SIENA. Da Pierluigi Piccini riceviamo e pubblichiamo.
“Se la maggioranza insiste allora bisogna per forza essere più chiari, non tanto per loro quanto per chi ci legge e in qualche caso ci ascolta. Abbiamo cercato di spiegare che la strada giudiziale era lunga, pericolosa, dagli esiti che avrebbero potuto creare dei danni alla Banca e alla Fondazione. Sì, perché la controparte è il Monte dei Paschi la cui sorte è stata intrecciata con quella della Fondazione a filo doppio, per lungo tempo. E poi la tesi “salviamo la Fondazione a scapito della Banca”, non ci convince. Per questo abbiamo proposto una strada diversa: la via transattiva con l’istituto bancario collocato a Siena e con il Ministero dell’economia e finanze. Strada che mettesse insieme la tutela della Fondazione e una proposta da sottoporre al tavolo nazionale. In questo senso abbiamo proposto come Per Siena, sul modello di alcune esperienze europee in essere, la Banca pubblica di investimento forti di un lavoro predisposto dal Ministero, che affronta questa problematica. Non pensiamo, ovviamente che sia l’unica possibilità, ma l’abbiamo messa lì come ipotesi di lavoro. Così come abbiamo suggerito dell’opportunità di affiancare le istituzioni locali con dei consulenti di primo livello. Un apporto utile anche per verificare la proposta della via giudiziale tanto cara alla maggioranza comunale, perché ci sono tecnici e tecnici. Fra l’altro il sindaco non ha nessun ruolo attivo nei confronti della Fondazione, che dovrà valutare nel merito e in piena autonomia l’opportunità di fare causa alla Banca, cosa che fino ad ora non è avvenuta. Il Consiglio comunale avrebbe dovuto valutare le varie ipotesi, ma probabilmente le continue assenze del primo cittadino non hanno permesso un confronto consapevole. Per senso di responsabilità, Per Siena si è astenuta sull’ordine del giorno presentato da Forza Italia a nome dell’intera coalizione della maggioranza, a differenza di quest’ultima che ha votato contro gli ordini del giorno presentati dalla minoranza (Per Siena, Pd e In Campo). Visto però che si insiste e che veniamo attaccati come se il nostro comportamento sia stato sciagurato, allora non ci resta che esplicitare i punti critici di una eventuale causa contro il Monte: sarà chi legge che giudicherà i rispettivi comportamenti e trarrà il giudizio che crede. Iniziativa che avremmo voluto che si fosse gestita in modo diverso, ma anche il senso di responsabilità e della misura hanno un limite quando si persegue sistematicamente la divisione e l’arroganza dei numeri come metodo di governo. Le criticità qui di seguito riportate noi le sottoponiamo alla Fondazione per una valutazione di merito.
Criticità relative a un ricordo legale risarcitorio della Fondazione Mps nei confronti di Banca Mps
Il primo punto di criticità relativo al potenziale ricorso legale della Fondazione Mps è dato dalla sua responsabilità nella vicenda dei titoli convertibili Fresh, emessi per 1 miliardo di euro, e utilizzati da Banca Mps nel 2008 per l’acquisizione della Banca Antonveneta. Questo titolo ibrido aveva alla sua base un contratto di usufrutto, inizialmente stipulato, che fu formalmente modificato a fine 2008, perché Banca d’Italia aveva rilevato che, sulla base delle condizioni contrattuali, il miliardo di capitale sottoscritto da Jpm non poteva essere computato nel core capital. Nel 2013 la Fondazione è stata, quindi, sanzionata dalla Consob per non aver dato le informazioni corrette al pubblico sull’entità della sua partecipazione in Banca Mps (contestazione di ottobre 2012) e Mps è stata sanzionata per aver fornito informazioni false alla Consob che aveva chiesto notizie sui sottoscrittori dei Fresh e sul ruolo della Fondazione (contestazione di ottobre 2012), come riportato nella documentazione depositata da parte del direttore generale della Consob Angelo Apponi presso la Commissione parlamentare di inchiesta sul sistema bancario il 21 novembre del 2017.
Il secondo punto critico è rappresentato dal fatto che la Fondazione Mps nella primavera del 2008, al fine di partecipare all’aumento di capitale di 5 miliardi di euro funzionale all’acquisizione da parte della Banca Mps dell’Antoveneta, liquidò circa 3 miliardi di euro in titoli conferiti in parte in gestione esterna e in parte gestiti internamente, che diversificavano il patrimonio della Fondazione Mps sia a livello geografico globalmente che a livello settoriale (obbligazioni del tesoro internazionali, obbligazioni corporate, azioni internazionali, commodities, immobiliare) per non diluirsi e rimanere ad una quota di partecipazione in Banca Mps al 58% con un esborso di Euro 2,9 miliardi. Così facendo il patrimonio della Fondazione Mps si concentrò per oltre il 90% nel titolo Banca Mps contravvenendo al Dlgs n. 153 del 1999 che all’articolo 5 dedicato al “Patrimonio” recita al comma 1: “Il patrimonio della fondazione è totalmente vincolato al perseguimento degli scopi statutari. Le fondazioni, nell’amministrare il patrimonio, osservano criteri prudenziali di rischio, in modo da conservarne il valore ed ottenerne una redditività adeguata”. Questo articolo è stato evidentemente disatteso dato che criteri prudenziali di rischio non collimano con una concentrazione di patrimonio del 90%, soprattutto dopo che il patrimonio era stato precedentemente e ampiamente diversificato per anni. Anche l’articolo 7 intitolato “Diversificazione del Patrimonio” che recita a comma 1: “Le fondazioni diversificano il rischio di investimento del patrimonio e lo impiegano in modo da ottenerne un’adeguata redditività..,”.
Terzo. In base alla normativa che regola gli intermediari e i prodotti dell’industria del risparmio gestito le fondazioni bancarie sono classificate investitori qualificati. Si tratta del decreto del Ministero del Tesoro n. 228 del 24/5/1999, il quale, all’art. 1, comma 1, lettera h). La Fondazione Mps non si può spacciare in questa vicenda alla stregua di una vittima inconsapevole e inesperta, come se fosse un investitore retail, ma al contrario aveva l’obbligo di comportarsi in maniera professionale effettuando tutte le dovute analisi di due diligence su tutte le operazioni alla base delle sue scelte di investimento, a iniziare dalla valutazione esorbitante della Banca Antonveneta
Ultimo elemento: non c’è stata discontinuità di responsabilità tra parte del management dei tempi delle operazioni del 2008 oggetto di sanzioni e l’attuale situazione del vertice direzionale”.