L'11 marzo saranno a Roma alla manifestazione nazionale
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SIENA. La Rdb/USB Università di Siena aderisce allo sciopero generale del 11 marzo, sottoscrivendo il comunicato della RdB-USB Università nazionale, di cui riportiamo il testo integrale di seguito.
“Con fondazioni, privatizzazioni e federazioni tagliano futuro a lavoratori, studenti e al paese La casta “potentissima” dei Rettori si sta rafforzando riuscendo a rinchiudere e a esaurire il dissenso contro la riforma nelle commissioni per i nuovi statuti. La CRUI sembra divertirsi (alle spalle e sulla pelle della comunità universitaria), ammettendo l’anarchia del sistema statale e nazionale delle università, pubblicizzando (www.crui.it) un blog che sembra un nuovo gioco Sisal: “Dalla revisione degli statuti degli atenei all’attuazione dei decreti applicativi. La cosiddetta Legge Gelmini (L.240/2010) sta modificando parte della vita accademica. Ma ogni università è un mondo a sé. Come cambierà l’assetto organizzativo? Quali i nuovi compiti degli organi di governo? Che ruolo per l’internazionalizzazione, la ricerca e la didattica dopo il riassetto? In che modo verranno reclutati i docenti di domani?”-
La verità è amara, nascosta dietro ad una scientifica costruzione comunicativa che non solo ha tamponato le “proteste” del dicembre scorso, non solo ha “esaltato” un modesto ministro come Gelmini, ma ancora in questi giorni nasconde la spaventosa crisi economica degli atenei che mette in forse ogni prospettiva di rilancio ed investimento nell’Università Pubblica. Con l’approvazione del decreto Milleproroghe sappiamo che almeno 36 atenei andranno in rosso e rischieranno il commissariamento o addirittura la chiusura dell’ateneo se non sapranno “razionalizzare” ergo “tagliare”. E’ fin troppo chiara l’azione costante del governo nazionale verso i default pilotati che spingono lo smantellamento del pubblico a favore del privato e a danno di clienti/studenti.
Le ristrutturazioni “aziendali” dell’Università sono già in corso da qualche anno con “piani di rientro” che hanno prodotto già pesanti ridimensionamenti dell’attività didattica e dei servizi, in più di un caso di mobilità coatta del personale e svendita del “ricco” patrimonio strumentale e immobiliare delle Università Pubbliche. Al peggio non c’è mai fine e quindi oggi, rafforzati da una missione che assomiglia sempre più a quella di un amministratore delegato, più che ad un garante dell’Istituzione, i Rettori seguono strade ben delineate seppure sembrano contraddittorie come la reale competizione tra atenei e la loro federazione.
Come ampiamente pubblicizzato con accordi che investono il Miur e i governatori regionali (Campania, Molise, Puglia, Basilicata, Veneto, Toscana, …), per fronteggiare l’emergenza che mette a rischio non solo il futuro dell’Università Pubblica ma anche i poteri e privilegi della casta nei territori, i Rettori rinunciano a qualsiasi scontro nazionale sui tagli del finanziamento nazionale per affidarsi alle ben più accoglienti “razionalizzazioni” regionali. Questi sono veri e propri processi di “risanamento” e “riorganizzazione in rete”, che promettono, in nome dell’efficienza dell’offerta didattica e della salvaguardia delle “eccellenze”, un ulteriore e più pesante ridimensionamento delle attività didattiche e dei servizi dei singoli atenei.
Per gli studenti ciò significa mobilità forzata con un’ulteriore erosione del diritto allo studio; per il personale tecnico-amministrativo significa esuberi, mobilità e tutto il doloroso corollario che ne seguirà. Prepariamoci a “turbo processi” di svendita, esternalizzazioni e precarizzazione imposti dai nuovi e più castranti rientri economici dal debito pubblico che dovremo subire dall’Europa. Tutto ciò avviene al di sopra delle teste della comunità accademica troppo presa nell’impossibile difesa del proprio particolare e nell’inerzia quando non la complicità dei grandi sindacati che hanno portato nella guerra dei nuovi statuti rivendicazioni e sforzi per presenze pressoché inutili.
Trincerarsi nei propri atenei contro progetti di così ampia portata è sicuramente una strategia senza via d’uscita, investire tempo e risorse in statuti che possono diversificarsi per qualche virgola l’uno dall’altro o peggio aspettare e le complicazioni esasperate dei decreti applicativi significa solo accettare e legittimare questo governo, questo ministro, questi Rettori! Questa riforma (L.240/2010)
è un vero sabotaggio al paese.
