Intervista a Gherardo Colombo, ex-magistrato del pool di Milano
a cura di Max Brod – foto di Max Brod
SIENA. Grillo lo ha definito come il più grande scandalo economico della Repubblica, altri semplicemente “inchiesta” o “caso”. Sta di fatto che la “questione” Mps (giusto per aggiungere un’altra dicitura), ha richiamato diverse volte, per la sua gravità, per il suo impatto mediatico e non solo, i fatti di Mani pulite. A partire dal lancio di monetine di craxiana memoria che si è ripetuto davanti al Palazzo di Giustizia di Siena, ad opera di una folla molto meno numerosa di quella del ‘92 (più esattamente 7-8 persone), la memoria torna a quegli anni per la trasversalità dei settori investiti dall’inchiesta Mps, e per la portata economica dei reati contestati. Chiude il cerchio l’ultimo drammatico evento, il suicidio di David Rossi, ad apportare quella quota di sangue che rende il paragone (tristemente) calzante. Il gesto estremo sconvolge la città a tutti i livelli, come l’inchiesta, ma in un senso molto diverso, che tocca i sentimenti. Un silenzio cala fatalmente sulla vicenda, i media più o meno volontariamente si adeguano al clima di sobrietà, ed è solo di qualche giorno fa la notizia che le indagini sulla morte di Rossi sono prossime alla conclusione. Anche se il fascicolo decreterà la fine di ogni sospetto sull’ipotesi di “istigazione al suicidio”, ci si potrebbe chiedere quale effetto una notizia così drammatica possa aver avuto sui magistrati protagonisti dell’inchiesta Mps che -, seppur indirettamente, ha coinvolto David Rossi, perquisito due settimane prima della morte.
Rimane anche da sondare l’impatto sull’opinione pubblica di questo e degli altri fatti della questione Mps. Un’opinione pubblica che a Siena – escludendo la campagna elettorale – si è manifestata a toni alterni e che, spiegherà Colombo, non è di priva di importanza per lo sviluppo processuale. Questi ed altri sono gli interrogativi posti all’ex-magistrato di Mani pulite, al fine di approfondire la situazione senese, attraverso quella che è stata la sua esperienza in uno dei più grandi scandali della storia Italiana.
Dottor Colombo, qual è il peso che un evento drammatico, come un suicidio, può avere sull’attività dei magistrati di una grande inchiesta giudiziaria?
Il problema sta nel fatto che si tratta sempre di eventi di una drammaticità eccezionale, e chi fa le indagini ha comunque il compito di cercare di evitarli. È certo però, che bisogna avere qualche elemento dal quale poter desumere una prospettiva del genere, e questo non sempre si verifica. Quando esistono invece degli elementi che possano anche lontanamente far ritenere che ciò succeda, ci si attiva per evitarlo. A noi di Mani pulite è successo che alcune persone si suicidassero, io credo che siamo anche riusciti ad evitare che altri compiessero quel gesto. Sotto il profilo della psicologia è sicuro che questi fatti sconvolgono: credo che nessuno sia tanto insensibile da non rimanere scosso, e anche profondamente, da queste cose; allo stesso tempo non si può pensare che tali eventi – per quanto enormemente tragici – possano portare ad evitare di compiere l’attività dovuta, e cioè investigare.
Che ruolo ha, secondo lei, l’opinione pubblica nell’andamento dei processi, soprattutto quelli molto seguiti dai media?
Credo sia molto importante. Non tanto per i magistrati, che se sono effettivamente indipendenti, lavorano e investigano senza tenere minimamente conto dell’esterno; bensì per quanto riguarda le persone coinvolte nel processo. Se esiste un atteggiamento della società che apprezza il rispetto delle regole, e che non è in sintonia con la loro violazione, io credo che questo possa influire sul loro comportamento processuale.
Vale anche in caso contrario, di un’opinione pubblica meno sensibile al rispetto delle regole?
Sì, Certo.
In casi di inchieste vaste, che toccano personaggi molto noti, è possibile si facciano pressioni volte a minare l’indipendenza dei magistrati?
La costituzione italiana garantisce effettivamente l’indipendenza dei magistrati. Poi dipende per prima cosa dai magistrati, se hanno voglia e sono in grado di mantenerla. Può succedere che non siano in grado per inesperienza, sfortuna, incapacità e temo addirittura per volontà. Gli ultimi processi che ho seguito a Milano, per esempio, riguardavano la corruzione di magistrati. Non si può condizionare direttamente l’attività di un magistrato, però allo stesso tempo si possono utilizzare degli strumenti che attentano alla credibilità delle persone che fanno quel lavoro.