Raffaele Maio (Sel) ripropone considerazioni già fatte sulla banca
SIENA. Da Raffaele Maio (Sel) riceviamo e pubblichiamo.
“Osservando quanto accade oggi intorno alle vicende del MPS, ho rivissuto i diversi momenti della sua storia degli ultimi dieci anni attraverso i vari contributi che, insieme ad altri, abbiamo dato in questo periodo e pubblicati sulla stampa locale (tra cui ricordo volentieri Rolando Rosa, ad ormai quasi un anno dalla sua scomparsa). Questo ultimo contributo non è altro che un mix di quanto già detto, ma estremamente attuale con proposte che ritengo valide ancora adesso.
Il titolo MPS in questo periodo ha raggiunto livelli davvero minimi e nuove risorse sono necessarie per evitare scenari fallimentari. Siamo ad un livello pessimo di valutazione dei mercati, ma nessuno lo dice, anzi, oggi più che mai si ha la sensazione che di queste vicende, della banca senese, a Siena non se ne deve parlare, perché è altrove che se ne parla e, soprattutto, è altrove che si decide. Ed è una brutta sensazione!
Brutta perché anche se se ne parla, come in questi ultimi giorni, se ne parla solo in maniera strumentale finalizzata alla campagna elettorale.
Brutta perché siamo ormai abituati a che gli amministratori della banca non rispondano a nessuno, che non danno risposte né economiche né informative, che non sono trasparenti. Essi si sono sempre comportati come se il loro ruolo non fosse quello di gestire tecnicamente una banca, ma quello di preparare la sua dismissione. Col senno di poi possiamo anche dire che hanno agito, vigliaccamente, contro chi li aveva nominati. Come non ricordare le scelte tecniche che ..”dovevano rendere contendibile la banca” e che invece hanno avuto altro scopo:
- La rimozione del vincolo del 4%,( una delle ultime scelte della Fondazione guidata Da Mancini) per assecondare il decisionismo della banca, per rendere la banca più contendibile, appunto, fu detto. Già allora la politica cittadina, a parte qualche voce isolata, fu concorde con questa scelta;
- La rimozione della presenza ingombrante dell’azionista di riferimento, la Fondazione, con tecniche davvero forbite ( ben due aumenti di capitale preceduti da una riduzione del numero delle azioni: in questo modo chi non partecipa all’aumento di capitale vede fortemente diluita la propria partecipazione come è successo alla Fondazione che non poteva partecipare agli aumenti per mancanza di liquidità e per non rischiare un altro salasso di capitale)
- Il depauperamento, senza nessuna programmazione, del patrimonio della banca, procedendo a una svalutazione selvaggia di attività effettuata con velocità inusitata, a partire dal bilancio 2011 è stato svalutato l’avviamento per € 5.785 milioni (2011 e 2012); sono stati rimossi o svalutati i vecchi marchi (BT, BAM, BAV, Banca di Spoleto), è stata ceduta Biverbanca, sono stati ceduti assets importanti della banca (immobili strumentali e non);
- La rimozione per de-consolidare, di importanti attività del vecchio MPS, sono state cedute le attività di leasing e di factoring, sono state scorporate e cedute le attività dell’ex consorzio MPS, si è proceduto ad una cartolarizzazione di importanti crediti della banca, ecc.
In questa vicenda sono talmente tante le zone “ buie “, cosi poca la trasparenza che ogni sospetto potrebbe rappresentare un fatto reale: è stato scritto di tutto e di più su questa storia; a mettere insieme le tante letture, ne verrebbe fuori un romanzo politico – affaristico del tipo “razza padrona”. Insomma da farci chiedere se e come tutti gli attori in campo siano stati effettivamente all’altezza del loro ruolo o se, come sembra siano stati a dir poco ambigui e compiacenti (come del resto le diverse inchieste in corso sono lì a dimostrare).
Anche i non addetti ai lavori, possono capire che questo è il contesto perfetto affinché chi ha intenzioni speculative le può realizzare senza trovare nessun impedimento. Questo è il punto in cui siamo ora ed è il punto su cui concentrare tutta la nostra attenzione se veramente vogliamo salvare il salvabile!
