di Giovanni Elia
SIENA. Quest'oggi (25 Gennaio), la segreteria senese dell'Anm ha aperto le porte del Palazzo di Giustizia alla stampa ed al pubblico in occasione delle celebrazioni per il suo centenario. E' stata l'occasione per avere un colloquio franco e chiarificatore con alcuni dei protagonisti della filiera della giustizia senese, sia sul versante nazionale che locale. Libri come “Fine pena mai” di Luigi Ferrarella non hanno risparmiato dati e giudizi impietosi sullo stato di salute della giustizia in Italia, e a colloquio con Il Cittadino Online sia il Pm Francesca Firrao che il giudice Francesco Bagnai hanno ammesso che in effetti la situazione lascia parecchio a desiderare. Innanzitutto a monte, sul versante dei codici e degli uffici giudiziari: “Un primo passaggio di riforma”, ha affermato Bagnai, “è secondo me – e secondo l'Anm – una drastica riforma delle circoscrizioni giudiziarie: parecchie risalgono addirittura ai tempi del Regno Sabaudo, sono antieconomiche e di difficile gestione. Su questo vanno vinte le resistenze delle amministrazioni locali. Inoltre vanno sistemate le procedure del diritto: in Italia definire il processo penale farraginoso è un eufemismo. Siamo l'unico paese nel mondo, per fare un esempio, in cui la prescrizione continua ad essere conteggiata anche a processo in corso”.
E nel frattempo come fare i conti con le migliaia di procedimenti che cadono in prescrizione ogni anno in Italia? “Aumentando l'organico”, ha risposto Firrao: “dato che l'obbligatorietà dell'azione penale è in Costituzione, bisogna aumentare anche gli amministrativi per metterci in condizione di portare a termine i processi. E' quello che manca: non è che si vuole scegliere di che occuparsi, è che le giornate sono di ventiquattr'ore anche per noi”.
Il problema, va detto, è che le giornate sono di ventiquattr'ore anche per le decine di migliaia di detenuti in attesa di giudizio che sovraffollano le carceri italiane, una conseguenza diretta del tipo di codice penale con cui ci si ritrova a fare i conti in Italia. “E' un codice”, secondo Bagnai, “che ha subito moltissimi interventi anche della Corte Costituzionale, oltre che del legislatore, tutti slegati l'uno dall'altro: è pieno di articoli bis, ter, quater e di sentenze di cui bisogna tenere poi conto. E' come un soggetto che ha avuto infiniti trapianti multiorgano, e soffre di un problema di fondo: è per metà accusatorio e per metà inquisitorio, il che lo rende a tratti ingestibile, come ad esempio nella fase di motivazione della sentenza. Il Giudice è costretto a scrivere pagine e pagine, il che richiede tempo”.
Anche nell'isola felice del nostro territorio, tradizionalmente scarsa di reati, i problemi per la giustizia quindi non mancano, siano essi la mancanza di spazi per faldoni e fascicoli od un codice di procedura barocco e rattoppato – problemi, questo è evidente, per i quali nessuna decretazione d'urgenza può bastare.
© RIPRODUZIONE RISERVATA
SIENA. Quest'oggi (25 Gennaio), la segreteria senese dell'Anm ha aperto le porte del Palazzo di Giustizia alla stampa ed al pubblico in occasione delle celebrazioni per il suo centenario. E' stata l'occasione per avere un colloquio franco e chiarificatore con alcuni dei protagonisti della filiera della giustizia senese, sia sul versante nazionale che locale. Libri come “Fine pena mai” di Luigi Ferrarella non hanno risparmiato dati e giudizi impietosi sullo stato di salute della giustizia in Italia, e a colloquio con Il Cittadino Online sia il Pm Francesca Firrao che il giudice Francesco Bagnai hanno ammesso che in effetti la situazione lascia parecchio a desiderare. Innanzitutto a monte, sul versante dei codici e degli uffici giudiziari: “Un primo passaggio di riforma”, ha affermato Bagnai, “è secondo me – e secondo l'Anm – una drastica riforma delle circoscrizioni giudiziarie: parecchie risalgono addirittura ai tempi del Regno Sabaudo, sono antieconomiche e di difficile gestione. Su questo vanno vinte le resistenze delle amministrazioni locali. Inoltre vanno sistemate le procedure del diritto: in Italia definire il processo penale farraginoso è un eufemismo. Siamo l'unico paese nel mondo, per fare un esempio, in cui la prescrizione continua ad essere conteggiata anche a processo in corso”.
E nel frattempo come fare i conti con le migliaia di procedimenti che cadono in prescrizione ogni anno in Italia? “Aumentando l'organico”, ha risposto Firrao: “dato che l'obbligatorietà dell'azione penale è in Costituzione, bisogna aumentare anche gli amministrativi per metterci in condizione di portare a termine i processi. E' quello che manca: non è che si vuole scegliere di che occuparsi, è che le giornate sono di ventiquattr'ore anche per noi”.
Il problema, va detto, è che le giornate sono di ventiquattr'ore anche per le decine di migliaia di detenuti in attesa di giudizio che sovraffollano le carceri italiane, una conseguenza diretta del tipo di codice penale con cui ci si ritrova a fare i conti in Italia. “E' un codice”, secondo Bagnai, “che ha subito moltissimi interventi anche della Corte Costituzionale, oltre che del legislatore, tutti slegati l'uno dall'altro: è pieno di articoli bis, ter, quater e di sentenze di cui bisogna tenere poi conto. E' come un soggetto che ha avuto infiniti trapianti multiorgano, e soffre di un problema di fondo: è per metà accusatorio e per metà inquisitorio, il che lo rende a tratti ingestibile, come ad esempio nella fase di motivazione della sentenza. Il Giudice è costretto a scrivere pagine e pagine, il che richiede tempo”.
Anche nell'isola felice del nostro territorio, tradizionalmente scarsa di reati, i problemi per la giustizia quindi non mancano, siano essi la mancanza di spazi per faldoni e fascicoli od un codice di procedura barocco e rattoppato – problemi, questo è evidente, per i quali nessuna decretazione d'urgenza può bastare.
© RIPRODUZIONE RISERVATA