di Augusto Codogno
SIENA. Dell’antico tracciato della Via Francigena in Val d’Arbia, ed in particolare nel Comune di Monteroni d’Arbia, conoscevamo ben poco, se non che una delle tappe di Sigeric dell’anno 994 (la quattordicesima per la precisione) fu appunto la località di Arbia, individuata nell’attuale Ponte d’Arbia. Proveniente da Torrenieri, il vescovo sopracitato, dopo la sosta a Borgo d’Arbia, arrivò a Siena dove si fermò nuovamente. Il tratto nel quale attraversò obbligatoriamente la Val d’Arbia e quindi teoricamente il Capoluogo di Monteroni, non è conosciuto, ma doveva avvicinarsi molto alla attuale Cassia.
Alcune ricerche storiche che io ho effettuato negli ultimi dieci anni negli archivi senesi, mettono maggiormente a fuoco alcuni punti di sicuro passaggio di questa strada. Se le carte non ci aiutano molto nel periodo subito dopo al mille, nel XIII e XIV secolo sono invece abbastanza generose, tanto da far luce su alcuni siti toccati da questa autentica autostrada dei pellegrini. Ma per saperne di più non bisogna limitarci ai documenti scritti dove può esserci o meno la parola “francigena”. Occorre seguire anche altre tracce che possono rivelare in via indiretta il percorso stradale sopracitato. Rimanendo sempre fermi sul fatto che la “strata francigena” o “francisca”, come si soleva dire, non fu mai un percorso fisso e rigido, ma si spostava nei decenni cambiando e deviando leggermente il suo tracciato.
Così il pellegrino, il mercante, il soldato, il prete che viaggiava in questi secoli, conosceva solo le località del suo percorso, ma sapeva che tra una tappa e l’altra, tra un ponte e l’altro, c’erano un fascio di tracciati da percorrere, che cambiavano di volta in volta a seconda della stagione (fango, pioggia, frane, straripamenti, dazi), ed anche la francigena non faceva eccezione. Ed allora diventa difficile individuare un unico percorso, un’unica via, un tracciato ufficiale. Quindi, certi di non raggiungere la matematica certezza di una completa e indiscutibile mappa topografica della nostra strada, cercheremo comunque di andarci più vicino possibile.
Ci faremo aiutare in questo anche dall’ubicazione degli ospedali, che erano a quei tempi come i moderni “Motel” per coloro che viaggiavano, ma anche dalle osterie. Negli “hospitali” si trovava riparo, da mangiare e da dormire e, siccome svolgevano anche un opera di assistenza ai pellegrini, erano spesso gestiti da enti di carità o addirittura da Ordini Monastico Militari come i Cavalieri Ospitalieri di San Giovanni di Gerusalemme, i Poveri Cavalieri di Cristo (Templari), i Cavalieri di S. Jacopo d’Altopascio ecc…
Nel tratto di francigena preso a studio nel nostro volume, e cioè da Isola d’Arbia a Ponte d’Arbia, gli ospedali (dal XIII secolo in poi) erano gestiti da enti come la Casa della Misericordia di Siena, il Santa Maria della Scala, monaci e frati di diversi ordini religiosi, ma anche dai cavalieri di San Giovanni e forse, per Ponte d’Arbia e Lucignano, anche dai Templari, ma di questo ne parlerò approfonditamente nel mio prossimo libro.
Per quanto riguarda la nostra francigena, bisogna ricordare con quale attenzione il Comune di Siena si era nel tempo adoperato per mantenerla in buono stato. Oltre allo strategico ponte sull’Arbia, che diede il via a decine di delibere tra la seconda metà del 1200 e la prima metà del secolo successivo, ci si preoccupò anche di raddrizzarne il percorso. Così, a partire dal 1220, Siena combinò una serie di espropri, permute e progetti, proprio nel tratto tra Isola d’Arbia e Lucignano, spostando la via più antica che passava per le colline a destra dell’Arbia (scendendo da Siena verso Monteroni) e portandola definitivamente in pianura. Ma partiamo dalla più antica testimonianza di questa strada e cioè dal diario di Sigerico e quindi ripercorriamo il nostro tracciato da sud a nord, come fece lui nel 994 ritornando da Roma a Canterbury.
