi ed altro ancora… Dopo i beni senesi, Pia fornisce anche un elenco dei possedimenti monteronesi (“positarum in contrada Monteronis vallis Arbie”):
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Terra, prati e due capanne poste in luogo chiamato “la Chiusa” che confina da una parte con la “strata”, da un’altra Terii Gualterii, da un’altra Terii Paganelli e Andrea Schermi e a capo gli eredi Ranieri di Rodolfo e il Terii sopradetto.
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Un altro pezzo di terra con vigna e casa (“domus”) posta al Poggiarello, che confina da una parte con la “strata”, da un’altra con un fossato, da un’altra con una via.
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Terre lamate che confinano da una parte con l’Arbia e da tre parti con Andrea Schermi.
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Terra e lame in luogo chiamato “dassalti” che confinano da una parte con Cione Ranieri, da un’altra con Andrea Schermi e da un’altra con l’Arbia.
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Terra e lame in luogo chiamato “daldocciola” che confinano da due parti con Cione Ranieri e da un’altra con l’Arbia.
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Terra in luogo chiamato “Giardino” che confinano da tre parti con gli eredi di Naddi Tolomei e da un’altra con l’Arbia.
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Terra, vigna e lame che confinano da una parte con una via, da un’altra con la chiesa di San Giusto (“ecclesie Sci Justi”), a piede (“pede”) l’Arbia e da un’altra la chiesa sopradetta.
Seguono altri possedimenti sempre concentrati nell’area “Chiesa di San Giusto-Poggiarello-fiume Arbia”, per poi passare a quelli nei comunelli vicini come Querciola e Lucignano. Negli altri numerosissimi possedimenti terrieri che i figli di Baldo hanno a Monteroni e che non starò ad elencarvi in toto, emergono, tra i confinanti, altri Tolomei e l’Ospedale Santa Maria della Scala.
Da notare alcuni particolari molto importanti che non debbono sfuggirci, primo tra tutti il fatto che questi possessi gravitavano nella zona del Poggiarello, grandioso podere che anche oggi esiste tra l’attuale “podere San Giusto” (ex chiesa) e la francigena e che ha mantenuto molto della struttura medievale, compreso i muri a “scarpa”. Incrociando i dati dell’ Estimo di Monteroni del 1319 e questi carteggi del 1290, abbiamo una fotografia abbastanza chiara di questa zona che avevamo già delineato come “popolo di San Giusto”. Il podere Poggiarello fu senz’altro dei Tolomei così come tutto quel terreno tra la francigena (definita da sempre “strata” per differenziarla dalle altre “vie”) e il fiume Arbia, distante appena 200 metri.
Ritornando alla Pia de’ Tolomei è importante dare un occhiata anche al rendiconto che la povera donna dovette stilare tra il 1291 e il 1294, per giustificare tutte le spese occorse per le proprietà e per i due figli. Tra queste spese vi documenterò soltanto quelle che riguardano Monteroni.
Anno 1291/1294 Rendiconto delle spese di Pia de’ Tolomei
40 soldi per le spese fatte a “Monterone” per far seccare e “coadunare” il fieno
3 lib., 1 soldo e 8 denari dati a Giugno per le spese di divisione dei poderi di Monterone.
8 lib., 6 soldi e 8 denari dati il 25 Giugno del detto anno per le Gabelle pro divisione dei poderi di Monteroni.
3 lib., 10 soldi per il ristoramento di un bove.
20 soldi per far seccare il fieno.
5 lib. e 16 soldi dati a Berto per fare un muro nella casa di Monteroni
42 lib. date per la “rendita habita” del podere di “Montirone de Valle Arbie”
27 lib. date per la “rendita habita” del detto podere per il secondo anno.
40 lib. di tutta la “rendita habita” detto podere
20 soldi per un “famulo” quando rimasi in Val d’Arbia al tempo delle messi.
11 lib. per 70 “salmis” di legna a Cacciaconte per quando rimasi in Val d’Arbia e in panni per la sua famiglia.