SIENA. “Basta! Tutta questa aria natalizia mi ha davvero stufato! Non c’è né pace né serenità, non c’è proprio niente da festeggiare”. Sbottò strappando le luci colorate che ciondolavano fuori dalla finestra. Samuele non aveva nessuna voglia di festeggiare il Natale: rientrando a casa dopo 20 giorni trascorsi in ospedale con il padre, alla vista degli addobbi trasalì. La camera del babbo piena di farmaci, apparecchiature, fili per respirare e per mangiare. Che stonavano troppo con i fili d’argento per gli addobbi degli abeti o con quelli delle luminarie.
“Quest’anno si fa come se non fosse Natale – tuonò – Non voglio vedere altre lucine, presepi, alberi, pandori, panettoni o babbi natale in giro per casa”. E pensare che una volta da bambino era lui che aveva costruito con suo padre le statuine di gesso, dagli stampi vecchi della nonna, e poi con pazienza le avevano dipinte insieme, preparandosi per mesi a quell’evento speciale che era l’allestimento del presepe con tanto di cascatelle d’acqua sgorgante, montagne di farina di polenta, muschio, legnetti, paglia e tanti personaggi. Ed era sempre lui che nonostante fosse alto poco più di un metro, ogni anno cercava di fare una buca in giardino per piantare l’abete dopo le feste, dopo aver preteso che fosse comprato tutti gli anni un albero vero con le radici.
Quegli abeti erano ormai diventati alti, ma nessuna luce o stella li avrebbe addobbati quell’anno. La famiglia lo assecondò: “Va bene Samuele, come vuoi, quest’anno niente Natale”. Nessuno aveva voglia di contraddirlo. E in fondo a nessuno importava veramente del Natale. Le lunghe notti ed i giorni sulle sedie scomode del reparto, le lunghe attese nei corridoi, il rumore delle macchine che suonano, l’odore del disinfettate, le luci al neon di quelle camere, avevano messo ancora una volta a dura prova tutti. Niente di più lontano dall’atmosfera natalizia di scartare i regali davanti al caminetto acceso. Natale non fa rima con male.
Trascorsero in fretta quei pochi giorni fino al 25 dicembre, tra una iniezione, una pratica burocratica da sbrigare negli uffici, una visita del medico, una telefonata allo specialista, una mail all’associazione, qualche notte in bianco, le medicazioni delle infermiere. Senza mai fermarsi. Finché quella mattina Samuele si alzò, andò in camera del babbo, controllò la febbre e la pressione, preparò i farmaci, sistemò il letto e come un giorno qualsiasi iniziò a fare le sue cose. Ad un tratto però dalla tv accesa nella stanza sentì le note di un canto di Natale, andò di corsa nella camera per cambiare canale ma vide sul viso del babbo, disteso nel letto, scendere una lacrima. Non un pianto, ma una lacrima accompagnata da un timido sorriso, sul volto di quell’uomo che ormai la malattia aveva segnato da anni, incapace di parlare e di esprimersi. Samuele si senti avvolgere da un calore indescrivibile e scoppiò in un pianto a dirotto. Lo abbracciò e disse: “Buon Natale anche a te babbo!”
Recuperiamo il vero senso del Natale! Tanti auguri di buone feste da Collicinci