Sequestrati 5 siti di stoccaggio e 5mila tonnellate di rifiuti
FIRENZE. Questa mattina (17 Febbraio), alle prime luci dell’alba, è scattata l’operazione “500”. Circa ottanta uomini del Corpo Forestale dello Stato e dell’Arpat, con la collaborazione del personale dell’Agenzia delle Entrate e sotto il coordinamento della Procura della Repubblica di Firenze, sono riusciti a scoprire e stroncare il traffico illecito di rifiuti rilevato in alcune zone della Toscana e del Piemonte. Il nome dell’operazione deriva dal nome del rifiuto trafficato, definito “polverino 500 mesh”. Si è scoperto, infatti, che un particolare residuo di lavorazione, invece di essere correttamente smaltito, veniva venduto come un sottoprodotto, accompagnato da una scheda tecnica contenente informazioni non rispondenti alla vera natura e composizione del rifiuto. Nell’ambito dell’operazione “500” sono stati posti sotto sequestro cinque siti di stoccaggio a Massa Carrara, Firenze (Mugello), Prato e Biella, nonché 5000 tonnellate di rifiuti. Le perquisizioni, effettuate in varie località, sono state complessivamente venti ed hanno portato al deferimento presso l’Autorità Giudiziaria di undici soggetti, tra titolari di aziende e professionisti nel campo della consulenza ambientale. Le indagini avviate dal Corpo Forestale di Firenze e dall’ARPAT erano partite in seguito al ritrovamento di circa 1300 tonnellate di questo particolare rifiuto, contenute in grossi sacconi stoccati all’interno di una cava dismessa nell’area del Mugello. Dopo una prima segnalazione alla Procura della Repubblica di Firenze, le indagini si sono allargate ad altre province e, sotto il coordinamento della stessa Procura, è stata acquisita tutta la documentazione relativa presso il sito di produzione del rifiuto. Le indagini sono poi proseguite fino al sequestro di un impianto di trattamento rifiuti in provincia di Massa Carrara. L’impianto recuperava sabbie provenienti da attività di taglio metalli, vetro e pietre, nonché sabbiatura di metalli verniciati. Il rifiuto era costituito da sabbie finissime, con concentrazioni molto elevate di alcuni metalli pesanti come piombo, rame, nichel, cromo ed altri, derivanti dallo scarto del trattamento degli altri rifiuti. Nell’attività illecita erano coinvolti, oltre ad aziende operanti nel settore dei rifiuti, anche imprese edili e di trasporto, nonché professionisti che si sono prestati a favorire, attraverso false informazioni, quello che è emerso nel corso delle indagini come un vero e proprio traffico organizzato di rifiuti. Questo complesso meccanismo consentiva all’azienda produttrice sia di risparmiare, evitando i costi elevati di smaltimento, sia di guadagnare vendendo il rifiuto a varie ditte della Toscana e del Piemonte. Secondo le prime stime effettuate, il guadagno illecito derivante da queste operazioni ammonterebbe a circa un milione e duecentomila euro. Cifra che potrebbe salire al termine delle verifiche in corso sulla documentazione sequestrata. Un risultato importante soprattutto perché si è impedito di disperdere nell’ambiente dei rifiuti pericolosi come quelli contenenti metalli pesanti.