L'Unione Nazionale Consumatori ha stilato la classifica sui dati rilevati dall'Istat
ROMA. L’Istat ha reso noti oggi i dati dell’inflazione di aprile, sulla base dei quali l’Unione Nazionale Consumatori ha stilato la classifica
delle città e delle regioni che hanno registrato i maggiori rincari annui per quanto riguarda i soli prodotti alimentari. Il dato dell’inflazione generale di oggi, infatti, è falsato dall’effetto Coronavirus. In Italia si registra una variazione nulla dei prezzi, e anche nel territorio è sempre prossima allo zero. Sei regioni sono addirittura in deflazione, così come 10 delle 29 città sopra i 150 mila abitanti monitorate in aprile dall’Istat. Solo che si tratta della solita media del pollo di Trilussa. Mentre il calo della voce Trasporti (-2,5% in media nazionale) non produce alcuna riduzione di spesa reale per le famiglie costrette a stare a casa dal lockdown, il rialzo dei prodotti alimentari (+2,8% in media nazionale) produce una maggior spesa di 155 euro per una famiglia media, 213 per una coppia con 2 figli, 187 per una coppia con 1 figlio.Ecco perché l’Unione Nazionale Consumatori non ha stilato oggi l’ormai tradizionale classifica delle città e delle regioni più care d’Italia, in termini di aumento del costo della vita complessivo, ma, eccezionalmente, quella dei maggiori rincari registrati per gli acquisti alimentari (prodotti alimentari e bevande analcoliche), l’unica voce che durante l’emergenza Coronavirus non ha subito riduzioni delle vendite, come dimostrano i dati Istat sul commercio al dettaglio. Inoltre è proprio su questa divisione che si sono registrate le maggiori speculazioni sui prezzi, tanto che l’Antitrust ha avviato un’indagine preistruttoria sull’andamento dei prezzi di generi alimentari di prima necessità, oltre che su detergenti, disinfettanti e guanti, basandosi proprio sui dati Istat emersi a marzo.
Nella classifica, i nuovi dati tendenziali di aprile. La città con i maggiori rincari alimentari (tabella n. 1) è Caltanissetta, +5,7% su base annua, più del doppio rispetto alla media italiana, pari a +2,8%. Al secondo posto Trieste (+5,3%) e al terzo Palermo (+4,8%). Le più virtuose Siena, +0,6%, Macerata (+0,9%) e Arezzo e Pistoia (entrambe +1,4%). Per quanto riguarda le regioni (tabella n. 2), il cibo più caro, in termini di aumento dei prezzi, si trova in Friuli, +4,1%. Seguono Liguria e Umbria (+3,6% per ambedue), al terzo la Sicilia (+3,4%). La regione migliore, le Marche, con un rialzo dei prodotti alimentari del 2,1 per cento.