Nel percorso che andava da Ponte d’Arbia a Siena, c’erano sicuramente due alternative: una che transitava sulle colline a sinistra del fiume Arbia (direzione sud-nord), preferita d’inverno in quanto maggiormente transitabile, ed una di pianura che corrispondeva in grande misura al tracciato dell’attuale cassia, prima detta “romea”, poi “regia romana”, escluso il tratto da Ponte d’Arbia a Curiano che continuò sempre ad esistere solo ed unicamente in collina.
Il secondo percorso, divenne nel XIII/XIV secolo quello principale, grazie ai lavori fatti da Siena per migliorare le strade e i ponti (vedi Statuto dei Domini Viarii e Constituto Senese) ed anche perché molte zone paludose sulle rive dell’Arbia (denominate “Paduli” o “Lame”), erano state bonificate e definitivamente sanate.
Verosimilmente, provenendo da Buonconvento ed appena attraversato il ponte sull’ Arbia (del 1244 le prime notizie di un Ospedale gerosolomitano), si saliva verso Sorbitella al Poggio (anticamente Selvitella), anch’essa sede di un Ospedale dei Cavalieri di San Giovanni (prime notizie nel 1244 e nel 1245).
Da qui, sempre su percorso collinare, si arrivava a Curiano, dove una fonte per i pellegrini della francigena compare già in alcune delibere di fine 1200, mentre nel 1327 vi fu eretto un ospedale intitolato ai SS. Niccolò, Domenico e Ambrogio. Curiano o Churliano come si chiamava ai tempi, fu senz’altro un crocevia dove la vecchia francigena lasciava l’alternativa di proseguire per la collina o scendere in pianura. Se si proseguiva il tratto collinare (tratto più antico), si arrivava a Quinciano passando per Montedonachi e poi di seguito: Greppo, Villa Randagia e Monteroni sud (“popolo di S. Giusto”). Se si percorreva il tratto in pianura, da Curiano, o anche da Montedonachi, si scendeva a Lucignano d’Arbia (tratto più moderno), dove erano altri due ospedali, di cui uno della Casa di Misericordia di Siena.
Nel 1226, proprio per migliorare la via Francigena ed allargarla, il Comune di Siena inviò a Lucignano, tramite i suoi viarii, un “Balitor” (forse per occuparsi di alcuni espropri inerenti al progetto). La cosa irritò talmente i lucignanesi che l’ufficiale venne addirittura ucciso.
Da Lucignano (sempre tratto meno antico) la strada di pianura giungeva al borgo di Monteroni (anch’esso con due ospedali di cui uno presente almeno dal 1251). Da Monteroni la francigena antica andava a Cuna, dove era un altro ospedale, passando da Collandino e poi proseguiva per il poggio di Tressa, per “poggio la croce/podere “La Piaggia” (dei cistercensi di San Galgano) ed arrivava alla Troiola, oggi chiamato podere S. Giorgio.
La francigena più moderna invece (dal 1224 circa), da Monteroni non andava più verso Cuna, ma rimaneva in pianura ricopiando il tracciato della cassia moderna. Infatti, partendo dal nostro mulino, andava in linea retta verso il podere di Strada (il nome non è un caso), poi a More di Cuna, Tressa (ex S. Angelo a Tressa con ospedale dal 1219) e Isola d’Arbia dove, nei primi del 1300 c’erano almeno due ospedali. Dal 1300 il tracciato divenne definitivo: Ponte d’Arbia-Sorbitella in Poggio-Curiano-Lucignano-Monteroni-More di Cuna-Tressa-Isola d’Arbia.
Per tutte queste località ci sono documenti scritti inconfutabili.