"Lui era schiavo solo delle sue parole"
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di Max Brod
SIENA. Silvano l’ho conosciuto in occasione del mio primo intervento pubblico sui temi dell’impegno civico a Siena, nel 2011. Si parlava del concetto di destra e di sinistra, visto dal punto di vista dei giovani. Avevo appena finito di parlare, emozionato e grato per la possibilità di dire la mia nella magnifica Sala delle Lupe del Palazzo Pubblico. Si avvicinò da dietro un signore con un impermeabile beige, sembrava un po’ frastornato, in overdose di emozioni: uno status passionale che Silvano si portava dietro in ogni conferenza. Mi disse che ora toccava a noi giovani, che eravamo noi il futuro, di farci forza.
Lo ringraziai, poi lo ascoltai dire le stesse cose, però in pubblico.
Era così il Porciatti: quello che ti diceva in un orecchio, lo poteva gridare ai quattro venti. Una coerenza, la sua, obbediente al proverbio “l’uomo è schiavo di ciò che dice e padrone di ciò che tace”.
La sua sincerità, la sua visione politica senza mezze misure, lo portava infatti a quell’impegno civico per cui era noto a molti. L’ultima volta che l’ho visto, era all’assemblea dei piccoli azionisti Mps, dove non fece mancare qualche motivo di diverbio, probabilmente proprio a causa della sua cristallinità, del suo legame diretto: dentro-fuori.
In questo tempo dove la credibilità della politica si diluisce nel più vago “politichese” e, soprattutto a Siena, il timore di sotterfugi e occulti giochi di potere ancora non è debellato, la sua schiettezza è un’eredità che ci deve almeno far riflettere.
Silvano ci lascia con una poesia, che al tumore dichiara: “Guerra! Guerra! Guerra!”.
Lui, che era schiavo solo delle sue parole.