Rilanciamo quindi la necessità di unire il settore su una rivendicazione di difesa nazionale del sistema universitario pubblico insieme a tutti i lavoratori che scenderanno in piazza per contrastare questo spaventoso attacco al lavoro e allo stato sociale”.
“Con fondazioni, privatizzazioni e federazioni tagliano futuro a lavoratori, studenti e al paese La casta “potentissima” dei Rettori si sta rafforzando riuscendo a rinchiudere e a esaurire il dissenso contro la riforma nelle commissioni per i nuovi statuti. La CRUI sembra divertirsi (alle spalle e sulla pelle della comunità universitaria), ammettendo l’anarchia del sistema statale e nazionale delle università, pubblicizzando (www.crui.it) un blog che sembra un nuovo gioco Sisal: “Dalla revisione degli statuti degli atenei all’attuazione dei decreti applicativi. La cosiddetta Legge Gelmini (L.240/2010) sta modificando parte della vita accademica. Ma ogni università è un mondo a sé. Come cambierà l’assetto organizzativo? Quali i nuovi compiti degli organi di governo? Che ruolo per l’internazionalizzazione, la ricerca e la didattica dopo il riassetto? In che modo verranno reclutati i docenti di domani?”-
La verità è amara, nascosta dietro ad una scientifica costruzione comunicativa che non solo ha tamponato le “proteste” del dicembre scorso, non solo ha “esaltato” un modesto ministro come Gelmini, ma ancora in questi giorni nasconde la spaventosa crisi economica degli atenei che mette in forse ogni prospettiva di rilancio ed investimento nell’Università Pubblica. Con l’approvazione del decreto Milleproroghe sappiamo che almeno 36 atenei andranno in rosso e rischieranno il commissariamento o addirittura la chiusura dell’ateneo se non sapranno “razionalizzare” ergo “tagliare”. E’ fin troppo chiara l’azione costante del governo nazionale verso i default pilotati che spingono lo smantellamento del pubblico a favore del privato e a danno di clienti/studenti.
Le ristrutturazioni “aziendali” dell’Università sono già in corso da qualche anno con “piani di rientro” che hanno prodotto già pesanti ridimensionamenti dell’attività didattica e dei servizi, in più di un caso di mobilità coatta del personale e svendita del “ricco” patrimonio strumentale e immobiliare delle Università Pubbliche. Al peggio non c’è mai fine e quindi oggi, rafforzati da una missione che assomiglia sempre più a quella di un amministratore delegato, più che ad un garante dell’Istituzione, i Rettori seguono strade ben delineate seppure sembrano contraddittorie come la reale competizione tra atenei e la loro federazione.
Come ampiamente pubblicizzato con accordi che investono il Miur e i governatori regionali (Campania, Molise, Puglia, Basilicata, Veneto, Toscana, …), per fronteggiare l’emergenza che mette a rischio non solo il futuro dell’Università Pubblica ma anche i poteri e privilegi della casta nei territori, i Rettori rinunciano a qualsiasi scontro nazionale sui tagli del finanziamento nazionale per affidarsi alle ben più accoglienti “razionalizzazioni” regionali. Questi sono veri e propri processi di “risanamento” e “riorganizzazione in rete”, che promettono, in nome dell’efficienza dell’offerta didattica e della salvaguardia delle “eccellenze”, un ulteriore e più pesante ridimensionamento delle attività didattiche e dei servizi dei singoli atenei.
Per gli studenti ciò significa mobilità forzata con un’ulteriore erosione del diritto allo studio; per il personale tecnico-amministrativo significa esuberi, mobilità e tutto il doloroso corollario che ne seguirà. Prepariamoci a “turbo processi” di svendita, esternalizzazioni e precarizzazione imposti dai nuovi e più castranti rientri economici dal debito pubblico che dovremo subire dall’Europa. Tutto ciò avviene al di sopra delle teste della comunità accademica troppo presa nell’impossibile difesa del proprio particolare e nell’inerzia quando non la complicità dei grandi sindacati che hanno portato nella guerra dei nuovi statuti rivendicazioni e sforzi per presenze pressoché inutili.
Trincerarsi nei propri atenei contro progetti di così ampia portata è sicuramente una strategia senza via d’uscita, investire tempo e risorse in statuti che possono diversificarsi per qualche virgola l’uno dall’altro o peggio aspettare e le complicazioni esasperate dei decreti applicativi significa solo accettare e legittimare questo governo, questo ministro, questi Rettori! Questa riforma (L.240/2010)
è un vero sabotaggio al paese.
Rilanciamo quindi la necessità di unire il settore su una rivendicazione di difesa nazionale del sistema universitario pubblico insieme a tutti i lavoratori che scenderanno in piazza per contrastare questo spaventoso attacco al lavoro e allo stato sociale”.