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“La violenza sulle donne – sottolinea l’assessore Simonetta Pellegrini – non è, purtroppo, un fenomeno emergenziale, ma un dato strutturale della nostra società, che negli ultimi anni è andato progressivamente peggiorando. I dati della provincia di Siena dimostrano che ci sono molti casi di maltrattamenti fisici e psicologici che occorre contrastare e prevenire. Intensificheremo le azioni e le misure concrete: l’educazione nelle scuole alla parità di genere e al rispetto reciproco e, parallelamente, la sensibilizzazione dei cittadini e delle cittadine sul fenomeno della violenza sulle donne e sul contrasto ad ogni forma di discriminazione. Tra gli obiettivi principali che oggi abbiamo nuovamente sottolineato, ci sono la protezione delle donne maltrattate, con azioni di sostegno e supporto alla rete istituzionale sociale e dei centri antiviolenza, e l’impegno affinché il Parlamento ratifichi la Convenzione internazionale contro la violenza sulle donne e il governo vari un Piano nazionale contro la violenza”.
L’accordo territoriale di genere. Al termine della presentazione dei dati è stato firmato l’accordo territoriale di genere tra gli attori istituzionali e socioeconomici del territorio e le associazioni di donne, per potenziare il coordinamento dei soggetti e degli interventi in materia di contrasto alla violenza, lotta agli stereotipi di genere e promozione delle politiche e degli strumenti di conciliazione. Le due grandi azioni contenute nell’accordo – rivolte una al mondo della scuola, l’altra al mondo del lavoro – hanno come obiettivo quello di diffondere e sostenere, nella famiglia e nella società, nuovi modelli di relazione uomo-donna, contrastare gli stereotipi e valorizzare l’identità femminile per promuovere la parità tra i generi. “L’accordo – sottolinea l’assessore Pellegrini – contribuisce alle azioni di prevenzione dei fenomeni della violenza sulle donne proprio perché molte azioni si svolgono nelle scuole e intendono incidere sulla formazione culturale delle giovani generazioni. L’obbiettivo di questa intesa, in realtà, è molto più ampio e pervasivo; mira, infatti, a costruire un nuovo patto tra i generi nella famiglia, come nel mondo del lavoro. In quest’ottica vanno lette le azioni di sostegno alla rete delle imprenditrici e di diffusione delle politiche di conciliazione”. L’iniziativa si è conclusa con un buffet preparato dai ragazzi e dalle ragazze dell’associazione Le Bollicine.
L’analisi dell’Osservatorio sociale provinciale sui dati 2011/2012 rilevati dai Centri Antioviolenza
Il profilo delle vittime. Andando a guardare da vicino il profilo delle donne che hanno chiesto aiuto ai Centri Antiviolenza – 106 donne tra il 2011 e il 2012 – cresce la percentuale delle trentenni e delle cinquantenni rispetto al periodo di rivelazione precedente. Nella fascia di età tra 30 e 39 anni, le donne che hanno subìto violenza sono il 34,7%, così come sale al 13,3% la percentuale di donne nella fascia di età 50-59 anni. Il livello di istruzione resta comunque superiore alla media della popolazione, con il 18% di donne laureate. Le donne coniugate sono più della metà (57%). La dipendenza economica dal partner rende difficile per la donna uscire da una situazione di violenza: il 58% di coloro che hanno avuto il coraggio e la forza di rivolgersi ad un Cav restano comunque condizionate dalla mancanza di autonomia economica. I numeri relativi alla condizione lavorativa parlano chiaro: lavoro saltuario 17%; casalinga 9%; pensionata 1%; studentessa 3%; non occupata 29%; occupate 41%. Con la crisi economica, la percentuale di disoccupate che si sono rivolte ai Centri cresce del 10%.
Le forme di violenza e gli aggressori. La violenza contro le donne comprende tutti quei comportamenti che ledono o danneggiano il corpo della donna, la sua sessualità, la sua identità, la sua autostima, la sua autonomia economica, la sua spiritualità. Se la violenza fisica è quella più riconoscibile, quella psicologica è la più diffusa ed è, insieme alla mancanza di autonomia economica, la gabbia che impedisce alle donne di uscire e denunciare. I dati e le storie presentati oggi dall’Osp e dalle associazioni che gestiscono i Cav – presenti Donna chiama Donna, DonneAmiataValdorcia, Donne Insieme Valdelsa e Amica Donna – hanno mostrato una crescita significativa dell’incidenza della violenza psicologica (83,3%) e della violenza fisica. Guardando all’aggressore, cresce anche l’incidenza dei casi in cui e è il coniuge o partner (72,1%).
La denuncia dell’aggressore. “Le donne che denunciano – ha spiegato Moreno Toigo dell’Osservatorio sociale della Provincia di Siena – sono poche rispetto a quelle che subiscono violenza. Tra le poche che riescono a trovare il coraggio di chiedere aiuto rivolgendosi a un Cav, meno di un terzo denuncia l’aggressore. La paura di ritorsioni, la mancanza di fiducia in sé stesse, la dipendenza economica e psicologica e la presenza dei figli o l’età, sono tra le ragioni che impediscono alle donne di denunciare Tuttavia, rispetto al 2010/2011, la percentuale di donne che ha denunciato è aumentata (27%). Dai dati dei Centri Antiviolenza, nel biennio 2010/12 hanno denunciato l’aggressore soprattutto le giovani e le straniere. La presenza di figli, oltre che l’età, è un elemento di ostacolo alla denuncia.
La violenza assistita. L’esposizione alla violenza intrafamiliare è un grave trauma per i bambini e le bambine ed è il principale fattore della trasmissione intergenerazionale della violenza. La percentuale dei casi di violenza assistita – quegli atti di violenza compiuti su figure affettive di riferimento, di cui il bambino può fare esperienza e di cui può patire successivamente gli effetti – è stabile: il 74% delle donne che si sono rivolte ai Centri antiviolenza hanno riferito che i figli hanno assistito alla violenza.
La capacità di risposta dei Centri Antiviolenza. L’accesso ai Centri Antiviolenza è diretto o attraverso la segnalazione di Servizi sociali, Pronto soccorso, consultori e forze dell’ordine. Dai dati dell’Osp, nel 2011/2012, gli accessi diretti sono stati l’84,7%. Una percentuale in crescita, come aumenta la capacità dei Cav di gestire autonomamente il percorso di sostegno delle vittime, che è diretto o in collaborazione con altre strutture nel 76,2% dei casi. Tra i bisogni espressi dalle donne che si rivolgono ai Cav cresce l’ascolto e la ricerca di protezione.