I due manager ex Mps chiederanno la revisione
MILANO. Sono state rese pubbliche le motivazioni della sentenza con cui i giudici del tribunale di Milano hanno condannato nell’ottobre scorso a 6 anni di reclusione e ad una multa di 2,5 milioni di euro Alessandro Profumo (ex presidente di Mps) e Fabrizio Viola (ex ad della banca). I due manager hanno annunciato con un comunicato congiunto che chiederanno la revisione. Per coincidenza, proprio ieri l’assemblea ordinaria di Mps ha bocciato la proposta di un’azione di responsabilità nei confronti degli ex vertici.
Le parole dei giudici sono particolarmente dure nel sottolineare che Viola e Profumo erano consapevoli come la contabilizzazione “a saldi aperti” dei derivati Santorini e Alexandria fosse sbagliata e per questo li hanno condannati per i reati di false comunicazioni sociali per la prima semestrale 2015 della banca e per il reato di aggiotaggio. “Non residuano dubbi, all’esito dell’istruttoria, circa la piena consapevolezza dell’erroneità della contabilizzazione a saldi aperti, desumibile dal granitico compendio probatorio raccolto, articolato in plurimi e convergenti elementi di significativa pregnanza”, si legge nella sentenza. Per “gravità degli addebiti (ostinatamente reiterati con le insidiose modalità descritte) e spiccata capacità a delinquere che gli stessi disvelano, si reputa congrua la pena finale di anni sei di reclusione e 2.500.000,00 euro di multa”.
Secondo i giudici, l’artificio fu utilizzato nella prima semestrale 2015 di Mps allo scopo di abbellire i conti, anche per “prestigio personale” degli imputati. “V’era – quale ulteriore fine (a caratura non immediatamente patrimoniale) – l’aspirazione dei nuovi apicali a vedere accresciuto (illegittimamente) il proprio personale prestigio, quali fautori della rinascita della Banca (che si dichiarava sanata con i tempestivi interventi correttivi)”. Per il Tribunale di Milano “è, altresì, predicabile l’intenzione d’ingannare i soci o il pubblico (richiesta dalla previgente disciplina, quanto al bilancio 2012 che tuttora vi soggiace), desumibile dall’insidiosità del falso (perpetrato scientemente) nonché dalle modalità stesse di divulgazione della contabilizzazione alternativa, integrando i prospetti pro forma il più sofisticato degli inganni (anziché un supplemento di trasparenza, come si è vanamente tentato di dimostrare)”
“Non entriamo nel merito delle motivazioni della sentenza, che sono oggetto di approfondimenti da parte dei nostri legali, in vista del ricorso in Corte d’Appello, nel quale chiederemo la revisione radicale della sentenza di primo grado“, scrivono in un commento congiunto i Profumo e Viola. “Nel 2012, su invito della Banca d’Italia, abbiamo assunto l’incarico di presidente (Profumo) e di amministratore delegato (Viola) di Mps. Il quadro macroeconomico era difficilissimo, per la crisi del rischio Italia, e la situazione della banca disperata. Quindi è stata una scelta fatta per spirito di servizio e non certo per convenienza personale. In particolare, Profumo ha rinunciato al compenso per il suo incarico di presidente”. In questo contesto “abbiamo garantito la sopravvivenza di Montepaschi“.
“Vorremmo soffermarci ora sulle famigerate Alexandria e Santorini, il cui danno prodotto alla banca abbiamo fatto venire alla luce noi, non altri. Come è noto, la condanna a 6 anni discende dalla nostra scelta di adottare, per le due operazioni, il criterio di contabilizzazione ‘a saldi aperti’. Ciò in continuità con le precedenti modalità di contabilizzazione e d’intesa con le autorità di vigilanza e controllo”, continua la nota.
“E’ appena il caso di ricordare – sottolineano – che una pena tanto severa mette di fatto sullo stesso piano noi, ovvero chi ha adottato un criterio contabile oggi in discussione ma non allora, e coloro che hanno distrutto quello che era il terzo gruppo bancario italiano, condannati a poco più di 7 anni”.