Non si deve permettere che la vicenda Monte Paschi da vicenda di mala gestione e di malaffare, su cui la giustizia dovrà fare piena luce, diventi un campo di battaglia dove si scontrano speculatori di tutti i tipi, a scapito della sua operatività e delle sue possibilità.
C’è un solo soggetto che può raggiungere l’obiettivo di sottrarre la Banca dalla ormai chiara strategia speculativa che oggi punta solo a potenziare le mire espansioniste di Unicrediti e del tandem che lo guida (il Presidente Padoan ed il Ceo Orcel) utilizzando MPS solo per rafforzare la propria presenza (nella continua sfida con Intesa San Paolo) sul territorio, quindi prendendo solo il buono di MPS e lasciando il resto agli altri, questo soggetto è chi già oggi è ” l’azionista” di riferimento di MPS, cioè lo Stato con il suo 64% delle azioni. Si tratta quindi chiedere allo Stato di recitare un ruolo di arbitro imparziale, per evitare falli di qualsiasi tipo, che abbia il ruolo di gestire al meglio il capitale che ha già immesso in MPS e di quello che sarà necessario investire.
Gestire al meglio, vuol dire rivedere questa strategia che premia solo uno degli attori (UNICREDIT) e penalizza fortemente l’altro (MPS) per cui tutte le risorse fin qui assorbite da MPS alla fine andranno in dote ad arricchire Unicredit spossessando MPS e lo Stato.
Le condizioni che ha richiesto Unicredit per chiudere un affare che, per sua ammissione, “è il solo che gli permette di stare sul mercato da protagonista in concorrenza con Intesa”, sono condizioni capestro, inaccettabili da qualunque soggetto mediamente consapevole. Infatti, oltre che la parte sana della banca (milioni di clienti, decine di miliardi di depositi e di impieghi) viene richiesto l’aumento del capitale sociale a carico del Tesoro, lo sgravio da ogni responsabilità e da ogni rischio, la trasformazione in crediti di imposta delle imposte differite di MPS, l’accollo da parte dello Stato del problema degli esuberi. Tutto il resto non è dato sapere e, del resto, ad Unicredit poco importa.
Gestire al meglio vuol dire anche che lo Sato riveda il proprio ruolo che non può essere solo quello di disfarsi di una partecipazione dove si sono già impegnati diversi miliardi e per farlo se ne spendono altri di miliardi. Lo Stato deve chiarire meglio il suo ruolo in questa vicenda che, sempre di più, sembra alquanto strana. Era già noto che prima o poi Esso avrebbe dovuto disfarsi di questa sua presenza in MPS, però, nei 4 anni precedenti non c’è stata nessuna iniziativa degna di questo nome da parte sua per gestire al meglio questa situazione, ci sono solo state (per quel che si sa) iniziative di due o tre soggetti bancari che, con accelerazioni e con rapidi ripensamenti hanno buttato là qualche proposta, sembra quasi che abbia voluto crearsi il famoso alibi “ ormai è troppo tardi, non si può fare altro. Come può uno Stato comportarsi così, quali sono i vantaggi per tutti quelli che sono impegnati in questa vicenda (lavoratori prima di tutto).
E’ vero, anche gli stress test hanno messo in luce una banca in difficoltà, ma ancora in grado di rimettersi in carreggiata, è una banca che va aiutata (come hanno già fatto tanti altri stati con le proprie banche ) non abbattuta.
Allora gestire al meglio vuol dire che lo Stato resta in MPS per aiutarla a superare questa crisi (ed ora manca davvero poco), dopodiché dovrebbe favorire la nascita di un azionariato diffuso, frazionato, con la presenza di diversi soci di riferimento, anche per scongiurare nuove scorribande di “padroni solitari”, insomma UNA VERA PUBLIC COMPANY.
Ben vengano Unicredito, Mediobanca, Bpm, e quanti altri vogliano cimentarsi, ma tutti con una quota non superiore al 3/4/5% e, soprattutto, che non lo facciano a spese dello Stato.
