SIENA. Con la stessa preoccupazione con la quale Laura Vigni ed Eugenio Neri avevano presentato un’analoga interrogazione in una seduta consiliare dell’agosto 2013, Marco Falorni (Impegno per Siena), Massimo Bianchini (Nero su Bianco) e Andrea Corsi (Moderati di Centrodestra) sono tornati sul tema della salvaguardia delle opere d’arte di proprietà di Banca MPS.
“Dal momento che da notizie di stampa – ha detto Falorni – si apprende della possibilità che nel capitale azionario entrino nuovi soci, anche stranieri, e che la direzione generale dell’istituto possa essere trasferita da Siena”, il consigliere ha richiamato il rischio della “perdita per la città di tante opere d’arte al momento conservate presso la direzione generale e, comunque, nel territorio comunale. Uno scenario che richiama quanto avvenuto – ha proseguito il consigliere – a una banca di Prato acquisita dalla Banca Popolare di Vicenza e che ci spinge a chiedere all’amministrazione cosa intenda fare perché le opere appartenenti a Rocca Salimbeni restino, in ogni caso, a Siena”.
Sulla stessa lunghezza d’onda l’assessore alla Cultura, Massimo Vedovelli, che ha dichiarato di essere “totalmente d’accordo con la posizione del consigliere Falorni sui rischi che deriverebbero per la città dalla perdita delle tante e preziose opere d’arte di Banca MPS, indipendentemente dallo status giuridico della loro proprietà. Va comunque ricordato che tutte le opere d’arte di più di 50 anni – ha aggiunto l’assessore – in possesso di Banca MPS sono state notificate alla competente Soprintendenza. L’amministrazione su tale tematica – ha concluso Vedovelli – ha una posizione chiarissima: ovvero che il patrimonio artistico senese presente nella Banca, storicamente della città, debba rimanere qui, nel suo territorio. Per raggiungere tale obiettivo, metteremo in atto tutte le misure necessarie, anche in sinergia con la Regione Toscana e la Soprintendenza. Possiamo comunque affermare che, al momento, non risultano esserci problemi in questo senso”.
Il consigliere Falorni si è dichiarato parzialmente soddisfatto per la risposta, ritenuta concorde al quesito: “Restano comunque timori e perplessità che quanto accaduto a Prato possa verificarsi anche a Siena. Rivolgo pertanto l’appello affinché, di concerto con la Soprintendenza e il Ministero per i Beni e le Attività culturali e del Turismo, l’amministrazione possa muoversi in tempo nei confronti dei vertici di Banca MPS per ottenere garanzie scritte sulla permanenza di tale patrimonio artistico nella città di Siena”.
Il trasferimento di circa sessanta opere d’arte del Seicento senese dai locali della Pinacoteca Nazionale, in via di San Pietro, a Palazzo Chigi Piccolomini, in via del Capitano, è tornato di attualità con l’interrogazione presentata da Marco Falorni (Impegno per Siena), Massimo Bianchini (Nero su Bianco) e Andrea Corsi (Moderati di Centrodestra). Falorni ha posto una serie di domande: in particolare “come si possa giustificare che un patrimonio d’arte così prezioso venga collocato in locali che ospitano uffici amministrativi preclusi alla fruizione pubblica e se – ha specificato il consigliere rivolgendosi al sindaco – abbia mai avuto modo di parlarne con il soprintendente o il ministro per i Beni e le Attività culturali”. Il consigliere ha chiesto anche “se esiste un inventario delle opere ed eventualmente se il Comune ne è in possesso; e se le stesse godono di un adeguato sistema di sicurezza e di tutela in termini di impianti antincendio, antifurto, di climatizzazione e di illuminazione”; infine, “se il citato trasferimento – ha concluso Falorni – sia coerente con il titolo di Capitale italiana della Cultura, assegnato a Siena per l’anno 2015”.
Come ha specificato l’assessore Vedovelli nella risposta all’interrogazione, l’operazione di ricollocazione di opere della collezione Giovanni Pratesi, sulla quale sono stati debitamente informati gli uffici ispettivi ministeriali, rientra pienamente nella potestà della Soprintendenza, sancita dalle leggi e distinta da quella che il Comune esercita sui beni di propria competenza.
“Dai colloqui avuti con il soprintendente Mario Scalini – ha specificato l’assessore – è emersa la seguente vicenda: lo Stato acquistò il Palazzo Chigi Piccolomini alla Postierla per destinarlo a spazio museale, non per una sede amministrativa. La scelta della Soprintendenza di spostare opere in tale sede è quindi legata idealmente all’attuazione del progetto originario di musealizzazione del palazzo, portato avanti anche in relazione al riordino degli assetti amministrativi dell’apparato generale delle Soprintendenze. In tale prospettiva, l’intento è di aprire al pubblico il Palazzo Chigi Piccolomini alla Postierla, creando uno spazio museale caratterizzato dalla coerenza dell’esposizione delle opere, almeno in termini di cronologia artistica. Non si hanno dubbi sulle competenze tecniche e sulla cura posta nell’operazione – ha continuato l’assessore – che sembra dar nuova luce a opere che, nella precedente sede, apparivano fuori contesto e che, invece, ora appaiono valorizzate proprio in ragione della coerenza della loro collocazione entro quegli specifici spazi, connotati in modo molto preciso dal punto di vista artistico. Contemporaneamente, è stata riorganizzata e valorizzata la sezione seicentesca della Pinacoteca in via San Pietro, che ha ora una preziosità assoluta”.
Vedovelli ha ricordato anche come, nel periodo natalizio, le opere siano state rese visibili al pubblico con una serie di visite guidate altamente qualificate. “Pur non rientrando negli obblighi della Soprintendenza la trasmissione dell’inventario delle opere al Comune – ha concluso l’assessore – la vicenda sottolinea la necessità dello stretto dialogo fra tutti i soggetti che gestiscono la “grande acropoli senese”, dove insistono il Santa Maria della Scala, il Duomo, la Cripta e il Battistero, il Museo dell’Opera, il Palazzo Chigi Piccolomini alla Postierla, la Pinacoteca. Un dialogo che, nell’attuale fase di riordino del Ministero, è costantemente perseguito dall’amministrazione, nel rispetto delle competenze e delle prerogative dei diversi soggetti istituzionali”.
Il consigliere Falorni, pur riconoscendo la puntualità della risposta, si è dichiarato insoddisfatto: “I quesiti posti restano tali – ha specificato Falorni – perché si parla comunque di locali non destinati alla fruizione museale e di una generica promessa di fruizione pubblica. Inoltre, mi sono state manifestate perplessità rispetto alle nuove collocazioni: siamo sicuri che siano state rispettate tutte le normative di sicurezza per la tutela delle opere in oggetto?”. Dopo aver espresso dubbi anche per la mancata conoscenza dell’inventario delle opere e dei loro autori, Falorni ha concluso sollecitando un più efficace rapporto informativo con la Soprintendenza: “Siena è Capitale italiana della Cultura: troviamo pertanto le forme di dialogo con il ministero competente per colmare queste lacune e non trovarsi più di fronte a fatti compiuti. Una cosa è certa: disturberemo ancora per dare soddisfazione a questa legittima richiesta dei cittadini senesi”.