SIENA. Da Sena Civitas riceviamo e pubblichiamo.
“Sena Civitas difficilmente interviene generalmente su argomenti che hanno carattere nazionale ma le dichiarazioni del professor Montanari, prossimo Rettore dell’Università per Stranieri di Siena, sulle foibe non possono lasciarci indifferenti, perché coinvolgono un’istituzione prestigiosa della nostra città. Che un professore, prossimo rettore di un’Università conosciuta a livello internazionale, si esprima per affermare che una verità storica riconosciuta da anni dallo Stato Italiano viene usata strumentalmente non depone a favore della sua professione e del suo ruolo di educatore. Un conto sono le opinioni altro sono i fatti e cosa ci sia di strumentale nel ricordarli lo sa solo il professor Montanari, che con tali affermazioni non solo ne sminuisce il valore ma dimostra un uso, questo sì, strumentale e ideologico della storia. Questa è la cultura che si insegna?
Ma quello che più ci lascia interdetti è il silenzio delle istituzioni cittadine (politiche, partitiche e culturali) – con poche eccezioni – che anche in questa occasione hanno brillato per il loro silenzio (se non ci fossero state prese di posizione a livello nazionale nessuno avrebbe sollevato la questione dell’opportunità di far assumere un ruolo rilevante, come quello di rettore dell’Uni.Stra.Si., a chi usa strumentalmente verità storiche).
Ci chiediamo, infine, se coloro che lo hanno eletto non abbiano nulla da dire al loro nuovo rettore. L’art. 3) del Codice Etico dell’Uni.Stra.Si. (Norme e reputazione) tra l’altro riporta che “Tutta la Comunità universitaria rispetta e garantisce il buon nome dell’Ateneo… A ogni singolo componente non è permesso: fare un uso illecito e, comunque, improprio del nome dell’Università, … sfruttare la reputazione dell’Ateneo per interessi personali…”. Nessuno dei componenti di tale Istituzione Universitaria ha nulla da dire a proposito del “buon nome” o della “reputazione dell’Ateneo” dopo che quanto detto dal professor Montanari ha avuta risonanza non solo in Italia? C’è il detto che “chi tace acconsente” per cui dobbiamo dedurre che, qui a Siena, tutti coloro che hanno un ruolo politico, istituzionale e culturale, se “tacciono”, “acconsentono”.
Secondo noi l’indifferenza o l’appiattimento “ideale e culturale” a cui stiamo assistendo sono la dimostrazione che Siena, dopo il disastro della Banca e delle maggiori società sportive senesi, anche a livello delle istituzioni culturali, non se la passa tanto bene: piano, piano, silenzio dopo silenzio, indifferenza dopo indifferenza, fallimento dopo fallimento… intanto Siena “muore”.”.