Al prossimo cda non ci sarà possibilità di rinvio
di Raffaella Zelia Ruscitto
SIENA. Nessuna nota ufficiale nè alcun resoconto dopo il cda dell’Università degli Studi di Siena che si è tenuto ieri mattina (25 febbraio). Una conferenza stampa del rettore. E chi c’è, c’è.
Le novità, comunque, sono giunte ugualmente e riguardano una “non decisione” dell’organo amministrativo dell’Ateneo. Nulla è stato deciso sulla varizione al bilancio per autorizzare il pagamento degli “Studi in onore di Luigi Berlinguer” ordinati, senza un regolare impegno di spesa dell’Università, nel lontano 2006 dall’ufficio Comunicazione e Marketing. La decisione è stata rinviata alla prossima seduta del cda, il 4 marzo. In quella circostanza, quale che sia la decisione, non si potrà più rinviare, pena avviare una procedura giudiziaria con la casa editrice Rubettino, che ha messo come scadenza tassativa e improcrastinabile per saldare la fattura di oltre 26mila euro, il prossimo 15 marzo.
Su Facebook, diventata una piazza libera in cui i dipedenti dell’ateneo si ritrovano per confrontarsi sulle difficoltà quotidianamente affrontate – e da affrontare – uno di questi scrive “dov’è la giustizia in questo processo di risanamento? si pagano debiti non autorizzati e si negano pagamenti autorizzati: si sospendono 30mila euro di benefit asili nido autorizzati per pagare 26mila euro di spese non autorizzate!!”.
Lo sconforto per una operazione di risanamento “incomprensibile” si interrompe solo per lasciare spazio alla rabbia impotente di chi assiste ad operazioni di scarsa trasparenza e discutibile opportunità. Morale oltre che economica.
Torna ripetutamente, nell’immaginario dei dipendenti, quel telefonino del rettore costato quanto lo stipendio mensile di un tecnico amministrativo. E quello stipendio (forse neppure tanto legittimo) assegnato al direttore amministrativo: il massimo che un da di ateneo si possa vedere riconosciuto.
Dunque, nessun sacrificio è dato da fare a chi pure conosce meglio di altri le paurose difficoltà dell’università senese.
Rimandato alla seduta del 4 marzo anche il saldo di circa 108mila euro da accreditare all’università di Trieste per l’operato dell’ex direttore amministrativo per il perido 1998-2001 e dell’ex tecnico amministrativo.
E poi ci sono tutte le cause di lavoro che gravano sull’ateneo e che, se concluse tutte a suo danno, possono definitivamente “tagliare le gambe” ad un bilancio che fa già acqua da tutte le parti.
Intanto ieri (25 febbraio) il rettore Riccaboni ha parlato lungamente di Unisi 2015. Il progetto di rilancio dell’ateneo che dovrebbe “ridisegnare il volto dell’Unversità come sarà tra cinque anni”, queste sono le parole del Rettore. Un percorso partecipato, aggiunge Riccaboni. Ed è proprio sulla partecipazione che, probabilmente, qualcosa non torna. Se è vero, come è vero, che i sindacati sono in polemica, gli studenti pure e i dipendenti anche. E i professori? ovvero quella parte dell’ateneo che dovrebbe tenere alta l’eccellenza del percorso di studi ed anche la dignità di una istituzione che, al momento, rischia di essere ridotta all’osso (nel campo della ricerca l’operazione è già stata fatta)?
Su questo fronte, salvo qualche voce fuori dal coro, tutto tace. Nessuna mobilitazione; nessun contributo propositivo che possa garantire la correttezza dei procedimenti di “taglio” e “rilancio”.
Una mancanza che si sente questa, e che si aggiunge all’immagine di sterile e freddo deposito delle menti – e rifugio per baronie e caste varie – che offre l’università italiana. E quella senese nello specifico.