Non si deve permettere che amministratori che hanno peggiorato la già critica situazione di fine 2011, continuino ad amministrare senza trasparenza, senza un progetto e soprattutto senza dire la verità ai lavoratori, alla città, alla comunità economica e ai piccoli azionisti (ammesso che gli altri azionisti abbiano più informazioni). In dieci anni abbiamo assistito ad uno stillicidio di notizie negative, una dopo l’altra, basta ricordare prima il mandate agreement, poi i derivati di copertura, poi i crediti deteriorati , i piani che hanno funzionato solo sul lato costo del lavoro e così via. Oggi quasi sicuramente si può affermare che c’è stata una regia dietro queste notizie che a goccia a goccia venivano svelate: lo scopo è stato quello inizialmente dichiarato di rendere contendibile (cioè facilmente acquistabile) la Banca. Chi la comprerà in seguito a tutte queste vicende, prenderà gratis un azienda completamente risanata a spese dello Stato! Quel che sgomenta è che a realizzare questa operazione sono gli stessi attori da ormai 10 anni, solo con ruoli invertiti!
E’ necessario chiedere di nuovo, come diversi anni fa, al Consiglio Comunale di Siena, al Consiglio Regionale della Toscana, al Parlamento Italiano e a tutte le forze politiche e sociali interessate (in particolare ai dipendenti e ai propri sindacati) che facciano tutto quanto è nelle loro prerogative per sottrarre il Monte dei Paschi di Siena alla speculazione selvaggia che l’ha portata a questo livello di insostenibilità.
In questa vicenda il Tesoro dovrebbe essere uno dei maggiori protagonisti nel futuro, ma non in maniera passiva (aspettiamo la contendibilità della banca e poi venderemo), ma in maniera attiva promuovendo un vero progetto industriale, facendosi carico temporaneamente dell’aumento di capitale di 2,5 miliardi e, dopo qualche anno di gestione oculata potrebbe rimettere sul mercato le proprie azioni.
Questo è il solo modo per salvaguardare lo svilito patrimonio del MPS, mantenere la sua autonomia in questa fase difficile e di dare un segnale chiaro e preciso ai nuovi soci affinché siano davvero interessati all’attività operativa della banca e non solo alla ricerca di una occasione speculativa.
Per realizzare l’obiettivo di salvaguardare l’integrità operativa e la presenza economica nel territorio sarà necessario una sequenza di azioni che così si possono riassumere:
- Immediata ricapitalizzazione con un aumento di capitale di 2,5 miliardi di euro;
- Nomina di una nuova governance che abbia il compito di realizzare un progetto di rilancio operativo della banca e non di dismetterla cercando un compratore;
- Reintroduzione nello statuto della regola che ogni singolo azionista non può detenere più del 3/4/5 % del capitale sociale (tra i primi azionisti ci potrebbero essere società già azioniste come Axa, Assicurazioni Generali e nuove società come Poste, Unicredit, Mediobanca, BPM, MCC, ecc.. Tra gli azionisti ci potrebbero essere anche la Fondazione (per ristorare i mancati risarcimenti), la Regione Toscana (con un investimento destinato), i dipendenti e quanti hanno pendenze in essere con MPS, ecc.;
- Gli amministratori sono nominati dai molteplici azionisti che possono raggrupparsi in diversi sindacati azionari che, a loro volta, potranno effettuare patti contrattuali (i raggruppamenti dovrebbero favorire la partecipazione di più azionisti possibile alla gestione e impedire che con piccole quote si decide la gestione);
- Il piano dovrebbe prevedere la cessione (o lo scambio) delle agenzie in esubero ma la permanenza della banca in un territorio più vasto possibile, la capillarità della propria organizzazione è un vantaggio competitivo a cui non si può rinunciare;
- La banca per statuto dovrebbe essere una banca retail e digitale, per famiglie (con i classici servizi di tesoreria e di in investimenti mobiliari e immobiliari implementando, in questa fase di bassi tassi di interesse, i servizi), imprese ed enti pubblici (tesoreria, servizi e mutui per investimenti pubblici);
- Il piano dovrebbe prevedere che lo Stato, a partire da una certa (terza?) annualità del progetto, con programmazione annuale metta in vendita percentuali (10%) di azioni della banca, trattenendone una piccola quota (3/4/%) che gli consenta di avere voce sia nell’organo di gestione che nell’organo di controllo”.